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TESTO Accendi un lume nelle case, lungo strade, dentro di te

don Angelo Casati   Sulla soglia

Tutti i Santi (03/11/2024)

Vangelo: Mt 5,1-12a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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Non è stato specificata nessuna citazione

Si è in pochi, si è in tanti? Oggi in modo particolare poco importa: poco importa per chi, come voi, ha occhi per l'invisibile o semplicemente ha un cuore che batte e si emoziona. Perché qui la festa di tutti i Santi fa convocazione: paradossalmente, se chiudi gli occhi vedi: vedi anche questa chiesa affollarsi. E ad affollarla di santi ciascuno di voi, che porta qui i suoi santi. E così sfuggiamo a un fraintendimento che nel tempo ha impallidito la parola "santi", "santità", sino ad imprigionarla nel privilegio di pochi, beati loro: i santi degli altari, quelli delle canonizzazioni. E i primi ad essere tristi di questa riduzione - dopo Dio - penso siano proprio loro. A volte imprigioniamo ciò che non è imprigionabile. All'inizio non fu così e la parola "santi" era per dire semplicemente i credenti. Che di certo non abitavano i cieli, ma dimoravano la terra. Vi ricordo l'inizio della lettera ai Colossesi; a chi indirizzata? "Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, ai santi e fedeli fratelli in Cristo dimoranti in Colossi grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro". Dimoranti in Colossi.

E la prima beatificazione? Non sarà che ci siamo scordati che avvenne all'aria aperta senza cerimoniali - sul monte o in pianura poco importa - beatificati uomini e donne in carne e ossa, i piedi per terra, ma come accesi in viso dall'orizzonte che disegnava ai loro occhi quel rabbi inimmaginabile di Nazaret. Aveva iniziato così e guardava loro: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra" e avanti così... E guardava loro. Li faceva beati. Era come se Gesù avesse occhi per ogni ritaglio di vita, per ogni circostanza, per ogni sentimento, per ogni gesto e dicesse che la beatitudine fa casa lì e non chissà dove. Fate passare le beatitudini non si parla di estasi né di miracoli, paradossalmente - e non certo per escluderle - né di preghiere o digiuni: nell'elenco fa capolino da ogni dove la piccolezza. Fin dal principio: "Beati i poveri in spirito", cioè quelli che si sentono piccoli davanti a Dio e mettono in lui la loro forza e la loro fiducia.

Poi nelle parole del monte è un susseguirsi di ritagli di umanità sorpresa nella sua disarmante normalità: il pianto, la mitezza, la sete e fame di giustizia, la limpidezza del cuore, la costruzione della pace, la persecuzione per passione di giustizia e di vangelo. Squarci, per dire l'attenzione di Dio alla vita, in particolare nella sua piccolezza e fragilità. Scrive il cardinale José Tolentino Mendonça: "La santità è anonima e senza clamore. La santità non è eroica: si esprime nel piccolo, nel quotidiano, nell'abituale. Il peccato è la banalità del male. La santità è la normalità del bene". Sotto la suggestione di queste parole che nascono dal vangelo e ci riportano al vangelo, quest'anno - ve lo devo confidare - mi si è affacciato, in una delle mie solite evasioni, un pensiero riguardo alle reliquie. E ho pensato che, se la santità è la normalità del bene, di reliquie di santi ne abbiamo colme le case e le strade. Reliquia significa ciò che rimane, e dunque ciò che rimane di una vita che aveva dentro il soffio di Dio.

Sono arrivato fantasticando a pensare che potresti oggi accendere un lume - come a reliquia - a una foto, ma anche a chissà quante piccole cose che ebbero lo sguardo e la la cura dei santi della normalità o accendere lumi a crocicchi di strade dove sono accaduti i gesti che non vanno sui giornali o sugli schermi perché ritenuti normali, comuni. Di più vorrei dirvi che reliquie - e quanto preziose - sono dentro di noi e un lume andrebbe acceso, se ne fossimo coscienti, in noi, perché - poco lo ricordiamo - noi siamo impastati come pane di quelli che abbiamo incontrato, di quelli con cui abbiamo vissuto. Accendi un lume dentro. A un volto. A quanti volti! E, all'in principio di tutto, al soffio di Dio, che ne è la fonte. Vorrei lasciarvi quest'anno con le parole di un mio amico, Marco Campedelli, prete e poeta e anche burattinaio: ritraduce, ma con parole bellissime, ciò che ho cercato oggi di dire.

Eccole: "Siate santi come io, il Signore sono santo: così dice il Dio della Bibbia al suo popolo. La santità di Dio non è nel suo essere separato dal mondo, inaccessibile, un Dio aristocratico chiuso nella sua torre d'avorio. Dio rivela la sua santità esponendosi al mondo. Il Dio santo è colui che ascolta il pianto del suo popolo, il Dio che asciuga le lacrime, E' il Dio che apre spazi di libertà in mezzo ai deserti, che apre le acque. Il Dio santo è il Dio che libera. E' bello pensare a questo Dio che crea il mondo pieno di bellezza e di santità. Questa santità diffusa negli alberi e nelle stelle. Un mondo santo perché pieno delle sue impronte, del suo gesto originario d'amore. Ed è bello pensare all'umanità uscita dalle sue mani che ha il colore dei suoi occhi, il timbro della sua voce, questa umanità che ha la stessa pelle di Dio. Santità è vivere la propria umanità, viverla fino in fondo, raccogliere sul fondo della nostra vita tutte le briciole della santità di Dio. Santo è chi come Dio sa ascoltare, sa asciugare le lacrime, santo è chi apre strade di pace, chi sente sulla propria pelle ogni ferita inferta al creato, all'umanità. La santità non è esclusiva di una religione, in tutte le religioni si manifesta la santità di Dio. La santità non è nemmeno una esclusiva del sentire religioso, c'è anche una santità laica, che si esprime in una vita donata, aperta alla speranza. Santità per noi è diventare il Vangelo che ogni domenica raccontiamo".

 

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