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TESTO Sposo fedele e innamorato

padre Gian Franco Scarpitta  

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (26/02/2006)

Vangelo: Mc 2,18-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 2,18-22

18I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. 21Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore.

22E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».

Quella di uno sposalizio è una festa nella quale non si "ammettono" sentimenti di mestizia. Dopo la funzione in chiesa tutti gli invitati alle nozze ci si ritrova insieme nella sala trattenimento prestabilita per sorridere, chiacchierare, incontrarsi dopo tanto tempo fra amici e parenti e in parecchie occasioni avviene anche che ci si conosca per la prima volta. Si consuma assieme il lauto pasto della cena e a tavola ci si ritrova in armonia e almeno per una sera si dimenticano eventuali problemi che abbiamo lasciato in famiglia. Qual è però il motivo principale per cui in una festa di nozze ci si ritrova tutti sereni e gioiosi? Certamente esso risiede nella presenza degli sposi. E' in forza della loro nuova unione che si manifesta allegria e ci si ritrova uniti, soprattutto perché in quella circostanza si esalta in loro la realizzazione di un nuovo progetto di vita incipiente: due giovani stanno per intraprendere una vita a due dopo essersi accettati per amore l'un l'altra, d'ora in poi sfideranno tutte le intemperie della vita facendo fronte insieme alle insidie immancabili del quotidiano e in forza dell'amore che si sono giurati reciprocamente si cimenteranno in tutte le circostanze anche in quelle più tristi e disparate. Affronteranno insieme il dolore e la gioia, le situazioni di stabilità economica o di precarietà come anche eventuali imprevisti dovuti alla salute, restando sempre uniti e concordi e superando ogni cosa che possa minacciare tale loro reciproca e armoniosa accettazione. Questo almeno è quello che si auspica dalla nuova vita degli sposi, quello che da parte dei pastori viene loro puntualmente insegnato e raccomandato, indipendentemente da quello che sarà il loro futuro; e questo è anche quello che fondamentalmente tutti noi ci auguriamo di vero cuore nel rivolgere nel fare festa con loro, perché desideriamo e ci auguriamo di certo che la loro sia una vita lunga, felice e piena di affermazioni e che eventuali intoppi possano essere superati. Quindi ci si augura da parte nostra che anche nelle eventuali occasioni di infedeltà o di crisi matrimoniali particolarmente gravi i due coniugi riescano a comprendersi e ad aiutarsi l'un l'altro e a superare la crisi tornando a coltivare l'ideale dell'amore reciproco e della mutua appartenenza l'uno all'altro. Intanto nel salone delle feste si esulta tutti quanti con loro e si condividono i loro sentimenti di letizia.

Una festa di nozze è quindi un evento unico ed irripetibile che va vissuto nella pienezza della gioia come un fatto del tutto singolare e affascinante, ed è per questo che nella Sacra Scrittura Dio non di rado fa ricorso alla metafora del banchetto nuziale o dell'amore degli sposi per esprimere la propria attitudine di fedeltà nei confronti del suo popolo: egli qualifica se stesso come "sposo" dell'umanità perché –appunto- innamorato del suo popolo e sempre intento a realizzare la comunione piena con lui e a renderlo partecipe del suo amore e della sua benevolenza in tutte le circostanze, prescindendo dalle reazioni del popolo stesso ed eludendo la possibilità che questi possa tradirlo, appunto come avviene il giorno delle nozze di due giovani. Anzi, anche nelle circostanze di infedeltà da parte di Israele, Dio non cessa di mostrare amore nei suoi riguardi, come nel caso della prima Lettura di oggi, in cui il profeta Osea confida le proprie vicissitudini in negativo con la propria donna infedele che si è data a riprovevoli rapporti illegittimi con altri uomini: a tale infedeltà egli non reagisce con atteggiamenti di rivalsa o di recriminazione, ma tentando di riconquistare la sua fiducia, di riguadagnare il suo amore e facendo di tutto affinché essa si innamori di lui come se lo stesse conoscendo per la prima volta: "La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore"; così anche Dio nei confronti del popolo fedele mostra il proposito di riconquistare "il cuore" del popolo, interpellando la sua fiducia e la disponibilità a lasciarsi sedurre e salvare. Nelle situazioni di tradimento e di infedeltà coniugale siamo soliti biasimare con ferocia la nostra donna (o il nostro uomo) che è fuggito con un altro amore, ma molto raramente siamo soliti fare l'autocritica su noi stessi per verificare se tale infedeltà in un certo qual modo sia stata causata anche da noi stessi, magari da una nostra negligenza che ci aveva condotti a trascurare la nostra consorte o ad una qualche nostra lacuna nei suoi riguardi per la quale ella aveva deciso di trovare sfogo presso altri affetti; tale invece non è l'atteggiamento di Dio nei nostri riguardi: alla nostra perseveranza nel peccato egli reagisce premurandosi di rendere plausibile ed effettivo il suo amore nei nostri riguardi, affinché ci convinciamo della sua fedeltà e acquisiamo fiducia in lui. In altre parole, Dio tende "a sedurre" l'uomo tutte le volte che questi si smarrisce nel peccato e per questo può ben qualificarsi non soltanto "sposo fedele" ma anche "innamorato".

Ma l'immagine più eloquente dell'amore sponsale di Dio nei nostri riguardi ci viene data in Gesù Cristo. In lui si realizza il "novum" dell'amore di Dio nei nostri riguardi, di cui è espressione la frase "vino nuovo in otri nuovi", che sottolinea appunto la novità di Cristo come apportatore di salvezza nell'offrirsi a noi come nostro "sposo" o anche "sposo della chiesa": in lui Dio ha realizzato infatti l'eterna alleanza e per ciò stesso anche il vincolo di comunione con noi riguardante la novità di vita nella libertà e non nella sottomissione servile, sicché quella che nell'Antico Testamento era solo un'immagine in Lui è una certezza effettiva, poiché egli si qualifica come il vincolo di unione sponsale fra Dio e la comunità dei credenti. Insomma come il nostro sposo. E poiché in compagnia dello sposo non si deve mostrare mestizia ma va coltivata la serenità e la gioia, ne deriva che da parte nostra si dovrà sempre mostrare esultanza e letizia nell'appartenere a lui e nel lasciarci da lui coinvolgere: in Cristo sposo della Chiesa ci è stata data infatti la novità per la quale vanno omesse cupe restrizioni e sottomissioni e ci si deve atteggiare nella logica della libertà e dell'esultanza e non potremo non sentirci spronati alla gioia continua e definitiva. Per una festa di nozze senza fine.

 

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