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TESTO Commento a Mc 2,1-12

Suor Giuseppina Pisano o.p.

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (19/02/2006)

Vangelo: Mc 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

"... Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa.

Il popolo che lo ho plasmato per me, celebrerà le mie lodi. Io cancello i tuoi misfatti, non ricordo più i tuoi peccati». (Is 43,18 19.21 22.24 )

Questo breve passo del profeta Isaia, contenuto nella prima lettura di questa domenica, è l'introduzione più bella al Vangelo di oggi che si conclude con le parole ammirate di quanti, presenti nella casa ove si trovava Gesù, avevano assistito alla guarigione del paralitico esclamando: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

"...una cosa nuova.."; il Profeta parla per immagini, e usa i simboli del deserto e della steppa, luoghi aridi, impervi e insidiosi, luoghi dove la vita non germoglia o fatica a crescere; essi, per opera di Dio, saranno trasformati in distese abitabili, con strade sicure e ricchi corsi d'acqua, che le renderanno feconde. Dietro a queste immagini si cela l'annuncio di quella " novità" radicale, quella realtà che, nella pienezza dei tempi si realizzerà in Cristo, e che, oggi, il Vangelo ci annuncia con le parole stesse di Gesù: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».

La novità assoluta, infatti, è il perdono dei peccati e la ritrovata amicizia con Dio

"...proprio ora germoglia..." dice il Profeta, preannunziando l'avvento del Messia, il Servo di Jahwé, che avrebbe preso su di sé il peccato dell'uomo per redimerlo, pagandone il prezzo con la sua stessa vita.

Nel tempo di Dio, che è l'eterno presente dell'amore, germoglia questa sorprendente verità, che Marco mette sulle labbra del Maestro: ".. il Figlio dell' uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati " e, per la sua mediazione, Dio, l'assolutamente Altro, l'Altissimo è, per sempre, vicino ad ogni uomo.

Ed ecco il racconto, breve, semplice e ricco di vivacità, che si fa pittoresco, nella decisione di quei quattro amici che, per far incontrare il povero paralitico con Gesù, decidono di scoperchiare il tetto dell'abitazione in cui lui si trovava e, di lì, calare la barella, proprio ai piedi di lui.

Siamo ancora a Cafarnao, Gesù è all'interno di un'abitazione, la sua fama ha richiamato molte persone, desiderose di ascoltare ancora le sue parole; vi sono anche alcuni scribi, "seduti là", nota Marco, quasi fosse una presenza casuale e di poco conto; ma in realtà, essi sono osservatori, ambigui ed attenti, pronti ad aprire diatribe e discussioni.

Alla casa, ormai affollata, arriva questo gruppetto: un paralitico adagiato su una barella e quattro amici, che lo portano; sicuramente sono a conoscenza delle guarigioni operate da Gesù, e credono fortemente che possa risanare anche questo poveretto, e così realizzano il loro rocambolesco progetto e calano dal tetto il loro amico.

Gesu, nota l'Evangelista, " vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» ".

La fede, quella che a detta del Signore " sposta le montagne " o, potremmo anche aggiungere, scoperchia i tetti, è sempre quella che ha potere sul cuore di Cristo e determina ogni suo intervento prodigioso e salvifico.

Questa volta, le parole di Gesù che, accompagnano il miracolo, rivelano una novità grande e sconcertante; il Maestro non ha detto, infatti " alzati e cammina", ma " figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati"; quasi a dare l'esperienza fisica, la sensazione corporea di cosa sia esser liberati dalla colpa, situazione peggiore della immobilità fisica.
Una novità, che si rivela anche una provocazione.

"Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?", è la mormorazione interiore di quei pochi scribi presenti, incapaci di accogliere con stupore e semplicità di cuore le parole e i gesti d'amore del giovane rabbi, che, gradatamente, si rivela Figlio di Dio, partecipe, per natura, della Sua stessa potenza.

«Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e, cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: "Ti ordino disse al paralitico alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua"».

Nel miracolo fisico c'è la rivelazione del mistero di Gesù di Nazareth: il Figlio di Dio, il "Verbo" che era con Lui dal principio e si è fatto uomo. Si tratta del tema principale e centrale del racconto di Marco, e che egli pone già all'inizio di tutta la narrazione, con una frase, brevissima, incisiva e determinante di tutto il resto:
" Principio del Vangelo di Gesù Figlio di Dio "

Dai cieli aperti nelle acque del Giordano, all'insegnamento in sinagoga, con parole autorevoli, che lasciano ammirati, alle guarigioni, al potere sui demoni, e, ora, al perdono dei peccati, con la dichiarazione inequivocabile di un potere, esercitato in terra, ma che ha origine dall'Alto, si delinea sempre più chiaramente il volto divino dell'uomo di Nazareth, che, in seguito, sarà riconosciuto come il Cristo, da Pietro (Mc. 8,30 ) e Figlio di Dio dal centurione romano, nello sconvolgimento finale del Calvario " ..veramente costui era Figlio di Dio! " ( Mc 15,41 )

"Ti ordino alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua", nelle parole di Gesù, e nel gesto dell'uomo che, prontamente, ed incurante dei presenti, si alza e se ne va, guarito ormai dal male che lo teneva legato ed immobile, è resa visibile la liberazione dal peccato, non perché la malattia sia il contrapassso della colpa, ma perché il peccato è una malattia interiore, invisibile ad occhio umano, ma che mina alle radici la vita dell'uomo nella sua realizzazione più profonda, che è vivere la comunione con Dio, e ristabilire la somiglianza con Colui che lo ha creato, per una felicità eterna.

E' quanto ha operato Cristo, il Redentore dell'uomo; di Lui Paolo, nella seconda Lettera ai Corinti, dice: "....Il Figlio di Dio, Gesù Cristo.... non fu «sì» e «no», ma in lui c'é stato il «sì». E in realtà tutte le promesse di Dio in lui son divenute «sì»..." ( 2 Cor 1, 18-22 ), con un'obbedienza d'amore, che si estende sino alla morte di croce.

E' questo il prezzo della grazia che ci è stata data, quella liberazione dai peccati che il Vangelo di oggi ripropone alla nostra attenzione.

«Non abbiamo mai visto nulla di simile!», esclamarono, in quel lontano tempo, coloro che assistettero alla prodigiosa guarigione del paralitico; dovremmo dirlo anche noi, ogni volta che facciamo esperienza profonda del perdono che libera e risana, ogni volta che riflettiamo sulla grazia dell'adozione a figli, che Cristo ci ha meritato, una grazia per la quale è stato pagato il prezzo più alto: la morte in croce del Figlio di Dio, che a nessuno è lecito banalizzare né vanificare.

Sr Mariarita Pisano o.p.
Monastero Domenicano SS.mo Rosario
Marino Laziale RM

 

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