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TESTO Commento su Marco 9,2-10

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II Domenica di Quaresima (Anno B) (12/03/2006)

Vangelo: Mc 9,2-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

1. Singolare che il Vangelo presenti questo episodio, sicuramente pieno di gloria, ma che avviene "in un luogo appartato" e inoltre avendo scelto il Signore soltanto tre dei suoi apostoli, si sottolinea infatti "loro soli". Molti Padri della Chiesa hanno evidenziato anche il fatto che i tre vengono portati sopra un monte, quasi ad elevarsi dalla terra, dal quotidiano, per penetrare nei misteri di Dio. Di fronte a questi occorre solo tacere. Ci sentiamo tutti come Pietro, che lì ci rappresenta, e che "non sapeva infatti che cosa dire". Solo quando tace, meravigliato dei prodigi del Signore, riesce a capire qualcosa, perché il Padre, pieno di attenzioni, verso chi lo vuole ascoltare con cuore sincero, parla.

2. Il Signore avvolge tutto e tutti con la Sua presenza e, quindi, si rivela: "Questi è il mio figlio prediletto; ascoltatelo!". Un invito chiaro e semplice che non si limita a una presentazione, ma sollecita a un cammino, a una sequela. Non si tratta di un semplice sentire, ma di aderire a Colui che è la Parola vivente. Quell'ascoltatelo ci richiama alla mente "il vostro dire sia sì quando è sì e no quando è no" come ci rammenta che si dovrà rendere conto anche delle parole superflue, figuriamoci delle azioni! Ma che gioia in quei momenti! Pietro, pur non sapendo che dire, è estasiato e lo confessa candidamente: "Maestro, è bello per noi stare qui". Voleva piantare le tende per non andarsene più.

3. Ascoltato l'essenziale, però, tutto ritorna come prima. Solo il senso del mistero, meraviglioso, resta. Gesù infatti impone loro il silenzio finché non "fosse risuscitato dai morti". L'invito a tacere è chiaro e perentorio "non raccontare a nessuno", ma il mistero rimane su quel "fino a quando non fosse risuscitato". E anche qui l'evangelista ammette che i tre "tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti". Domanda che ancora noi ci poniamo perché costituisce l'essenza della nostra fede, che ci dà la certezza della risurrezione anche se ne misconosce le modalità. Da qui deve derivare il nostro coraggio e il nostro ottimismo.

4. Non a caso San Paolo ci ricorda che "se Dio è per noi chi sarà contro di noi?" Il Dio che non ha risparmiato Suo Figlio per donarci quella salvezza che trova effettiva concretizzazione nella resurrezione e nella trasfigurazione. Tutto però deve incominciare da qui, da questo momento, come ci rammenta il salmo odierno: "Ho creduto anche quando dicevo: 'Sono troppo infelice'. Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli". La fede è una virtù e deve essere voluta e vissuta anche quando tutto sembra esserle contrario.

5. Questo insegnamento ci viene anche dall'Antico Testamento che oggi ci presenta la richiesta ad Abramo del sacrificio di suo figlio Isacco. Richiesta che è prova, perché il Signore respinge il sacrificio cruento dopo aver appurato che Abramo teme Dio e non gli avrebbe rifiutato il sacrificio del suo unico figlio, ma richiesta che è anche profezia perché prefigura quel futuro e definitivo sacrificio che metterà in condizione, a chi lo vorrà, di essere salvato.

Commento a cura del prof. Rocco Pezzimenti

* La fede, come l'amore, deve essere dinamica, creativa, viva, sempre attenta, pronta, vigile, sempre rivolta verso l'altro.

Quando dà segni di stanchezza, la fede come l'amore, allora porta a chiudersi in se stessi. Allora l'amore non è più amore ma egoismo e la Fede non è più fede, ma idolatria.

* Ecco quanto la parola di Dio ci offre in questa seconda domenica di quaresima attraverso due figure, o meglio due pilastri nella fede: Abramo e Gesù.

* Abramo, uomo pronto all'ascolto.

La parola che lo caratterizza è "ECCOMI". Parola che ritma da subito il suo cammino di fede.

Dice: "Eccomi", quando Dio gli chiede di partire per un luogo che non conosceva. Egli, fidandosi di colui che lo chiama, lascia la sua terra, rinuncia al suo passato, ai legami di parentela, per diventare familiare di Dio, per essere suo AMICO.

* Ormai vecchio e con una moglie sterile, pronuncia ancora il suo "Eccomi" a quanto la Parola di Dio afferma promettendogli una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia del mare.

Promessa divina che ha dell'incredibile, realizzazione impossibile alla mente e al cuore di ogni uomo.

* Ma il suo terzo "Eccomi", che la parola di questa domenica ci presenta, ci spezza il cuore.

* La richiesta di Dio sembra così cattiva, spietata, da colorare di tinte fosche il suo volto di amore.

Come può Dio, amante della vita, che non disprezza le sue creature neppure nel momento peggiore della loro rivolta, chiedere a un uomo una prova di fede così difficile?

Ma Abramo si mostra ancora una volta pronto, senza alcuna incertezza. Sale sul monte, fidandosi come sempre di Dio.

Sale sul monte con il figlio Isacco, la sua gioia, che deve sacrificare, e la legna per consumare il sacrificio.

* Il ritornello che segna il passo di questa salita verso il monte è "Dio provvede". Ecco la fede di Abramo.

* E Dio risponde. JHWH vede la sua fedeltà e il suo amore, provvede all'offerta. Un ariete impigliato con le corna in un cespuglio.

* La vera offerta è di Dio, il vero olocausto lo compie lui.

Questo episodio è preludio di ciò che avverrà nella pienezza dei tempi quando il Figlio di Dio, nato da donna, nato sotto la legge, assumerà il peccato dell'umanità inchiodandolo per sempre alla sua croce.

È nel Figlio che JHWH dà la più grande prova di amore nei confronti dell'umanità e non il contrario. Una prova che solo Dio può e sa dare.

* Dio, afferma San Paolo nella seconda lettura, è per noi, è a nostro favore, sta dalla nostra parte, dalla parte dell'umanità.

Gesù è il segno concreto, la manifestazione dell'amore di Dio per noi.
ASCOLTATELO!
Ascoltatelo! Questa è la richiesta del Padre.

Un ascolto che penetra il cuore e che trasforma le azioni. Un ascolto operoso e generoso sapendo che tutto, ogni bene, ci è stato donato con Gesù.

Vivere così, vuol dire scegliere di stare dalla parte di Dio, significa accogliere la sua amicizia sapendo che a volte questo cammino di amore e di fede chiede di accettare di perdere i doni di Dio, per ritrovare il Dio che dona. Questa è la trasfigurazione, questo il cammino di gloria che Gesù ci indica.

Commento a cura di Sr. Piera Cori

 

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