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TESTO Domenica di Abramo, domenica della libertà

don Angelo Casati  

III domenica di Quaresima (Anno B) (03/03/2024)

Vangelo: Gv 8,31-59 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». 34Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. 36Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. 38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». 39Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. 40Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. 41Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». 42Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. 43Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. 44Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. 45A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. 46Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? 47Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio».

48Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». 49Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. 50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». 52Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. 53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 54Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, 55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. 56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». 57Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». 59Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

La terza domenica di quaresima ha preso il nome di domenica di Abramo: "Ricordati di Abramo". A chi lo diciamo: "Ricordati di Abramo"? E' sconcertante, ma bellissimo: pensate, l'invito pressante, appassionato, a ricordarsi di Abramo, Mosè lo rivolge a Dio, tentato di tirarsi fuori dalla storia di quel suo popolo, che alle falde del monte si è fatto, di un vitello di metallo fuso, un idolo. Pensate a noi che popoliamo la terra di idoli! Ebbene Mosè cerca di ottenere pietà per il suo popolo invitando Dio a ricordarsi di Abramo e, con lui, di Isacco e Giacobbe: "Desisti dall'ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo.

Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: "Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo". Anche noi questa mattina a pregare Dio: "Ricordati di Abramo, hai promesso stelle". Vorrei aggiungere che l'invito "Ricordati di Abramo", viene anche a noi che oggi leggiamo il brano di Giovanni, che racconta uno scontro duro tra Gesù e Giudei nel tempio, là dove si sventola a non finire, come una appartenenza, il nome di Abramo, rivendicandone ostentatamente la paternità. Ci si autodefinisce "figli di Abramo", e non ci si ricorda di Abramo, di chi fosse Abramo: si fa il contrario di Abramo. Già il contesto racconta distanze stellari. Con Abramo siamo nella leggerezza stupenda di una tenda, la mobilità; qui siano nella pesantezza inquietante di un tempio, la rigidità. Con Abramo siamo nel mondo dei nomadi, lui nomade che va instancabile dietro una promessa di una discendenza che tarda a venire; qui con i giudei - e potremmo essere noi oggi - siamo nel mondo dei sedentari, quelli che hanno la triste magia di codificare l'incodificabile e chiudono gli occhi al nuovo, che si affaccia dal cielo e abita gli occhi del Rabbì di Nazaret.

Con Abramo i giorni dell'inclusione - lui invita gli sconosciuti nella tenda -; qui, nel tempio, i giorni dell'esclusione - fuori! -: "Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio". Aveva detto loro: "Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio". E qual è la verità udita da Dio? Ricorre insistentemente nel nostro brano: è la libertà. Questa è la domenica di Abramo, ma potremmo chiamarla anche la domenica della libertà, libertà dalle mille schiavitù. Sentite: "Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". Come a dire che la controprova che noi dimoriamo nella parola di Gesù, che siamo suoi discepoli, sta nel fatto che siamo donne e uomini liberi. E rivendichiamo questa libertà - di pensare, di manifestare, di scegliere - per noi e per tutti.

Non sempre - lasciatemelo dire - abbiamo dato spazio nel nostro insegnamento a questa stretta, inestricabile cucitura tra parola di Dio, vangelo e libertà. La libertà, cui San Giacomo nella sua lettera dà nome di legge perfetta, scrivendo: "Chi fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla" (Gc 1,25). Ma ora, a proposito di libertà, vorrei mettere a silenzio le mie parole e parlarvi di un mio amico, prete, morto a 96 anni, cinque anni fa, don Giovanni Barbareschi. Lui la cucitura tra fede e libertà l'ha insegnata, ma soprattutto l'ha onorata con la sua vita. Una vita per la libertà sua e degli altri. Pensate, a ventidue anni celebra la sua prima messa il 15 agosto 1944; la notte stessa viene arrestato dalle SS, mentre si sta preparando per accompagnare in Svizzera degli ebrei fuggitivi. Resta in prigione fino a quando il cardinale non ne ottiene la liberazione e, quando in seguito si presenta a lui, il cardinale si inginocchia e gli dice: "Così la Chiesa primitiva onorava i suoi martiri".

Qualche anno prima di morire in un suo incontro-testimonianza disse: "Mi sono innamorato della libertà: è stata la parola di Dio a me, il volto che Dio mi ha rivelato. Mi sono convinto che la distinzione tra uomini atei e uomini credenti è una distinzione culturale. La terminologia più universale e umana è quella che troviamo nella Bibbia: uomo schiavo o uomo libero. Ho raggiunto la certezza che il primo atto di fede che l'essere umano deve compiere non è in Dio, ma è nella sua libertà, nella sua capacità di diventare una persona libera. Continuando il discorso delle Beatitudini non avrei paura ad affermare: "Beato colui che sa resistere", anche se il resistere oggi è più difficile perché non siamo di fronte a mitra puntati, ma siamo coinvolti in un clima di subdola persuasione, di fascinosa imposizione mediatica, che è come una mano rivestita di un guanto di velluto, ma che ugualmente tende a toglierti la libertà. Questo invito a una resistenza è rivolto a voi giovani, è rivolto a ogni uomo che crede possibile e vuole diventare un uomo libero, senza trovare nelle difficili situazioni esterne il rifugio o la scusa alla propria pigrizia".

Dirà ancora: "Sono profondamente convinto che quando un uomo o un popolo intero cerca la sua libertà, personale, politica, religiosa... che lo sappia o no, quella persona, quel popolo cerca Dio". La verità vi farà liberi.

 

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