TESTO Il tempio e l' incontro
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
III Domenica di Quaresima (Anno B) (03/03/2024)
Vangelo: Gv 2,13-25
13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.
18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Sebbene non lo meriti a motivo delle sue continue infedeltà e della persistenza rinnovata nel peccato e nella dispersione, Dio non si stanca di instaurare con l'uomo una relazione di amicizia e di comunione, che anche nei Comandamenti ha la sua espressione. Nell'alleanza stipulata sul Monte Sinai, quando Dio consegna le tavole della Legge, si concentra un incontro e non un'imposizione o una vessazione divina da predominio. Dio cioè incontra l'uomo, realizza il dialogo e in esso tende a guadagnare la sua fiducia; quindi fornisce dei coefficienti e delle condizioni per cui questo incontro non si esaurisca in un determinato evento iniziale, ma abbia le sue ripercussioni per sempre. I Comandamenti sono infatti una modalità concreta con cui Dio realizza il dialogo, facendo in modo che questo, nella varietà delle disposizioni e dei moniti, possa trovare nell'uomo possibilità di concreta accoglienza e di sviluppo nella concretezza del quotidiano.
Nei Comandamenti, che in realtà non sono esattamente dieci ma riguardano un intero Codice di oltre 600 norme e disposizioni per tutto Israele, si trovano orientamenti concreti di vita nei quali Dio dimostra la sua inequivocabile presenza di supporto su tutto; l'uomo trova in essi canali di comunicazione con lui e con il suo prossimo nei vari ambiti della vita individuale, sociale, professionale. Obbedire ai Comandamenti di Dio vuol dire non solamente non offendere lui, ma anche realizzare se stessi, salvaguardarsi, edificarsi e accrescere sani criteri di edificazione nei rapporti con gli altri, contribuendo al progresso del mondo e dell'umanità stessa.
Non dei moniti o delle imposizioni divine, ma degli orientamenti e aiuti appropriati di vita. E del resto non è Dio ad aver necessità di essere alleato dell'uomo, quanto piuttosto l'uomo non può fare a meno che Dio gli sia alleato e amico. Giovanni attesterà che i Comandamenti scaturiscono solo dall'amore e dalla misericordia di Dio e dalla volontà predetta di incontro e di comunione con l'uomo: “Perché questo è l'amore di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.”(1Gv 5, 3). In Gesù il “comandamento” è indispensabile per persistere nella comunione con lui e fra di noi: “Sarete miei amici se farete ciò che io vi comando; non vi chiamo più servi, ma amici... (Gv 15, 14 - 15). Il monito però deriva dal fatto che egli stesso ha obbedito ai Comandamenti del Padre suo, sottomettendosi anche agli uomini per suo amore e nell'amore fra lui e il Padre ha voluto coinvolgere anche noi (Gv 15, 10 - 12).
Comandamento estremo, compendioso di tutta la legge e garanzia di salvezza definitiva, è quello dell'amore, che Gesù impartisce ai suoi discepoli in prossimità della sua autoconsegna alla passione per la morte in riscatto di tutti: “Vi do' un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”. Lo lascia ai suoi non prima di averlo vissuto in prima persona nel vincolo dell'unità con il Padre e non prima di esserne stato egli stesso maestro agli stessi discepoli chinandosi a lavare i loro piedi per attestare che anche ogni autorità e ogni posizione apicale si deve incentrare appunto sull'amore e che chi è al di sopra degli altri è preposto al servizio piuttosto che al predominio. Paolo poi ammonirà che tutte le prescrizioni divine hanno nell'amore di Dio per noi la loro ragion d'essere e sempre l'amore è il monito fondamentale che li compendia: “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole, perché chi ama il suo simile ha adempiuto tutta la Legge. Infatti il precetto Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa' nessun male al prossimo: pieno compimento della Legge è l'amore”(Rm 13, 8 - 10). Chi ama senza riserve senza risparmiarsi in dubbiamente obbedisce a tutti i Comandamenti e alla legge di Dio e del resto già Aristotele diceva che “se prevalesse l'amore, tutte le leggi sarebbero superflue.”
Sempre in forza di questo amore, Gesù, entrato nel tempio di Gerusalemme, supremo crocevia della spiritualità del popolo d'Israele nonché edificio monumentale di grande vanto dello stesso popolo, procuratasi una frusta di cordicelle, non risparmia feroci riprovazioni e grida ai venditori che dissacrano il tempo per curare i propri interessi affaristici: non che sia impropria la vendita di capi di bestiame e altro all'ingresso del tempio, dopotutto si tratta di animali da destinarsi ai sacrifici e alle pratiche cultuali che la gente può comodamente acquistare entrando in quel sontuoso luogo di culto. Riprovevole e indegno è quello che noi oggi chiameremmo il business che si pratica dietro a questa attività, il profitto che non pochi rivenditori e cambiavalute traggono dalle opere destinate al culto in un luogo destinato alla preghiera e all'ascolto della Legge. D'altra parte è risaputo che non pochi esercizi commerciali nei tempi antichi si svolgevano con procedure disoneste, atte a derubare i malcapitati clienti.
Gesù rivendica invece il primato della Parola, la superiorità di Dio Padre sulle assurde pretese degli uomini, la rettitudine e la giustizia che deve prevalere sugli interessi personali e sugli egoistici vantaggi e per questo “caccia tutti fuori dal tempio”. Non si può piegare Dio e il suo culto ai nostri egoistici affari e anche al giorno d'oggi dovremmo sgombrare lo spirito dall'effimero e dal perverso della materia che lo caratterizza anche a proposito di culto,, di religione e di spiritualità. Nei nostri rapporti con il Signore, chi di noi, infatti, non ha mai considerato anche i propri vantaggi e le proprie volontà? Chi, almeno una volta non ha ragionato da “mercante” di fronte alla chiamata divina ad uno specifico vocazionale o semplicemente in un itinerario di spiritualità e di fede? Chi mai non ha calcolato gli utili che ne sarebbero derivati? Certo, quelli ci saranno corrisposti, ma non senza il primario proposito di apertura libera, incondizionata e spontanea a Dio che si incentri sulla logica dell'amore e della rettitudine.
Siamo invitati piuttosto a realizzare l'incontro con Dio nella presenza di Grsù suo Figlio che ne è il tramite nello Spirito Santo. In Cristo nostro fratello familiarizziamo tutti fra di noi e con Dio, che consideriamo Padre e noi suoi figli. E appunto l'incontro e non la sottomissione è ciò che siamo chiamati a vivere nella persona del Figlio di Dio che è anche il nostro luogo universale di culto.
A differenza degli altri evangelisti, infatti, Giovanni si sofferma su un particolare di tutta la vicenda nel tempio: Gesù annuncia che d'ora in poi non sarà più Gerusalemme il luogo in cui si dovrà adorare il Dio d'Israele. Non un tempio opera di mani d'uomo, ma lo stesso Cristo, nel suo corpo reale, sarà il vero luogo di culto universale al quale convergeranno tutti i popoli. E' Gesù il nuovo tempio che loro distruggeranno e che lui riedificherà con la resurrezione da morte. Avrebbero dovuto comprenderlo scribi e farisei che invece avanzeranno successivamente anche l'accusa di terrorismo e di sedizione quale pretesto che Gesù sia reo di morte. Avrebbero dovuto comprendere anche che l'osservanza delle 613 prescrizioni sopraricordate non doveva essere più formale e distaccata, ma motivarsi sullo spirito della libertà e della consapevolezza che scaturiscono dall'amore. Ei in Gesù l'amore di Dio assume i connotati di concretezza nella gioia di un incontro che cambia radicalmente la vita.