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TESTO Il cristianesimo non si insegna, si annuncia.

don Alberto Brignoli  

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (04/02/2024)

Vangelo: Mc 1,29-39 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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29E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

35Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». 38Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Per comprendere bene il brano di vangelo di questa domenica, occorre fare un passo indietro e ricollegarsi al Vangelo di domenica scorsa, quello in cui Gesù, insegnando nella sinagoga, guarisce un uomo posseduto da uno spirito impuro. È sabato, quindi Gesù, guarendo quell'uomo, infrange la Legge di Mosè che impediva di effettuare guarigioni in giorno di sabato: per di più, all'interno di una sinagoga, il luogo dove maggiormente si conserva la tradizione, custodita e trasmessa dagli scribi nei loro insegnamenti. Proprio confrontandolo con gli scribi, la gente definisce Gesù come “uno che insegna con autorità”, uno che propone “un insegnamento nuovo”. Sicuramente, Gesù sente che l'ambiente della sinagoga inizia a stargli stretto perché a lui ostile (e l'uomo dallo spirito impuro altro non è se non il segno di questa ostilità), e allora - e veniamo al vangelo di oggi - esce dalla sinagoga e inizia la sua missione fuori da quell'ambito, fuori dall'ambito della tradizione: non se la sente più di “insegnare” nella sinagoga, per cui cerca un altro pulpito dove possa proclamare il suo messaggio “nuovo” con serenità. E il pulpito da cui lanciare il suo messaggio nuovo è davvero molto particolare: è la casa di Simon Pietro, che diventa importante non tanto per essere la casa a cui Gesù spesso si appoggerà durante la sua predicazione in Galilea, quanto perché da quel pulpito Gesù proclama il messaggio nuovo, quello della misericordia e della cura nei confronti dei malati.

Con la guarigione della suocera di Pietro (il primo miracolo narrato da Marco, dopo la cacciata dello spirito impuro dall'indemoniato della sinagoga), Gesù passa dalla cura degli spiriti impuri alla cura dei corpi impuri: non dobbiamo dimenticare che per la mentalità giudaica dell'epoca, la malattia fisica era il segnale, la punta dell'iceberg di un male morale, del peccato. Avere a che fare con un malato, soprattutto toccarlo fisicamente, trasmetteva questo male morale (e a volte anche il male fisico, se era una malattia contagiosa), per cui bisognava guardarsi bene dallo stare a contatto con un malato, per non rischiare di diventare peccatori a propria volta. Ebbene, nel suo modo di fare “nuovo”, Gesù fa proprio questo: si avvicina alla suocera di Pietro e la risolleva “prendendola per mano”, e quindi lui stesso rimane impuro, secondo la Legge di Mosè, e per di più fa questo in giorno di sabato, infrangendo di nuovo la Legge.

Ma è proprio questa la novità di Gesù: di fronte alla sofferenza e alle miserie umane, non c'è Legge che tenga, o per dirla meglio, l'unica legge che prevale è quella dell'amore e della misericordia. E questo messaggio nuovo di Gesù trasforma veramente la vita delle persone, perché della suocera di Pietro si dice che una volta guarita si mise a servire Gesù e i discepoli. Facendo caso a un particolare, ovvero che il verbo “li serviva” è lo stesso che Marco usa qualche versetto prima, quando Gesù, vinte le tentazioni del demonio nel deserto, è avvicinato dagli angeli che “lo servivano”, possiamo comprendere come questo gesto del servizio significhi due cose: la prima, è che chiunque riceve un servizio di cura e di attenzione, di prossimità e di misericordia, diviene lui stesso servo dell'umanità; e la seconda, molto più suggestiva, che questo verbo usato poco prima per gli angeli, ora viene usato per descrivere i gesti di servizio di una donna, e Marco lo utilizzerà solo un'altra volta, al termine del Vangelo, quando parlerà delle donne che lo avevano servito fin dalla Galilea e che, uniche rispetto a tutti gli altri discepoli codardi, si trovavano sotto la croce di Gesù. Quasi a dire che nella comunità dei credenti non c'è servizio simile, in grandezza, a quello delle donne, e che un servizio come il loro è paragonabile solo a quello degli angeli: detto in questa maniera, nel contesto a dir poco maschilista della cultura di allora, altro che sconvolgente novità!

Certo, questo messaggio, questo atteggiamento nuovo inaugurato da Gesù ha bisogno di tempo per essere assimilato e compreso dalle folle, le quali sono ancora soggette al peso della tradizione e della Legge; prova ne è il fatto che solamente “dopo il tramonto del sole”, ovvero terminato il riposo del sabato, “gli portavano tutti i malati e gli indemoniati”, e questo per evitare di incappare nella scomunica degli scribi per aver violato il riposo del sabato. Gesù ha pazienza nei confronti di questa folla assetata di salvezza, e si prende cura di tutti, malati nel corpo e nello spirito; contemporaneamente, però, vuole che anche le folle comprendano che devono fare un cammino.

Agli indemoniati, infatti, impedisce di dire apertamente a tutti che egli è il Messia; quando ha un momento di silenzio, nel buio delle prime ore del mattino, si prende una pausa dal contatto con la folla per ritrovare il contatto con il Padre nella preghiera; di fronte a Simon Pietro e ai discepoli che vanno a chiamarlo perché “tutti lo cercano”, egli risponde di voler andare altrove, perché il rischio di rimanere fisso in un luogo e creare una propria scuola di discepoli, chiusa ed elitaria, come facevano gli scribi e i rabbini, era troppo forte, e avrebbe impedito a Gesù di portare la novità del suo messaggio a tutti.

E il brano di oggi termina con l'ennesima novità: Marco ci dice che Gesù andò per tutta la Galilea, e che tornò nuovamente nelle loro sinagoghe (nelle quali non era certo gradito agli scribi), ma questa volta non ci va per “insegnare”, bensì per “predicare”. E non è un particolare di poco conto: insegnare e predicare, infatti, non sono la stessa cosa. “Insegnare” è il verbo che si usa per indicare un indottrinamento, ovvero il lavoro dell'insegnante che mette nel cuore e nella mente dell'alunno una serie di nozioni e di insegnamenti che egli è chiamato a imparare: e non dimentichiamo che “insegnanti” a quel tempo erano gli scribi che riempivano le orecchie, la mente e il cuore dei fedeli con gli insegnamenti e i precetti della Legge. Gesù, invece, nelle sinagoghe non insegnerà, bensì “predicherà”, ossia annuncerà il Vangelo, la buona notizia del Regno, la quale, oltre a essere composta da un solo precetto, quello dell'amore, è veramente qualcosa di nuovo perché alle parole di Gesù si accompagnano i gesti, i fatti, i prodigi, i miracoli, le guarigioni del corpo e dello spirito.

Perché per un cristiano, per chiunque si dice seguace di Cristo, non ci può essere annuncio della Parola senza attenzione all'umanità malata e ferita.

 

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