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TESTO Commento Es 3,13-14

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III Domenica di Quaresima (Anno C) (14/03/2004)

Brano biblico: Es 3,13-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Dalla Parola del giorno

Mosè disse a Dio: Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: "Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Mami diranno: Come si chiama? E io cosa risponderò loro?. Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono!".

Come vivere questa Parola?

Nel deserto, un roveto arde senza consumarsi. Attratto dall'insolito "spettacolo", Mosè decide d'avvicinarsi per "vedere", quand'ecco si rivela a lui "il Dio di suo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". Una teofania che manifesta a Mosé la sua vocazione a servizio del popolo d'Israele schiavo in Egitto: "Dirai agli Israeliti: "Io-sono mi ha mandato a voi".

Per la prima volta il racconto elohista del Pentateuco introduce il nome di Jahvé, che deriva dal verbo ebraico hàjah (=essere). A differenza degli equivalenti nei linguaggi occidentali, hàjah non esprime il puro essere ed esistere, ma piuttosto l'attività e l'efficacia dell'essere 'in azioné, diametralmente opposta alla sterilità muta del non-essere che qualifica gli idoli. Accogliere Dio come "Colui che è" significa dunque credere alla sua presenza nella storia, una presenza attuale, operante ed efficace. In altre parole, il suo nome ci dice che il nostro Dio è fedele alle sue promesse ed impegna la sua potenza per liberare continuamente in noi quelle energie di bene che ci sottraggono dalla schiavitù dell'ego e c'introducono, come Israele, in quella terra dell'interiorità feconda dove scorre "latte e miele", segno, per gli Ebrei ma in genere anche per tutti gli orientali, di fertilità e di abbondanza.

Oggi, concedendomi un tempo più prolungato di quiete contemplativa, visualizzerò con occhi stupiti e grati "il meraviglioso spettacolo del roveto che arde ma non si consuma". E dinanzi a Gesù-eucaristia, consegnando a Lui le catene delle mie piccole e grandi schiavitù, ripeterò nel ritmo del respiro:

"Tu sei Colui che è". Grazie, Signore! Grazie perché il Tuo essere è perenne fecondità d'amore che mi rigenera continuamente prospettandomi orizzonti infiniti di libertà vera e duratura.

La voce di una grande mistica

Dentro la mia anima è una camera nella quale non entra né gioia, né mestizia, né diletto di alcuna virtù, né piacere di alcuna cosa definibile, ma in essa abita quel Bene totale...che non esiste altro bene.

Gesù le disse: "Figlia della pace, in te riposa tutta la Trinità, cosicché tu tieni Me e io tengo te"
Sant'Angela da Foligno

 

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