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TESTO La notte volgerà ad aurora

don Michele Cerutti

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno B) (10/03/2024)

Vangelo: Gv 3,14-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,14-21

14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Nella notte Nicodemo si avvicina a Gesù e sceglie le ore notturne per interrogarlo perché è fariseo e ha paura di essere visto mentre interpella il discutibile rabbi.
Egli rappresenta tutti i cercatori di Dio. Quell'incontro lo porterà a iniziare un cammino infatti la sua figura la ritroveremo mentre timidamente cercherà di difendere il Maestro dagli attacchi di chi lo vuole condannare a morte, ma verrà rimproverato dai suoi e poi lo rivedremo ancora nell'aiutare Giuseppe d'Arimatea a deporre il corpo del Signore. Non sapremo come prosegue il cammino dopo il Sabato santo, ma sappiamo che quella notte rappresenta un punto di partenza.
Di quell'incontro notturno leggiamo uno stralcio e Nicodemo viene invitato da Gesù a guardare la Croce dove Dio stesso si dona.
Allora quell'oscurità terminerà con un'aurora.
Anche noi siamo rimandati a contemplare il grande mistero di coLui che si erge sulla Croce per comprendere le nostre notti.
Siamo chiamati a misurarci nella dimensione del limite contro il delirio di onnipotenza che da sempre pervade l'uomo.
Davanti alla potenza della Croce riusciamo non solo a illuminare la nostra notte, ma riusciamo anche a comprendere le Croci degli uomini e delle donne vicino a noi.
Davanti a questo strumento di morte su cui è appeso il Re del mondo dobbiamo ricordarci che siamo chiamati a non porre ingiustizie su ingiustizie, violenza su violenza.
Mi ha colpito qualche settimana fa un giornalista non cattolico, soprannominato il Pif, che alla sera sulla Rai propone degli spezzoni di inchiesta su diverse tematiche.
Una sera affrontando il tema dei migranti a Trieste, che diventa la porta per l'Europa ha utilizzato parole che mi hanno messo a nudo.
«È una fortuna per un cristiano recarsi a Trieste, nei silos dove vivono i richiedenti asilo provenienti dalla rotta balcanica. Lì il credente può incontrare Cristo, ma anche chi è agnostico come me. Oggi io prego combattendo perché quei silos chiudano e si tutelino queste persone»
Queste persone dormono nei silos, magazzini molto belli, asburgici, ma abbandonati. Accanto alla stazione, accanto alla nostra vita. Vivono in condizioni, in una situazione... da farmi diventare credente, perché dico sempre che un italiano lì non farebbe entrare neanche il suo cane. C'è fango, ci sono i topi, quando piove fuori un giorno lì le gocce cadono per tre giorni, si dorme nelle tende e per terra. Faccio una provocazione: è una fortuna per un cristiano una situazione del genere, perché ti dà l'occasione di toccare con mano Cristo! Ti dice guardami, sono qua! Lì tutti gli insegnamenti delle suore, l'educazione dei salesiani ha avuto un senso.
Sì, noi abbiamo l'immagine di Cristo che ci conforta, che ci rassicura. Penso a quello di Zeffirelli, occhi azzurri, ci piace, ci conforta. La nostra fede non è quella, ma consiste nell'amare chi è completamente diverso, anche fisicamente. Noi, in verità, abbiamo paura soltanto del diverso povero, perché quando l'arabo è ricco non abbiamo paura”.
Ecco la Croce non è zucchero, non è melassa assolutamente come possiamo capire dal Pif.
Quante volte il cristiano ha cercato di parlare della sofferenza togliendo la Croce penso all'eresia doceta per cui Dio in quel caso avrebbe preso forma umana senza essere uomo veramente perché un Dio che è maltrattato, abbandonato dai suoi, inchiodato e per lo più che muore non si può accettare.
Facendo questo voltiamo le spalle al dolore del mondo e rischiamo di negare la realtà.
Gesù non è un Buddha è un crocifisso che non scappa assolutamente e vive nella certezza che il Padre non lo abbandona.
Questa fiducia diventa l'altra faccia della Croce perché nasce la speranza e la possibilità della Risurrezione.
La notte nostra e dell'umanità diventa aurora di un nuovo giorno.

 

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