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TESTO Tre modi di donare la vita come Gesù Buon Pastore

diac. Vito Calella

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IV Domenica di Pasqua (Anno B) (21/04/2024)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,11-18

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Quattro volte sentiamo nel vangelo che Gesù «dà la vita» (GV 10,11b.15b.17b.18b). Egli è il «pastore bello», generalmente chiamato «buon pastore». Guardando a Lui, vogliamo imitare il suo modo di esercitare la gratuità dell'amore divino. Il Cristo risuscitato si rende presente nel mondo odierno attraverso ogni comunità cristiana. La Chiesa, oggi, è paragonata, secondo le parole di Gesù, all'unico gregge guidato da «un solo pastore» (Gv 10,16b). Nelle lettere dell'apostolo Paolo e nella tradizione paolina, la Chiesa è paragonata al corpo, il cui capo è Cristo stesso (cfr 1Cor 2 12,12-30; Rm 12,4-5; Col 1,18; Ef 2,16; 4,4-6).

Con l'aiuto dello Spirito Santo vogliamo camminare e lavorare insieme, essendo gregge di Cristo «buon pastore», ovvero membra vive del corpo che hanno Lui come testa, per andare incontro agli smarriti di questo mondo, e testimoniare loro, con i nostri atteggiamenti e le nostre parole che, come testimonia l'apostolo Pietro con parresia: «In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 412).

Oggi Cristo risuscitato ci presenta tre modi concreti di «dare la vita» .

Vogliamo impegnarci a praticare queste tre modalità di «dare la vita», perseverando nella nostra comunità cristiana, uniti nella carità e con l'aiuto dello Spirito Santo

1°: Difendere la dignità e l'identità dei «figli di Dio» contro i lupi

«Dare la vita», come Gesù, «pastore bello e buon pastore», significa difendere la dignità e l'identità di «figlio/a di Dio» di ogni essere umano con cui entriamo in relazione. La Parola di Dio, attraverso l'apostolo Giovanni, ci rivela questa meravigliosa realtà: «Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (1Gv 3,1a).

Questo annuncio ci ricorda due testi delle lettere dell'apostolo Paolo: «Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: "Abbà! Padre!". Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio» (Gal 4,4-7); «E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: "Abbà! Padre!". 16Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. 17E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rm 8,15-17).

I lupi che «attaccano e disperdono le pecore» oggi possono rappresentare quanto segue.

C'è il “lupo” della cultura occidentale materialista e mondana che riduce la felicità e la dignità dell'essere umano alla condizione di consumatore di beni materiali e di relazioni piacevoli che soddisfano gli istinti, i sentimenti e le emozioni dell'egoismo individuale, senza rispettare l'altro, trattato come oggetto che può essere scartato in qualsiasi momento.

C'è il “lupo” dell'idolatria del denaro. In questo senso, la Parola di Dio, nella prima lettera a Timoteo, ci avverte: «Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell'inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L'avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti» (1Tm 6,7-10).

C'è il “lupo” del potere distruttivo delle armi moderne, che sempre più minacciano tutte le popolazioni del nostro pianeta, a causa delle strategie politiche e militari dei potenti.

Tra noi ci sono tante persone impoverite a causa delle ingiustizie. Sono molte le persone perse in progetti di vita materialistici ed edonistici, che danno l'illusione di libertà assoluta e felicità immediata, ma in realtà imprigionano ogni persona nel proprio individualismo e isolamento. Vogliamo imitare Gesù «pastore bello e buon pastore», che «è venuto perché tutti abbiano la vita e l'abbiano in pienezza» (Gv 10,10), andando incontro ai poveri, a coloro che sono schiavi delle droghe, ai depressi, aiutandoli a ritrovare la consapevolezza di essere figli amati del Padre e di avere in loro la forza trasformante e santificante dello Spirito Santo, che dona loro sempre la possibilità di una vita nuova.

2° Vivere relazioni di reciprocità, di comunione, di amicizia, basate sull'ascolto della voce di Gesù «pastore bello e buon pastore»

«Dare la vita», come Gesù, «pastore bello e buon pastore», significa prendersi cura degli altri desiderando la comunione e promovendo il rispetto reciproco. Lo facciamo contemplando il rapporto di comunione e di rispetto tra Gesù e Dio Padre e la testimonianza delle relazioni di Gesù, riportata nei Vangeli.

Il rapporto di Gesù «pastore bello e buon pastore» con noi, che siamo le pecore del suo gregge, è di vera e rispettosa amicizia: «Io conosco le mie pecore ed esse conoscono me» (Gv 10,14b). Nei Vangeli troviamo belle testimonianze di rispetto e di attenzione di Gesù verso tutti, a cominciare dai più poveri e peccatori. Ma questo atteggiamento di amicizia e di rispetto è frutto del suo rapporto di comunione con il Padre: «Come il Padre conosce me e io conosco il Padre, anch'io do la mia vita per le pecore» (Gv 10,15).

Curare con pazienza la relazione con gli altri, aver cura di ascoltare con attenzione, di accogliere, di essere presenti, di camminare accanto, di privilegiare la relazione al di sopra di ogni altro impegno lavorativo: tutto questo significa «dare la vita» come Gesù, «pastore bello e buon pastore».

Possiamo vivere questa cura con relazioni rispettose se impariamo ad ascoltare la voce di Gesù «pastore bello e buon pastore», perché la Parola di Dio pregata, meditata e custodita nel cuore e nella mente qualifica il nostro modo di relazionarci con gli altri, vegliando sui feroci lupi dei nostri istinti, sentimenti e pensieri egoistici, pronti a distruggere il paziente lavoro di promozione della pace e della giustizia tra noi.

Vogliamo «ascoltare la voce del Pastore» (Gv 10,16b) ed educare i nostri amici a fare la stessa scelta.
3°: Perdere la vita per riceverla di nuovo

«Dare la vita», come Gesù, «pastore bello e buon pastore», significa accettare di vivere la radicalità dell'amore gratuito, sapendo che spesso siamo chiamati a donare, perdendo ciò che abbiamo e siamo per il bene degli altri, senza voler ricevere alcuna forma di gratificazione. Gesù era consapevole che lungo tutta la storia della salvezza l'atteggiamento divino verso l'umanità è sempre stato determinato dall'iniziativa di andare incontro per primo a chi era già perduto e dall'abbondanza del dono effuso, conoscendo il cuore di pietra dell'essere umano. Gesù era consapevole del destino finale della sua morte violenta. Già aveva annunciato: «È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà» (Gv 12,23-26).

Vogliamo credere che nulla va perduto quando viene donato gratuitamente per il bene degli altri. A quanto pare, dare senza ricevere alcuna ricompensa è paragonato alla pietra scartata dai muratori. Ma, centrando la nostra vita sul mistero della morte e risurrezione di Gesù possiamo dire, insieme all'apostolo Pietro, che cita il Salmo 117,22: «Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo» (At 4,11).

 

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