TESTO Commento su Matteo 14,13-21 (o Matteo 14,22-36)
Missionari della Via Missionari della Via - Veritas in Caritate
Lunedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (05/08/2024)
Vangelo: Mt 14,13-21 (o Mt 14,22-36)
Gesù moltiplica i pani: con questo segno prodigioso si manifesta come il Messia atteso. Soffermiamoci su un aspetto secondario ma importante: questo miracolo sarebbe frainteso se perdessimo di vista da dove parte. Non parte dal voler dare spettacolo ma dalla compassione. Non è un atto di autoaffermazione ma di amore. Dio non agisce per mettersi in evidenza, per mostrarsi come “il divino risolutore” di ogni problema ma agisce sempre e solo per amore. Questo non è banale ma ci porta a riflettere sul nostro agire. Le nostre azioni, le mie azioni, da dove partono? Cosa è che muove il mio agire? Ad esempio, è triste (e dannoso) se, per un vescovo o un sacerdote, è il voler “arrivare” o il “fare carriera” che muove l'agire e non l'amore per Dio e per le persone. È triste se un laico frequenta la chiesa o fa certe cose in parrocchia per sentirsi qualcuno e non per servire. È triste se, sul posto di lavoro o nella società, agisco mosso dall'interesse economico e non dal desiderio di dare il mio contributo per il bene di tutti... Sembrano cose scontate ma non lo sono. In Dio tutto parte dall'amore e tende all'amore. In noi spesso le cose partono dal nostro io e finiscono nel nulla; partono dal nostro volerci affermare, dalla ricerca del nostro interesse... Insomma, dobbiamo vagliare attentamente le motivazioni del nostro agire e chiedere il Signore che purifichi il nostro cuore dall'egocentrismo e da ogni forma di arrivismo. Perciò, ci farà bene rileggere con calma il famoso “Inno alla carità” di san Paolo, che ci ricorda alcune caratteristiche essenziali dell'amore, per illuminare il cuore e non correre il rischio di scambiare l'amore per ciò che amore non è.
«Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!» (1Cor 13,1-13).