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TESTO Commento a Mc 2,18 22

Suor Giuseppina Pisano o.p.

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VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (26/02/2006)

Vangelo: Mc 2,18-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 2,18-22

18I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. 21Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore.

22E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».

"I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno", così esordisce il passo del Vangelo di questa domenica, introducendo un'altra delle discussioni tra Gesù e i farisei, tra la religiosità tradizionale, rituale, spesso vuota di contenuti, e la novità che Cristo stava per introdurre, con l'autorevolezza della sua predicazione e la bontà di quanto operava per i malati, i poveri e gli esclusi.

«Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».

Questa la domanda posta al Maestro dagli "osservanti" dell'una e dell'altra sponda; un contenzioso che troveremo ancora, in seguito (Mc.7, 1-13), sempre riguardo al rispetto della religiosità tradizionale, a proposito della quale, Gesù, citando Isaia, dirà: "Bene ha profetato di voi, ipocriti, Isaia dicendo: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto insegnando dottrine che sono precetti di uomini». Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate le tradizioni degli uomini! ".

A questa religiosità che riduce il legame con Dio, all'adempimento legale di norme e precetti, spesso formali, che hanno soffocato e fatto dimenticare il comandamento fondamentale, il comandamento dell'amore, Gesù sostituisce una religiosità nuova, che si esprime nella gioia del rapporto con Dio: un rapporto sponsale, una festa di nozze.

Il simbolo nuziale, usato come immagine del legame tra Dio e la sua creatura, tra Dio e il suo popolo, è già presente nell'Antico testamento; tornano alla mente, per la loro lirica bellezza le parole di Isaia:
" ..Si, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo creatore
come gioisce lo sposo per la sposa,
così, per te
gioirà il tuo Dio." (II Is.62, 4-7)

Questa stessa immagine è, ora, ripresa da Gesù, nella risposta ai suoi interlocutori: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare».

E' dunque il tempo dello Sposo, quello inaugurato dal Figlio di Dio che, incarnandosi, ha realmente sposato l'umanità, si è definitivamente legato ad essa, per redimerla e farne il suo mistico corpo.

E' un tema ricchissimo, questo della sponsalità, che adombra l'amore di Dio per l'uomo, sia esso la singola persona come un intero popolo: quello dell' antica Alleanza, o il nuovo popolo dei redenti.

I salmi, i Profeti, il sublime Cantico dei Cantici, ci parlano di questo incontro nuziale, di questa festa, di questa ricerca, dell' attesa, dell' incontro, in un libero gioco d'amore, nel quale Dio si è rivelato, perché Lui è l'Amore, un amore che non indietreggia nemmeno di fronte al tradimento, ma lo perdona e lo redime, trasformando la sua creatura, facendola nuova nel cuore, e rendendola nuovamente capace di comunione.

E' quanto leggiamo, in questa domenica nel passo del profeta Osea che la liturgia propone alla nostra riflessione.

"Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza,....ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore».

Il profeta, racconta del tradimento della sua sposa, e questo evento diventa il simbolo dell'allontanamento del popolo eletto dal suo Dio, e, così come Osea sa parlare al cuore della donna, tanto che rinasce un amore ancora più bello, allo stesso modo, il Signore, attira, nei deserti della vita, chi si è allontanato da Lui e parla al cuore, si fa conoscere, si fa amare, si unisce alla sua creatura, come uno sposo alla sua sposa.

Un linguaggio suggestivo e tenero, che si concretizzerà, nella pienezza dei tempi, nell' incarnazione e missione del Figlio: lo Sposo di cui il Vangelo, oggi, ci parla e di cui spesso, Gesù stesso si serve, narrando in parabole cosa sia il Regno di Dio; esso è simile ad un banchetto di nozze, o al corteo nuziale, col quale le vergini vanno incontro allo Sposo. Non dobbiamo, poi, dimenticare che fu una festa di nozze, l'occasione felice, per il primo miracolo di Gesù, allorché trasformo l'acqua in vino pregiatissimo, segno della potenza trasformante dell' amore e della parola di Dio.

Anche oggi, nel Vangelo leggiamo di " vino nuovo", immagine che si accompagna a quella del tessuto, anch'esso nuovo; sono simboli della novità portata da Cristo, che fa nuova ogni cosa, che rinnova dal di dentro ogni uomo, il quale voglia accogliere il suo annuncio, il suo invito alla fedeltà, il suo dono di redenzione e lo Spirito, che trasforma vivifica e ci immette nel circuito d'amore della Famiglia Trinitaria.

Si, verranno "giorni in cui sarà loro tolto lo sposo...", verranno per tutti i giorni della desolazione, della confusione, della mancata fedeltà; giorni che anche i discepoli più cari vissero, durante la cattura, il processo, la passione e la morte del Maestro; giorni che tuttavia non restarono chiusi nel buio, ma approdarono, e sempre approdano, al mattino luminoso della resurrezione, e al dono dello Spirito, che rende stabile la comunione, il vincolo sponsale tra l'uomo e il suo Dio.

Il brano del Vangelo di oggi, col suo simbolismo, annuncia eventi importanti, annuncia un'umanità fatta nuova, come quel vino o quel tessuto, di cui il Signore parla, una umanità che, in virtù della Grazia donata da Cristo, e in Cristo, è capace di scrivere una nuova Storia, che corre verso la salvezza di tutti e di ciascuno.

E' quella umanità di cui anche Paolo parla, nella seconda lettura di questa domenica, descrivendola simile ad una " lettera ":

".... lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. E' noto, infatti, che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori. Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo dí Cristo, davanti a Dio. Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa, come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita." ( 2 Cor 3,1 ,6 )

Nel nostro tempo, che ancora e sempre, attende di esser salvato, quanti siamo stati attirati da Cristo e uniti a Lui, con un forte legame d'amore, in una comunione sponsale, siamo anche, in qualche modo, fatti " ministri", apostoli, che portano il Suo messaggio, testimoniano la sua Presenza, e tengono salda la nuova e definitiva Alleanza.

Sr Mariarita Pisano o.p.
Monastero Domenicano
SS.mo Rosario
Marino Laziale RM

 

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