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TESTO Le sfide della nostra vocazione cristiana

diac. Vito Calella

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II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (14/01/2024)

Vangelo: Gv 1,35-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,35-42

35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

La Santissima Trinità, il Padre unito al Figlio nello Spirito Santo, «parla e chiama», prendendo l'iniziativa per primo di scegliere ciascuno di noi, come è avvenuto con il giovane Samuele (cfr 1Sm34.5.8.10); «passa», provocando un cambiamento nella sequela, come avvenne con Andrea e l'altro discepolo senza nome, quando Giovanni Battista indicò loro Gesù come «l'agnello di Dio» (cfr Gv 1,35-37); Egli «fa la sua dimora» in ciascuno di noi, nel «tempio» della nostra corporeità viva e libera, «per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato da Dio» (1Cor 6,19).

Quali sono le sfide della nostra vocazione cristiana, se vogliamo rispondere a questa azione divina, superando il pericolo di spendere la nostra vita solo al servizio del nostro egoismo e dei nostri progetti umani di autorealizzazione?

Il Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, «parla e chiama» personalmente

Mentre faccismo la traversata temporanea della vita in questo mondo, con tutte le nostre debolezze, soggetti a tante vulnerabilità e limiti, ad un certo punto del nostro pellegrinaggio scopriamo che ognuno di noi ha un valore immenso davanti al nostro Creatore, Redentore e Santificatore.

La prima parola pronunciata da Dio nostro Padre è il nostro proprio nome. Possiamo sostituire il nome «Samuele» con il nostro nome. Ognuno di noi non è un numero nella moltitudine dell'umanità! Il nostro nome risuona insistentemente! Io sono pensato e scelto personalmente da Dio Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, nonostante il mio egoismo e la mia difficoltà nel rispondere a questa chiamata.

La sfida dell'ascolto: «Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta» (1Sm 3,9b.18b)

La voce divina continua a parlare e a chiamare ciascuno di noi, ma richiede da parte nostra l'arte di saper ascoltare: “Imparare ad ascoltare” è una sfida più impegnativa oggi che ai tempi in cui visse il giudice-profeta Samuele. Il racconto della sua vocazione indica tre condizioni perché diventiamo persone disposte ad ascoltare Dio Padre, rendendoci conto che Egli ci parla e ci chiama, pronunciando personalmente il nostro nome e proponendo a ciascuno di noi una missione specifica in questo mondo.

La prima condizione è la scelta di valorizzare la preghiera, la partecipazione alla liturgia e il silenzio.

La nascita di Samuele fu un miracolo divino, poiché sua madre, Anna, era sterile e fu umiliata dalla seconda moglie di suo marito Elkana, chiamata Fenena, nell'antico sistema della poligamia. Nella sua angoscia, aveva promesso di consacrare suo figlio a Dio, se la volontà divina le avesse concesso il miracolo della maternità (cfr 1 Sam 1). E così fu. Samuele ebbe il privilegio di trascorrere la sua infanzia e giovinezza nel contesto religioso e liturgico del santuario di Silo, dove era custodita l'arca dell'alleanza.

Le pratiche della preghiera, della liturgia e del silenzio preparano a a vivere l'ascolto.

La seconda condizione è la grazia di avere una guida spirituale.

Per Samuele era il sacerdote Eli. Per Andrea e il discepolo senza nome la guida spirituale era il profeta Giovanni Battista, il precursore del Messia. Per ognuno di noi oggi, Elí e João Batista possono rappresentare quelle persone di fede e di preghiera che Dio pone sul cammino della nostra vita e che possiamo scegliere per avere una direzione spirituale per la nostra vita.

La terza condizione è la scoperta della fonte meravigliosa e inesauribile della Parola di Dio, che illumina i passi della nostra vita.

Il racconto biblico della vocazione di Samuele si conclude così: «Samuele cresceva e il Signore era con lui. E non lasciava cadere a terra nessuna delle sue parole» (1Sm 3,19).

Il Figlio, unito al Padre nello Spirito Santo, «passa», attirando seguaci, essendo additato da Giovanni Battista come «Agnello di Dio» (Gv 1,36), «Agnello di Dio che toglie il peccato della del mondo» (Gv 1,29).

Samuele non lasciò cadere a terra nessuna delle parole di Dio. Anche Giovanni Battista si nutrì della parola di Dio ed educò i suoi discepoli all'attesa del Messia, identificato nella figura del servo sofferente del profeta Isaia. Meditando e pregando il quarto canto del servo del Signore, tratto da Is 52,13-53,12, Giovanni Battista scoprì che il Messia atteso aveva la missione di liberare l'umanità dal peccato del mondo, facendo della sua vita una donazione gratuita, paragonata alle offerte di agnelli e buoi che si facevano nel tempio di Gerusalemme. Il Messia si sarebbe fatto servo sofferente di Dio Padre, facendosi offerta di se stesso”, con il proprio corpo e il proprio sangue, compiendo ciò che lo Spirito Santo aveva già ispirato per mezzo del profeta Isaia: «Maltrattato, egli si è umiliato e non apri la bocca; come un agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori, non aprì bocca» (Is 53,7).
La sfida di dimorare, perseverando con “l'Agnello”

È bello constatare che Andrea e quell'altro discepolo, senza nome (che potrebbe essere chiunque di noi), hanno smesso di essere seguaci di Giovanni Battista, perché, sentendo da lui che Gesù era l'Agnello di Dio, subito «lo seguirono» (Gv 1,37).

Gesù non chiede loro «Chi cercate?». Chiede loro «Cosa state cercando?».

Dietro la sua persona c'è il progetto di vita di collaborare alla realizzazione del Regno di Dio Padre nella storia dell'umanità. Questo progetto di vita richiede le seguenti scelte: l'opzione fondamentale dell'obbedienza alla volontà di Dio Padre; la gioia e la volontà di servire gli altri con umiltà; l'opzione preferenziale per i più poveri e gli esclusi; il distacco dalle ricchezze di questo mondo, soprattutto dal denaro; la pratica della misericordia, la purezza del cuore e la promozione della pace; la perseveranza nel donare fino alla fine, anche quando non c'è una ricompensa soddisfacente da parte degli altri.

Andrea e il discepolo senza nome risposero: «Maestro, dove abiti?» (Gv 1,38). Gesù disse:«Venite e vedete» (Gv 1,39a). L'evangelista Giovanni non dà l'indirizzo della casa dove Gesù soggiornava, non dice nulla di ciò che accadde in quella casa quel giorno. Rimanere nella casa con Gesù «fino alle quattro del pomeriggio» (Gv 1,39c) diventa una scena simbolica per dire che la «casa di Gesù» è il suo corpo messo completamente a disposizione del Padre per compiere la sua progetto di salvezza per l'intera umanità, Noi, seguaci di Gesù, identificati nel discepolo senza nome, vogliamo assumere tutto ciò che Gesù ha detto e fatto, e che è riassunto nei quattro vangeli.

Lo Spirito Santo, che unisce eternamente il Padre al Figlio, «dimora» in noi.»

Gesù è riuscito a realizzare il progetto di Dio Padre nella sua missione tra noi perché ha mantenuto salda fino alla fine la comunione con il Padre, confidando nella forza dell'amore gratuito che agiva nella sua corporeità vivente, grazie alla presenza dello Spirito Santo in lui. Lo stesso Spirito Santo riscattò il suo corpo crocifisso e deposto nel sepolcro, glorificandolo con la risurrezione.

La sfida di glorificare il progetto di Dio con il nostro corpo

Ciascuno di noi possiede il dono del suo corpo affinché possa diventare un umile strumento dela realizzazione del Regno di Dio Padre in questo mundo. La parola di Dio, per mezzo dell'apóstolo Paulo, ci ricorda questo. L'apostolo voleva avvertire i cristiani di Corinto sul pericolo di diventare Schiavi dell'uso egoístico dela sessualità e sull'illusione della libertà assoluta che predica la legge del “tutto mi è lecito fare. Oggi siamo chiamati a vivere la sfida di glorificare Dio con il nostro corpo: «Ignorate che il vostro corpo è santuario dello Spirito Santo, che abita in voi e che vi è stato donato da Dio? Pertento, non appartenete pi'ù a voi stessi. Siete stati comprati a caro prezo. Glorificate Dio con il vostro corpo!» (1Cor 6,19-20).

La nossa vocazione Cristiana nasce dalla scoperta di essere amati e chiamati personalmente da Dio Padre. Richiede la sfida dell'ascolto della paro adi Dio!

Diventa matura con la scelta di seguire Gesù e richiede la perseveranza nella nostra relazione con Lui.

Diventa manifestazione della gratuita dell'amore divino grazie al nostro corpo guidato dalla luce delllo Spirito Santo.

 

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