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TESTO Che razza di processo!

don Alberto Brignoli  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (26/11/2023)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Due settimane fa, quando abbiamo iniziato il percorso che ci ha condotti fino alla solennità di oggi, conclusione dell'Anno Liturgico, il Vangelo di Matteo - che oggi salutiamo, ringraziandolo per ciò che ci ha insegnato - ci aveva regalato la parabola delle dieci ragazze pronte per le nozze, cinque delle quali, stolte, erano rimaste chiuse fuori perché non avevano portato con sé l'olio delle buone opere, l'olio della carità. E a loro, la porta non fu più aperta nonostante l'insistenza della loro preghiera. Il giudizio dello sposo, in quel caso, fu inappellabile: “Non vi conosco”. Non riconosco i segni della presenza del mio Regno nel vostro cuore. Sì, perché alla fine quella festa di nozze altro non era che partecipare alla gioia del Regno di Dio, come la scorsa domenica è stato per quei servi che di fronte a un dono enorme e inaspettato come quello dei talenti non se ne sono stati oziosi a godersi la vita, ma lo hanno fatto fruttare, a beneficio di se stessi e per avere l'opportunità di entrare nelle grazie del loro padrone.

E una volta entrati nella gioia del Regno? Una volta che ci troveremo alla presenza di Dio, pronti a godere per sempre della sua compagnia? Ci verrà chiesto ancora qualcosa? Dovremo presentare qualche credenziale o qualche invito, come si fa alle grandi cene di gala o ai banchetti di beneficenza? Sarà sufficiente l'abito da sera, seguendo il dress code indicato sull'invito? O ancor meglio, ci sarà posto per tutti, senza formalità o distinzioni?

Sì, ci sarà posto per tutti. Per “tutti i popoli”, ci dice la narrazione del Vangelo di oggi. Ma prima dell'inizio del banchetto di festa, ci sarà un processo, che avrà come protagonista unico il padrone di casa. È un processo molto particolare perché fa tutto quanto lui: pubblico ministero, avvocato, magistrato... non ha bisogno di altre figure per un processo in cui sa già benissimo qual è la materia del giudizio, quale la sentenza e quale la pena corrispondente. E poi è un giudizio particolare, perché certamente arriva anche a una condanna (pure questa inappellabile, come per le cinque ragazze stolte), ma chi è assolto riceve addirittura un premio, ossia molto più che un'assoluzione.

Ma che cosa mai ci chiederà in questo processo il Re, Signore e Giudice della storia? Di sicuro, se abbiamo fatto tutte le cose che lo riguardano in quanto Dio. Vorrà sapere se lo abbiamo pregato abbastanza; vorrà sapere quante volte siamo andati a messa la domenica e quante volte l'abbiamo saltata; vorrà sapere se siamo andati alla catechesi, se abbiamo aiutato e voluto bene ai nostri sacerdoti, se abbiamo appoggiato la Chiesa nelle sue attività, se siamo stati fedeli ai suoi canoni, se abbiamo approfondito la nostra fede con letture spirituali e teologiche, se abbiamo sostenuto economicamente le nostre comunità...

No, niente di tutto questo. Queste cose fanno parte del vademecum del buon cristiano, ma non sono oggetto del giudizio di Dio. Lui a noi chiederà altre cose. Anzi no, nemmeno ce le chiederà.

Perché questa è un'altra particolarità di questo giudizio così particolare e quasi anomalo: che non c'è alcun pubblico ministero che interroga l'imputato. Anzi, sono gli imputati a interrogare il giudice, ognuno dal proprio punto di vista - chi meravigliato, chi sconcertato - ma con la stessa domanda: “Ma quando mai, Signore?”. Quando mai, Signore, ti abbiamo visto nella necessità e ti abbiamo - a seconda dei casi - aiutato o ignorato? Quando mai tu eri come uno di noi, qui sulla terra? Tu non sei qui, tra la polvere delle nostre strade: tu sei nel cielo, tu sei nella creazione, tu sei nella bellezza che ci circonda, al massimo, se proprio sei qui, tu stai in una chiesa!

E il Re-Giudice-Signore risponderà al nostro interrogatorio: “Hai visto quanta gente soffre la fame? Io sono lì. Hai visto quanta gente arde per la sete? Io sono lì. Hai visto quanti senza tetto, a causa delle guerre e dei disastri naturali? Io sono lì. Hai visto quanti, per ripararsi, non solo non hanno una casa, ma neppure un vestito? Io sono lì. Hai visto quanta gente non può muoversi con le proprie gambe perché impedita dalla malattia o perché la porta di un carcere le sbarra la strada davanti? Io sono lì. Ed ogni volta che avrai aperto gli occhi e ti sarai accorto di queste persone, è di me che ti sarai accorto”.

E noi che pensavamo che Dio ci avrebbe chiesto se lo abbiamo pregato abbastanza, quante volte siamo andati a messa la domenica e quante volte l'abbiamo saltata, se abbiamo aiutato e voluto bene ai nostri sacerdoti, se abbiamo appoggiato la Chiesa nelle sue attività, se siamo stati fedeli ai suoi canoni, se abbiamo approfondito la nostra fede con letture spirituali e teologiche, se abbiamo sostenuto economicamente le nostre comunità!

No, di questo non ci chiederà nulla, perché sa che sarebbe troppo semplice rispondere di sì. Ci chiederà se siamo stati capaci di aprire gli occhi e di guardare ai nostri fratelli più piccoli. Se li hai visti e hai fatto qualcosa per loro (o per Dio, che è la stessa cosa), sei assolto e premiato. Se non li hai visti o, meglio, hai finto di non vederli, non c'è messa, né preghiera, né candelina accesa, né offerta in chiesa che tengano: condannato, e in via definitiva. Senza appello.

Grazie a Dio, a questo Dio, il banchetto gioioso del Regno preparato in eredità dal Padre celeste è pieno zeppo di gente, soprattutto di cristiani veri, che magari non hanno mai neppure saputo di esserlo. Perché l'amore per i poveri non ha etichette né carte d'identità.

 

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