TESTO La pedagogia del profondo
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XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (22/09/2024)
Vangelo: Mc 9,30-37
30Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
I.
Lo studio e la ricerca sul senso della vita che sto portando avanti in questi ultimi tempi, come vi dicevo il mese scorso, mi sta conducendo verso l'elaborazione di una “Pedagogia del Profondo” che si ispira al magistero di Papa Francesco sull'educazione. Il fondamento di questa pedagogia è il più grande pedagogo della storia, che è Gesù Cristo.
Nel Vangelo di due domeniche fa abbiamo visto Gesù che guarisce il sordomuto, il quale poi comincia a parlare correttamente. Solo dopo l'incontro con Gesù noi cominciamo a dire qualcosa di sensato, prima siamo solo dei balbuzienti.
Nel Vangelo di domenica scorsa Gesù ha chiesto ai suoi discepoli, e quindi anche a noi, chi è Lui per noi. Solo dopo avere chiarito chi è veramente Gesù per noi possiamo andare dietro a Lui e caricare la croce, cioè possiamo divenire capaci di amare al punto di dare la vita. Gesù, come un energico pedagogo, corregge Pietro con parole veementi: “Vade retro Satana”, come corregge anche noi ogni volta che vogliamo come Pietro insegnare a Gesù come fare Dio. Gesù ci rimanda al nostro posto, dietro di Lui, e non davanti.
II.
Anche nel Vangelo di questa domenica ritroviamo la raffinata azione pedagogica di Gesù che chiede ai discepoli: “Di che cosa stavate discutendo per la strada?” La risposta? “Ed essi tacevano”. Il Vangelo ci dice che anche poco prima, quando Gesù annunciò la sua passione, i discepoli fecero scena muta: “Essi non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo”. Probabilmente erano ancora intimoriti dal richiamo che il Maestro aveva fatto a Pietro chiamandolo Satana (la cosa peggiore contro qualcuno, uscita dalla bocca di Gesù). Vorrei proprio vedere chi aveva il coraggio di obiettare qualcosa, dopo quella sfuriata. Ecco che allora Gesù, come un vero pedagogo, stavolta cambia strategia, non si infuria, ma si siede con loro e spiega con pazienza quello che vuole insegnare.
Gesù chiede anche a ciascuno di noi di che cosa parliamo lungo la via della nostra vita. Quali sono gli argomenti che occupano i nostri pensieri e i nostri giorni. Quella di Gesù è una “Pedagogia del Profondo”, che interroga sulle cose più profonde e vere della vita. Anche noi come gli apostoli rimaniamo muti, perché sappiamo che la maggior parte di quello di cui parliamo durante la nostra vita, non corrisponde a quello che ci dice Gesù, anzi, tante volte è esattamente il contrario. Siamo come i suoi discepoli che dopo avere vissuto per tre anni con Lui, non hanno imparato nulla e si ritrovano a discutere su chi è il più grande, e cioè vogliono assicurarsi qualcosa di concreto per quando Gesù non ci sarà più. Come noi che nelle nostre relazione con gli altri vogliamo sempre trattenere qualcosa per noi stessi. È difficile rinnegare sé stessi e prendere la croce (e cioè amare fino a dare la vita) come ci chiede Gesù. È difficile rinnegare il proprio egoismo che è sempre alle prese con gli egoismi degli altri. Vincere l'egoismo però è la condizione per imparare ad amare. Gli egoisti non sanno amare. Diventiamo egoisti con la scusa che in fondo nessuno ci ama davvero, e allora cerchiamo di trattenere il più possibile ciò che possiamo, le nostre piccole certezze, le cose, le persone... Perché noi pensiamo che amare è avere, trattenere, possedere... Invece Gesù dice che amare è dare, lasciar andare, essere liberi, “caricare la croce” e cioè amare fino a dare la vita.
III.
E in conclusione, che cosa dobbiamo fare?
Ce lo dice il pedagogo Gesù: “Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti”. L'esatto contrario dell'egoismo, e cioè fare del bene agli altri senza aspettarci nulla in contraccambio, come il bene che si fa ad un bambino, che non ha nulla in cambio da darci. Accogliere i più piccoli è accogliere Dio stesso: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.
Nessun altro pedagogo al mondo è mai arrivato a dire tanto.
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