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TESTO La gioia e la realtà

padre Gian Franco Scarpitta  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (31/12/2023)

Vangelo: Lc 2,22-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-40

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Il tempo di Natale è interessato anche da eventi macabri e terrificanti come la famosa strage dei piccoli innocenti di età inferiore ai tre anni, voluta dalla spietatezza di Erode. Da essa il Fanciullo Divino che abbiamo festeggiato si salvò grazie alla premura di due zelantissimi genitori e alla protezione del Signore attraverso manifestazioni straordinarie. La cattiveria e la ferocia con cui morivano quei bambini è raccapricciante anche a considerarsi ai nostri giorni e ci invita a consi-derare la bellezza e l'importanza del dono dei figli, specialmente dei bambini. Per una coppia di coniugi, perdere un figlio in tenera età è sempre un'esperienza agghiacciante che a nessuno si au-gurerebbe, ma che purtroppo non di rado si verifica con fortissimi traumi e crisi per i genitori. I bambini in effetti compongono e realizzano sostanzialmente la famiglia. Ne sono il fulcro, la vi-talità e ne inaugurano il futuro, comportando al contempo maggiore attenzione per il presente. Un sacerdote anziano, parroco da tantissimi anni con tantissima esperienza sulle spalle una volta mi disse: “Il segreto dell'evangelizzazione? Sono i bambini. Se fai leva su un bambino e lo entusia-smi, hai conquistato tutta la famiglia.” Perché appunto attorno alla crescita e allo sviluppo dei fanciulli, alle loro attese e speranze, attorno ai loro capricci e all'ingenuità dei loro sbagli si for-ma la famiglia, nel senso che si realizza come tale e intanto ciascun membro va apprendendo ol-tre che insegnando. Ecco perché la strage degli innocenti dovrebbe costituire un incentivo alla retta coscienza di chi ricorre agli aborti spesso anche con troppa facilità e con egoismo. Non è mai giustificato sopprimere la vita di un nascituro, nemmeno nella prospettiva che questo possa nascere tarato o menomato: è sempre una gioia e spesso proprio determinate defezioni sono di sprone alla premura e all'amore concreto da parte dei genitori.

La famiglia è un focolare nel quale i bambini sono il luogo d'incontro e di mutua accoglienza per i coniugi, invitati a restare uniti per condividere gli impegni e le ansie per la loro crescita, ma an-che per vivere la soddisfazione e la gioia per la sola ragione di aver messo al mondo dei figli che vendo no crescere, progredire e un po' alla volta maturare nel corso degli anni, per poi affermarsi nella vita sociale e professionale. Certamente è il luogo nel quale non di rado si fomentano di-scussioni e a volte anche dissapori, a causa di una mancata, reciproca, intesa fra genitori e ragaz-zi, specialmente nel corso dell'adolescenza di questi ultimi, quando le paure e le incertezze so-vrastano l'animo, le difficoltà e le turbative sono all'ordine del giorno ed emerge purtroppo, nell'età puberale, quella premura incontrastata di precorrere i tempi e di diventare immediata-mente adulti. E ci si ritiene già all'altezza di tutto, si vorrebbero impartire lezioni e ammonimen-ti, si vorrebbe essere al centro dell'attenzione rispondendo ogni volta a tono alle correzioni dei grandi. Allo stesso tempo però si ha sempre apprensione e inquietitudine, almeno fin quando la vita stessa non ci sottopone agli insegnamenti veri e propri.

Nel corso dell'adolescenza non è facile il ruolo di essere ragazzi, non è facile essere genitori. Come pure non è facile portare avanti l'intera famiglia dal punto di vista economico, complice anche una certa tendenza a pretendere da parte dei giovani.

Di recente si affermava che ora più che mai giovani e ragazzi, dal cuore sempre buono e deside-roso di bene, sono in cerca di un appiglio o almeno di un riferimento che li aiuti a superare l'incapacità di comunicare con il mondo. C'è una sorta di barriera o di ostruzione che li rende in-capaci di esternare se stessi con la realtà. Le innovazioni tecnologiche e l'olimpo dello smartpho-ne e della playstation sembrano aver portato via ai ragazzi la realtà e il mondo. Occorre che da parte degli adulti si torni a voler incoraggiare i ragazzi a un rapporto diretto, reale e indubbio con il mondo che li circonda senza risparmiare loro la fatica di vivere appieno la realtà. Non occorro-no solamente moniti e incentivi, ma anche la testimonianza silenziosa da parte nostra e validi elementi da cui trarre riferimento.

Proprio questioni di tal fatta non possono non incoraggiare il dialogo e l'intesa, incrementando l'unità, perché la famiglia sia sempre il riferimento primario nel quale i genitori possano fare la loro parte essendo di orientamento e i figli fare la loro nella riscoperta della realtà che a loro è stata rubata. Anche se tartassata da problemi e da istanze sempre più assillanti, la famiglia resta infatti sempre il perno della formazione e non può non essere considerata come un dono. Per sortirne tutti i vantaggi, nella famiglia occorre credere e in essa adoperarsi senza riserve. Non basta vivere la nostra casa, affascinarcene e sentirla propria, come sentire nostro ogni componente della famiglia con tutte le sue difficoltà.

Ancor prima che vi giungessero pastori, Magi e altre persone, la mangiatoia di Betlemme era po-polata dai soli Maria, Giuseppe e dal Bambino Gesù. Questi, sebbene silente e sottomesso, racco-glieva attorno a sé i suoi genitori, li motivava, li spronava e accresceva in loro l'entusiasmo e la gioia con la sua stessa presenza. Maria e Giuseppe a loro volta si concentravano su di lui ed ester-navano intraprendenza, coraggio e volontà, animati dalla gioia di aver formato una famiglia, più che atterriti dalla preoccupazione delle incognite future.

I problemi esorbitanti che assilleranno Maria e Giuseppe non sono impedimento, bensì sprone alla realtà e anche il Figlio di Dio Bambino vi si sottopone senza riserve. Il successo di una famiglia e la sua bellezza si verifica quando adulti, bambini e ragazzi sentono ciascuno di dover apprendere e allo stesso tempo di dover insegnare in modo che ciascun membro sia allievo e allo stesso tem-po professore.

Maria e Giuseppe apprendono da Gesù e Gesù decide di apprendere da loro. Anche in episodi successivi i due giovani genitori si troveranno ad imparare da Gesù, man mano che Giuseppe lo addestra all'umile mestiere di artigiano e Maria lo accudisce formandolo alla vita, come ad esem-pio nella circostanza del famoso viaggio al tempio di Gerusalemme, dove si trovano ad ansimare per tre giorni non trovando il bambino con sé nella carovana. Apprendono che lui "deve occuparsi delle cose del Padre suo" e che era necessario che si soffermasse nel tempio ad interrogare i dotto-ri. Ovviamente il Verbo Incarnato, che assume la vita umana con radicalità e determinazione, sot-tomesso apprende dai genitori la vita e la realtà, la dimensione del vissuto in cui si trova a doversi formare fin quanto non diventerà propugnatore del suo Vangelo di via, verità e di vita.

 

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