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TESTO Basta una coperta per profumare

don Angelo Casati   Sulla soglia

Domenica delle Palme (13/04/2025)

Vangelo: Gv 11,55-12,11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. 56Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». 57Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo.

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Mi fa il cuore sospeso leggere nel carme del Servo sofferente, quasi mescolate ad altre parole inquietanti, parole di respiro come queste: "Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce". Vedrà la luce. Mi fa il cuore sospeso anche perché a questo Servo sofferente non si dà nome; e dunque puoi annodare le parole "vedrà la luce" a un volto di donna o di uomo, al nome di un popolo o di un altro, nell'ora in cui attraversa la valle oscura del tormento. "Vedrà la luce": me lo ripeto come un mantra.

Vengo al racconto di Giovanni: un morto ha visto la luce, se pur temporaneamente - e già è a rischio di uccisione - ha nome Lazzaro. E siamo nella casa di Betania, casa che mi fa il cuore sospeso, oggi come anni fa. Come fosse oggi, parole minime:
Betania,
l'ombra
discreta
del pergolato
poco fuori
la casa.
E fiori
senza nome
e il calpestio
del silenzio.

Oggi abbiamo letto di quella casa in un giorno di sabato, in vigilia di una settimana ingualcibile. che avremmo poi chiamata santa. Betania, pochi chilometri da Gerusalemme, casa di amici. Un po' anche rifugio. Chissà se Gesù ci restò anche quella notte. Di certo ci ritornò nei giorni a seguire. Ne usciva il mattino, faceva ritorno la sera. Che Marta e Maria avessero pensato di festeggiare l'accaduto e di farlo con un banchetto, ci viene spontaneo immaginarlo. E, visto il carattere intraprendente di Marta, è quasi ovvio immaginare una Marta che con cibi si affretta dalla cucina alla mensa, mensa allargata per via dei discepoli.

Banchetto, colori, profumo di cibi, Il vino e voci che si sovrastano le une le altre. Come il ripetersi di un rito, qualcosa di già visto. Per una cosa mai vista! Ma accade - e non è irruzione, quasi non ce se ne accorge - accade, ospite inatteso nella casa e nel racconto, il profumo. Perdonate se così interpreto: nell'aria che rimbomba di parole, quasi eccitata, si fa strada il profumo. E' scritto: "e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo". Quasi fosse il profumo ad attrarre gli sguardi su Maria, che silenziosa cospargeva di nardo autentico e preziosissimo i piedi di Gesù e poi li asciugava con i suoi capelli. Il profumo, un gesto senza parole in un mondo di parole, un gesto senza calcolo in un mondo di calcoli, un gesto che è un fuoriuscire in un mondo che trattiene e si trattiene. Poche righe, una nicchia nel racconto, che va salvaguardata e difesa nel suo eccesso. A salvaguardarla e a difenderla è lui, Gesù.

E in modo netto immediato, non lascia spazio a esitazioni di sorta - "lasciala fare" - difende un gesto che racconta occhi, gli occhi della sua amica che lo hanno visitato nel suo più profondo, là dove a sfiorarlo ormai era il pensiero dei giorni che lo avrebbero portato alla sepoltura. La donna gli cospargeva di olio profumato i piedi, chissà - sto fantasticando - forse pensando a quanto era stato l'andare - l'andare per amore - del suo amico. Di quanta fatica e sabbie si fossero caricati quei piedi. Ma ora, che tutto stava precipitando, a dire amore e gratitudine non sarebbe bastata l'acqua con cui lei era solita lavare i piedi all'amico e Maestro al suo sopraggiungere in casa. Era necessario altro - una necessità di cuore - un profumo, ma in esagerazione di quantità e qualità, il nardo, che canta l'amore dei due innamorati del Cantico, una esagerazione per dire una esagerazione di amore, una smisuratezza per dire la smisuratezza della gratitudine, una follia per celebrare la follia della croce.

La nicchia dell'unzione di Betania sembra alzare il velo su un bisogno di tenerezza, di vicinanza, di amicizia che abita, nell'invisibile, anche il cuore di Gesù: è racconto di una reciprocità. Un bisogno di dare e un bisogno di ricevere, sposati insieme. Lui e Maria, in quella nicchia di silenzio. Siamo lontani anni luce da coloro che confondono spirito e vangelo con assenza di desiderio, di passione, di sentimenti. A violare l'aria della casa di Betania sono al contrario le parole di Giuda, dei discepoli - se stiamo agli altri evangelisti -. E' la logica, spesso ancora dominante nel mondo e in noi, del calcolo. E allora il profumo diventa una discriminante. Quanta vita potresti passare in rassegna e chiederti se lì c'è profumo: in quegli occhi, in quei gesti, in quella voce, in quelle parole, in quelle strategie, in quelle celebrazioni, in quell'imponenza, persino in quei riti, anche quelli più quotidiani. Oggi che quotidiano sta diventando il disumano... e di profumo - profumo di attenzione e di difesa - andrebbero cosparsi i deboli, i poveri, bambini e donne, quelli che sono in vigilia o già stanno attraversando tragedie di innominabile disumanità Odore non di profumo, ma di sangue e terrore negli occhi, il rovescio dell'unzione di Betania. Il calcolo.

A quanto della vita allude la cena di Betania con il suo profumo. Disegna una vocazione ad essere nel mondo - come dice Paolo - il buon odore, il buon profumo di Cristo. Il buon profumo di Cristo non ha bisogno di esibizioni, può esere nascosto in un gesto semplice, comune, umano. E ti può raggiungere anche da lontano. Molti di noi hanno respirato ebbrezza di profumo in una immagine che in questi giorni ha fatto il giro del mondo: papa Francesco, senza preavviso, scende in sedia a rotelle nella basilica di San Pietro, niente tunica, nessuna croce pettorale, niente zucchetto bianco, con l'ossigeno nel naso e una coperta a righe sulle gambe, come un comune cristiano, un uomo fragile, malato e semplice. Piangevano tutti. Qualche bambino è andato vicino al Papa, una signora si è fatta benedire fra le lacrime. Lui non ha detto niente: salutava e benediceva. Non c'è bisogno - che so io - di un trono o di una talare o di quant'altro.

Basta una coperta. Per profumare.

 

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