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TESTO Fissiamo il Volto di Cristo!

don Lucio D'Abbraccio  

V Domenica di Quaresima (Anno B) (17/03/2024)

Vangelo: Gv 12,20-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. 27Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! 28Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».

29La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». 33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Nell'odierna pagina del Vangelo, san Giovanni riferisce un episodio avvenuto nell'ultima fase della vita pubblica di Cristo, nell'imminenza ormai della Pasqua ebraica, che sarà la sua Pasqua di morte e risurrezione. Mentre si trovava a Gerusalemme - narra l'Evangelista - alcuni greci, proseliti del giudaismo, incuriositi ed attratti da quanto Egli andava compiendo, si avvicinarono a Filippo, uno dei Dodici che aveva un nome greco e proveniva dalla Galilea e gli dissero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo chiamò a sua volta Andrea, uno dei primi apostoli molto vicino al Signore, anch'egli con un nome greco, ed entrambi «andarono a dirlo a Gesù».

Nella richiesta di questi anonimi greci possiamo leggere la sete che è nel cuore di ogni uomo di vedere e di conoscere Cristo; e la risposta di Gesù ci orienta al mistero della Pasqua, manifestazione gloriosa della sua missione salvifica. «È venuta l'ora - Egli rispose - che il Figlio dell'uomo sia glorificato». Sì! Sta per giungere l'ora della glorificazione del Figlio dell'uomo, ma questo comporterà il passaggio doloroso attraverso la passione e la morte in croce. Solo così infatti si realizzerà il piano divino della salvezza che è per tutti, giudei e pagani. Tutti sono infatti invitati a far parte dell'unico popolo della nuova e definitiva alleanza. In questa luce, comprendiamo anche la solenne proclamazione con cui si chiude il brano evangelico: «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me», come pure il commento dell'Evangelista: «Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire».

Molto opportunamente la liturgia ci fa meditare questo testo del Vangelo di Giovanni nell'odierna quinta domenica di Quaresima, mentre si avvicinano i giorni della Passione del Signore, nella quale ci immergeremo spiritualmente a partire da domenica prossima, detta appunto domenica delle Palme e della Passione del Signore. È come se la Chiesa ci stimolasse a condividere lo stato d'animo di Gesù, volendoci preparare a rivivere il mistero della sua crocifissione, morte e risurrezione non come spettatori estranei, bensì come protagonisti insieme con Lui, coinvolti nel suo mistero di croce e di risurrezione.

Parlando della sua prossima morte gloriosa, egli utilizza una semplice e insieme suggestiva immagine: «Se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». Paragona se stesso a un «chicco di grano disfatto, per portare a tutti molto frutto», secondo una efficace espressione di sant'Atanasio; e solo mediante la morte, la croce, Cristo porta molto frutto per tutti i secoli. Non bastava infatti che il Figlio di Dio si fosse incarnato. Per portare a compimento il piano divino della salvezza universale, occorreva che Egli venisse ucciso e sepolto: solo così tutta la realtà umana sarebbe stata accettata e, mediante la sua morte e risurrezione, si sarebbe reso manifesto il trionfo della Vita, il trionfo dell'Amore; si sarebbe dimostrato che l'amore è più forte della morte.

Tuttavia, l'uomo Gesù - che era un vero uomo con i nostri stessi sentimenti - avvertiva il peso della prova e la tristezza amara per la tragica fine che lo attendeva. «Adesso - Egli confessa - l'anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora?». Cogliamo in questa sua accorata invocazione un anticipo della struggente preghiera del Getsemani, quando, sperimentando il dramma della solitudine e della paura, implorerà il Padre di allontanare da Lui il calice della passione. Allo stesso tempo, però, non viene meno la sua filiale adesione al disegno divino, perché proprio per questo sa di essere giunto a quest'ora, e con fiducia prega: «Padre, glorifica il tuo nome». Con questo vuol dire: “Accetto la croce” - nella quale si glorifica il nome di Dio, cioè la grandezza del suo amore. Anche qui Gesù anticipa le parole del Monte degli Ulivi: «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta». Egli trasforma la sua volontà umana e la identifica con quella di Dio. Questo è il grande evento del Monte degli Ulivi, il percorso che dovrebbe realizzarsi fondamentalmente in ogni nostra preghiera: trasformare, lasciare che la grazia trasformi la nostra volontà egoistica e la apra ad uniformarsi alla volontà divina.

Questo è il cammino esigente della croce che Gesù indica a tutti i suoi discepoli. Più volte ha detto: «Se uno mi vuole servire, mi segua». Non c'è alternativa per il cristiano, che voglia realizzare la propria vocazione. È la «legge» della Croce descritta con l'immagine del chicco di grano che muore per germinare a nuova vita; è la «logica» della Croce richiamata anche nel Vangelo odierno: «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna». “Odiare” la propria vita significa amare il prossimo, mettersi al servizio dei fratelli, aspirare ogni giorno alla vita eterna, seguire Cristo facendo sempre, come ha fatto Lui, la volontà del Padre suo e Padre nostro che è nei cieli. L'infinito amore di Cristo che brilla nel suo Volto risplenda in ogni nostro atteggiamento, e diventi la nostra “quotidianità”. Come esortava sant'Agostino in una omelia pasquale, «Cristo ha patito; moriamo al peccato. Cristo è risuscitato; viviamo per Dio. Cristo è passato da questo mondo al Padre; non si attacchi qui il nostro cuore, ma lo segua nelle cose di lassù. Il nostro capo fu appeso sul legno; crocifiggiamo la concupiscienza della carne. Giacque nel sepolcro; sepolti con Lui dimentichiamo le cose passate. Siede in cielo; trasferiamo i nostri desideri alle cose supreme» (S. Agostino, Discorso 229/D,1).

Ebbene, manteniamo fissi il cuore e la mente sul Volto di Cristo: quel Volto che «alcuni greci», di cui parla il Vangelo, desideravano vedere; quel Volto che nei prossimi giorni della Passione contempleremo sfigurato a causa dei peccati, dell'indifferenza e dell'ingratitudine degli uomini; quel Volto radioso di luce e sfolgorante di gloria, che brillerà nell'alba del giorno di Pasqua. Lasciamoci coinvolgere dal fascino di Cristo! Fissando, con gli occhi della fede il suo Volto, chiediamogli: «Gesù, cosa vuoi che io faccia con Te e per Te?». Guidati dal suo Spirito, assecondiamo il disegno che Egli ha su di noi.

Invochiamo la materna intercessione di Maria, perché la nostra esistenza diventi un riflesso di quella di Cristo. Preghiamo perché quanti ci incontrano percepiscano sempre nei nostri gesti e nelle nostre parole la pacificante e consolatrice bontà del suo Volto. Amen!

 

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