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TESTO Cercare la Parola come Nicodemo

padre Gian Franco Scarpitta  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno B) (10/03/2024)

Vangelo: Gv 3,14-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Domenica del Gaudete che, come dice qualche commentatore, sembra tuttavia incentrarsi sui moniti e suoi rimproveri verso le infedeltà al Signore. Nei testi si esorta alla conversione e al ravvedimento, ma nell'ascolto attento della Parola si può anche avere un barlume di speranza e una promessa di salvezza. Tutto sta a mettersi in ascolto della Parola di Dio.

Un Padre Minimo del 1600, P. Avrillon, in un suo commento sulla Quaresima descriveva che le persone che reagiscono alla Parola che Dio comunica possono essere di differenti categorie: “Osservate che anche fra i cristiani vi sono coloro che ad essa (alla Parola) sono refrattari o che rifiutano di ascoltarla e questi sono i libertini e i riprovati. Ci sono poi coloro che l'ascoltano, ma non ne restano toccati. Altri l'ascoltano, ne restano toccati, ma non ne traggono profitto. Altri ancora l'ascoltano, se ne restano colpiti ne traggono profitto, ma non perseverano nella pratica del bene che essa fa pregustare. In quale posizione di queste vi collocate?”

Di fronte alla Parola, che Dio comunica con abbondanza dando tutte le possibilità perché venga recepita e messa in pratica, l'ideale è quello dell'uomo che ne ascolta l'annuncio, nel trae molto vantaggio e illuminazione e si protende quindi a metterla in pratica con perseveranza, senza arrendersi nel fare il male. E' questo l'ideale di vita cristiana, che si auspica che riguardi la personale disposizione di coloro che si pongono al reale seguito di Gesù per la conquista del Regno; a chi persevera nel bene, Dio concede anche la forza per sostenere la lotta con costanza.

Refrattarietà, indifferenza e chiusura inderogabile sono però possibilità che la Parola potrebbe incontrare e di fatto hanno avuto luogo in coloro che non hanno accolto la Parola fatta carne che è Gesù preferendo camminare nelle tenebre piuttosto che nella luce; come pure è anche possibile che per debolezza non si perseveri o che al cospetto della Parola la si voglia concepire con superficialità, ossia come parola di uomini e non come Parola di Dio. Questo è il caso di coloro che l'ascoltano e non ne vengono toccati. Un pericolo dal quale anche Paolo indirettamente mette tutti in guardia (1Ts 2, 13). Come pure vi è chi non si impegna con solerzia e carità a far fruttificare la Parola, rendendo vano così l'amore di Dio nei loro confronti e nei confronti di coloro ai quali sono rivolti gli effetti benefici di questa Parola. Non disporsi a far fruttificare per gli altri la Parola divina per mezzo della carità e del servizio equivale a rendere sterile ciò che Dio ha invece donato come fruttuoso e promettente in sé, quindi in una parola a fare una sorta di sacrilegio.

In tutti i modi e indipendentemente dalle categorie in cui possiamo trovarci, una cosa è certa: la Parola di Dio è sempre essa stessa efficace e il suo Fautore non si stanca di disseminarla e di porre tutte le condizioni per cui i suoi destinatari si dispongano a trarne profitto e a metterla in pratica, anche quando essi si atteggino in senso opposto. Come nel caso descritto dal libro delle Cronache (I lettura), dove si descrive l'intervento punitivo del Signore nei confronti del popolo che è stato prima refrattario all'ascolto dei profeti, osteggiando e sbeffeggiando questi con insolenza e refrattarietà. Dio ha lasciato che il popolo di Giuda fosse oppresso dall'esilio in Babilonia per la sua mancata disposizione verso la Parola; ma al termine di questa triste esperienza offre uno spiraglio di speranza, promettendo la fine della prigionia e il rientro in Patria. La Parola stessa che ha punito, diventa protagonista della speranza, poi del sollievo e poi della gioia.

. Nicodemo invece la Parola l'aveva già ascoltata più volte e l'aveva anche custodita con premura, considerando l'uomo illustre, facoltoso, altolocato in società e onusto di esperienza che era sempre stato. Ma a differenza dei suoi colleghi, cercava probabilmente un orientamento che lo consolasse e lo fortificasse e che gli desse una direzione di vita soddisfacente, in modo che questa Parola potesse recare frutto davvero per se stesso e per coloro che incontrava. In sintesi, voleva trovare la Parola definitiva di vita, la modalità per praticarla con perseveranza per trovare quella completezza, soddisfazione e realizzazione che aveva sempre desiderato, senza mai venirne a capo.. Adesso ha riconosciuto in Gesù il Maestro, la stessa Parola fatta carne che si rivolge agli uomini con schiettezza e sincerità per indicare la direzione giusta che cerca. La Parola viene infatti identificata con il Verbo divino Gesù Cristo che si è fatto carne (Gv 1, 14).

Per risolvere il quesito su noi stessi e sul nostro rapporto con la Parola, dovremmo guardare a questo dialogo notturno fra il cultore della Legge ebraica e la Parola divina rivelata. Osservarlo e lasciarci ispirare.

Gesù gli indica di rinascere dall'alto, cioè di lasciarsi affascinare dallo Spirito che lo guiderà alla verità tutta intera e non soltanto al fissismo tassativo delle leggi ebraiche a cui è sempre stato abituato. Lo Spirito lo guiderà e lo condurrà verso una dimensione di vita piena e di libertà, paragonabile a quella del vento inquieto, radicandolo nell'amore, unico requisito per vivere in pienezza la Legge. Lo renderà così uomo “nuovo”, rinato a redenzione e a salvezza definitiva. Lo Spirito medesimo lo condurrà alla verità, alla salvezza e alla vita facendolo associare a Gesù che è egli stesso via, verità e vita (Gv 14, 6).

E a salvarci è il Cristo destinato alla sottomissione, al disprezzo e alla croce; la Parola disattesa e rifiutata dai colleghi sapienti di Nicodemo, ma che verrà successivamente innalzata in seguito alla fuoriuscita dal sepolcro. La morte di Cristo sarà per noi la rinascita, la resurrezione sarà la vita.

In Cristo crocifisso e risorto possiamo sempre vivere da persone libere e rinnovate, nella costante pratica dell''amore e della giustizia, essendo appunto d'ora in poi l'amore l'unico carattere normativo di ogni legge scritta.

Gesù Cristo oltre che Parola è anche la luce. Vivere di lui e radicarsi nell'amore vuol dire vivere sa figli della luce e di questa essere un riflesso continuo per coloro che incontriamo sul nostro cammino. Mentre altri preferiscono ostinarsi restando avvinti dalle tenebre dell'errore e del peccato, noi decidiamo di camminare sempre su questa luce, poiché rinveniamo che in Gesù è davvero possibile. Per suo mezzo e sul suo esempio è possibile infatti accogliere, custodire e praticare con perseveranza quella Parola divina che salva.

 

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