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TESTO L' arte di generare il divino, di risvegliarlo lentamente in ogni cuore

don Angelo Casati  

VI domenica T. Avvento (Anno B) (17/12/2023)

Vangelo: Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Sono passati pochi giorni dalla festa dell'Immacolata quando abbiamo letto l'inizio di questo racconto. Che narra l'inaccaduto, il nuovo che fa sorpresi gli occhi, il miracolo di un Dio che si fa carne. Un racconto percorso, dalle prime parole alle ultime, da emozioni: un volo a perdifiato di un angelo, che di notizie da Dio ne aveva portate una valanga, ma una come questa? Destinazione una casa di Nazaret, una ragazzina. L'angelo e la ragazzina si parlano; le pietre sbrecciate della casa ammutolite e stupite ad ascoltare: loro le prime ad ascoltare quelle parole e a vedere come cambiassero i visi.

Parole che quasi subito divennero confidenze: all'uomo amato, Giuseppe, poi alla cugina sul monte, poi chissà a chi. E oggi siamo noi a trattenere il fiato, immaginando il colore dell'aria. Come fa Erri De Luca nel suo libro "In nome della Madre". E' Maria che racconta: "La voce del messaggero era arrivata insieme a un colpo d'aria. Mi ero alzata per chiudere le imposte e appena in piedi sono stata coperta da un vento, da una polvere celeste, da chiudere gli occhi. Il vento di marzo in Galilea viene da nord, dai monti del Libano e dal Golan. Porta bel tempo, fa sbattere le porte e gonfia la stuoia degli ingressi, che sembra incinta. In braccio a quel vento la voce e la figura di un uomo stavano davanti a me".

Nel racconto dell'Annunciazione sfioriamo la parte di Dio, uno sguardo che assomiglia molto a quello degli innamorati. "Sei strapiena del suo amore": dice l'angelo, come le dicesse: "Per te stravede". "E tu sarai chiamata 'ricercatà": oggi è scritto nel libro di Isaia. Ma nel racconto, oggi intero, affiora anche la parte di Maria nell'evento. Coinvolta lei, ma -lasciatemi dire - anche un mondo, perché ognuno di noi, se ci pensate, è anche un mondo; e lei non era una statua, non era un'immagine sbiadita, lei era un mondo: coinvolti con lei, nella sua chiamata, il suo fidanzato, i suoi di casa, il villaggio, la casa, la madia del pane, il telaio per le lane, anche le sue amiche, i suoi amici, e pure le erbe che coltivava fuori casa. Quando diciamo che Dio si fa carne, noi diciamo un evento di cui forse non misuriamo la profondità e l'ampiezza, come se tutto fosse raggiunto e toccato.

Lei la ragazza in prima persona. Non si arrende alle prime parole dell'angelo. Chiede spiegazioni, chiede conto, è toccata la sua vita, di donna, di donna fidanzata. E che bello che sia così! Un'amica da molto lontano, da oltre Oceano, a commento dell'omelia dell'Immacolata, mi scrive: "Io la percepisco donna forte e sensibile. Con senso critico. Intelligentissima e ottimista. Innamorata della vita in tutte le sue dimensioni. Coi piedi spesso sporchi e con i calli alle mani. Attenta, empatica, disponibile. Circondata sempre da tanti bambini, non solo da Gesù. Rispettosa delle usanze del suo tempo ma totalmente libera dai gioghi di riti vuoti e irrispettosi delle necessità dell'uomo.

Lei doveva essere così: una persona capace di pensare, di scegliere anche cammini controcorrente, di mantenersi in piedi perfino in mezzo a un alluvione di incomprensioni e contrarietà. Maria concepita nella pienezza della grazia: e lo straordinario non è che così sia stata concepita... ma che così sia rimasta fino alla fine della sua vita". Così ci vuole Dio incarnandosi, ci vuole pieni di umanità e non disamorati. Il racconto della casa di Nazaret inizia con un angelo che dice "Rallegrati". Dio è per l'allegria e non per i mugugni. E prosegue con un Dio che crede nella collaborazione di noi umani, di una donna. Non ci spoglia di umanità, anzi vuole che la riconquistiamo tutta. Oggi abbiamo letto nella lettera ai Filippesi: "In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!"

Il divino che si fa corpo, si fa umanità, si fa mondo. Come è stupendamente alluso in una preghiera del Card. José Tolentino Mendonça a Maria con cui vorrei concludere: "Maria, Signora dell'Avvento, insegnaci cosa significhi essere gravidi di Dio. Insegnaci questa arte grandiosa e accessibile di generare il divino, di risvegliarlo lentamente in ogni cuore, e come una luce necessaria quando la notte avanza o il vuoto si fa pesante. Insegnaci ad abbracciare con speranza la vulnerabilità, quella altrui e la nostra. Insegnaci a liberarci dalle idealizzazioni e dai loro inganni. Insegnaci che la fedeltà all'Onnipotente si realizza nella cura di ciò che è totalmente fragile, e che i grandi viaggi dipendono dai piccoli passi. Insegnaci ad accogliere quello che viene da Dio e che non capiamo, o capiremo solo dopo. Insegnaci a saper ringraziare (e pertanto a schiarire, a rendere limpidezza), anche quando ci costa.

A ringraziare per i giorni facili e per i giorni foschi; a ringraziare per ciò che è palese e per ciò che è coperto; per il superficiale e per il verticale; per la mansuetudine della brezza e l'impeto del vento. A ringraziare per la forza e per il fallimento; per quanto abbiamo portato a termine e per ciò che ci appare incompiuto, per quello che arriviamo a vedere completo, o solo disperso in povere briciole. Perché a modo suo ogni cosa ci integra in quel girotondo che può essere la vita, un girotondo che si allarga sempre più. Insegnaci a scoprire in noi la capacità di moltiplicare la gioia; di mediare la speranza che mostra strade sempre nuove; di facilitare la grazia che potenzia i nuovi inizi".

 

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