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TESTO La novita' assoluta di Cristo e del Vangelo

padre Antonio Rungi

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (26/02/2006)

Vangelo: Mc 2,18-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 2,18-22

18I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. 21Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore.

22E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».

La Parola di Dio di questa ottava domenica del tempo ordinario focalizza la sua attenzione sulla novità assoluta di Cristo e del Vangelo. E proprio dal testo del Vangelo di oggi ricaviamo questo messaggio, particolarmente importante nel contesto della cultura odierna, che non sa scoprire nella Buona Novella di Cristo la vera ed unica irripetibile notizia dell'umanità di tutti i tempi, quella della venuta del Figlio di Dio nella storia, per redimere l'uomo dalla sua condizione di schiavitù. Il testo del Vangelo che presenta Gesù come sposo in mezzo alla sua famiglia, appena costituita, ovvero il gruppo dei dodici apostoli, ci fa capire con esattezza questo messaggio nuovo. Non si può essere tristi, quando lo Sposo divino sta con noi, quando Dio abita in noi. Ecco il brano del Vangelo di Marco che ci accompagna nella riflessione di questa domenica antecedente l'inizio della Quaresima. "In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: "Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?". Gesù disse loro: "Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi".

Il testo mette in risalto due momenti importanti, chiaramente allusivi alla presenza di Cristo nella Chiesa nascente: quando ha lo sposo, cioè Cristo, la Chiesa è gioiosa, ha motivi di speranza e prospettiva futura, superare anche le contingenze del momento e le leggi ferree che chiudono l'uomo all'interno della norma e non lo liberano nel profondo del cuore. Diversamente sarà la situazione, quando lo Sposo non ci sarà. Subentrerà la tristezza, la malinconia e prenderanno il sopravvento la norma e la legge, per avere, in tal modo, delle presunte certezze.

Su questa linea è anche la seconda lettura della Parola di Dio di questa domenica, tratta dalla Seconda Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, nella quale in sintesi è detto chiaramente che la lettera uccide, mentre lo Spirito dà la vita. E per lettera qui si intende la legge interpretata ed attuata nella sua formalizzazione verbale ed esteriore. Quando volte, proprio per attenersi alla lettera, la Chiesa ed i cristiani hanno errato e continuano ad errare. Invece, lo Spirito è vita, è novità perenne, è libertà, è capacità di autoanalisi e di autodeterminazione verso il bene. Sta tutto qui il contenuto essenziale del testo che ascoltiamo: "Fratelli, forse abbiamo bisogno, come altri, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra? La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori. Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita". Ed è davvero importante sentire espressioni come queste: " Voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori".

Chi è abituato a scrivere lettere (oggi non più in quanto prevale il computer) sa che cosa significa produrre un testo frutto di impegno e di riflessione. Se cambiano gli strumenti di scrittura (oggi videoscrittura) la sostanza è sempre la stessa: Si tratta, infatti, nello scrivere, di produrre qualcosa di noi stessi e di imprimerlo non tanto sulla carta ma nei cuori delle persone. L'Apostolo Paolo ha compreso esattamente tutto questo e lo esprime con immagini davvero significative ed accattivanti. Immagini che ci immettono nel solco di quella responsabilità verso coloro che ci hanno generato alla fede, che, in vari modi, hanno fatto sì che noi la conservassimo e non la disperdessimo, che ci hanno aiutato nel cammino della nostra formazione cristiana e che, con affetto, attenzione, apprensione, coinvolgimento spirituale ed emotivo, hanno seguito l'evolversi della nostra situazione spirituale e religiosa. Noi siamo lettere scritte da molti, a partire dai nostri genitori, i primi che ci hanno educati alla fede cristiana e ce l'hanno trasmessa con semplicità e con grande affetto, sapendo darci cose importanti e farci conoscere la persona più eccelsa di tutti, quel Gesù, maestro di vita e di sapienza senza il quale la nostra vita sarebbe un foglio bianco, ove c'è tanto ancora da scrivere, o un foglio già scritto, forse anche denso di parole, ma di parole vuote e senza senso, di parole che non usano lo stesso linguaggio dell'unica Parola, che è vera per sé e che è il Verbo di Dio Incarnato.

Il testo sviluppa tutta una riflessione sul termine lettera e sul contenuto teologico che ad essa si attribuisce in riferimento a Cristo.

Il breve brano del Profeta Osea che oggi apre la liturgia della parola fa quasi da sintesi a quanto abbiamo finora meditato e riflettuto: "Così dice il Signore: "Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore".

Un'immagine bella per esprimere il profondo legame che intercorse tra Dio ed il suo popolo. Qui il testo si riferisce all'antico Israele, ma da tutto l'insieme si comprende che questo si estende a tutto il popolo eletto, soprattutto a quello che nasce dal mistero della Pasqua del Cristo. Egli celebra il definitivo passaggio dell'umanità dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla vita, dalla sofferenza al piacere, dall'odio all'amore, dall'indifferenza alla cura ed alla attenzione. Un passaggio che, utilizzando l'immagine della coppia, del matrimonio e della famiglia, rende ragione di un Dio che è vicino all'uomo e l'ama profondamente fino a dare il suo Figlio per riscattarci dalla nostra condizione di debolezza e schiavitù morale. Sentirsi legato affettivamente a qualcuno, in modo sincero ed autentico, è un'esperienza umana impagabile; immaginiamo quanto dovrebbe avvenire se non ci legassimo, sul modello dell'amore coniugale, al nostro Sposo divino e da lui farci guidare nel cammino della vita, nell'attesa di celebrare con Lui il nostro banchetto nuziale per l'eternità. E' questo il desiderio e l'aspirazione più grande che ci accompagna e ci sostiene in questo mondo, vedendo il fallimento di tante prospettive buone per noi e per gli altri. Prospettive non ancorate sul senso di Dio e sul valore imprescindibile della coscienza.

 

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