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TESTO Commento su 1Re 3,7-9

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Sabato della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (07/02/2004)

Brano biblico: 1Re 3,7-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

Salomone disse: "Signore mio Dio, io sono un ragazzo; non so come regolarmi. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e distinguere il bene dal male".

Come vivere questa parola?

La letteratura dell'Antico Oriente raccoglie un florilegio di preghiere che i re appena eletti solitamente elevavano a Dio per chiedere lunga vita, ricchezza e vittoria contro i nemici. Salomone, succeduto a Davide nel governo d'Israele, cosciente della sua responsabilità verso i sudditi e della sua totale dipendenza da Jahvè, si stacca da questo filone di tornaconto e gloria personali e interpellato da Dio in sogno, chiede per sé, in funzione del suo ruolo, la saggezza nel governare, ossia un cuore docile che sappia rendere giustizia al popolo e distinguere il bene dal male.

"Un cuore docile": il Testo Mesoretico precisa: 'in ascolto', ossia capace di discernere con oculata intelligenza la volontà di Dio per viverla e manifestarla rettamente. La gratuità della richiesta di Salomone, scevra da ogni interesse, attira su di sé la compiacenza di Dio che gli concederà non solo il dono di una sapienza straordinaria ma anche prestigio e ricchezza "come nessun re ebbe mai".

Come Salomone anche noi spesso "non sappiamo come regolarci", annaspiamo a fatica sotto il peso di responsabilità che ci superano. Eppure se ci concediamo docili all'azione di Dio accettando d'essere fragili come "ragazzi" e ci consegniamo a Lui umilmente come "servi", fuggendo ogni sterile impennata dell'orgoglio ferito, anche su di noi si stenderà la compiacenza di Dio e via via scopriremo di essere adombrati da uno "spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico, stabile, sicuro, senz'affanni, onnipotente e onniveggente" (Sap 7,22). Avremo così preso come sposa la sapienza, innamorati della sua infinita bellezza!

Oggi nella mia pausa contemplativa mi lascerò penetrare dallo Spirito di Dio e chiederò a Lui con fiducia il dono della sapienza "perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia cosa gli è gradito" (cfr. Sap 9,10). Farò mia la preghiera di Suor Elisabetta della Trinità:

"Non è al di fuori che devo cercarti per aderire a Te... Al centro del mio cuore non ho che da nascondermi per perdermi per sempre...in Te".

La voce di una contemplativa del nostro tempo

Tu sei, Signore, lo Sposo di fuoco e di sole, nel cui cuore io, che "non-sono", comincio ad "essere". Quando in te mi abbandono, in te che mi ami immensamente per primo, anche il mio freddo vivere diventa fuoco e vita e i giorni una fiamma del Signore. Mi consegno tutto a te. Sposami o Signore!

 

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