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TESTO Il nostro Re

don Roberto Seregni  

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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (26/11/2023)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,31-46

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Oggi festeggiamo il nostro re.
Un re sorprendente.
Un re che nessuno sarebbe mai stato capace di immaginare.
Un re che viene non per essere servito, ma per servire.

Un re che tocca gli intoccabili, che entra nelle case degli ammalati, che banchetta con peccatori, poveri e prostitute.

Un re che entra a Gerusalemme in groppa a un asinello e lava i piedoni dei suoi discepoli.
Un re che ha per trono una croce.

Un re che si mette nelle mani tutti, dà la vita per tutti e perdona tutti.

Un re che non compie le nostre attese, ma le stravolge completamente.

Un re che nel giorno del giudizio ci farà una sola domanda.
L'unica che conta.

L'unica che può dare peso alla vita dell'uomo.

Quanto hai amato?

Già, quanto abbiamo amato. A color che sono chiamati «benedetti del Padre mio» vengono riconosciute azione che non hanno nulla di specificamente religioso. Si tratta di amare con gesti concreti e profondamente umani e, proprio per questo, meravigliosamente divini. Ed è interessante notare che Gesù si indentifica con i piccoli che hanno ricevuto i gesti di compassione e di amore gratuiti. Tutti, anche coloro che non conoscono direttamente Gesù, anche coloro che magari in qualche modo lo hanno rifiutato a parole, lo hanno servito e amato nei piú piccoli e indifesi.

Mi sembra davvero affascinante che in questa domenica, celebrando la festa di Cristo Re, la madre Chiesa ci inviti a contemplare il nostro re che si indentifica con i piú piccoli, con gli umili, con gli abbandonati. Anche nella sua funzione di giudice universale, Gesù rimane fedele allo stile che ha ispirato tutta la sua vita e la sua missione. La Gloria del Cristo Re è quella dell'amore e della dedizione ai piú piccoli e agli ultimi.

L' unica forma di incontrarlo e di entrare tra coloro che potranno sperimentare la bellezza del Regno del Padre, è amare, è vivere gesti concreti e gratuiti di accoglienza.

Il nostro Re, dal trono della sua Croce, rivestito con il grembiule dell'ultima cena, ci svela che l'essenziale della vita cristiana non è il dire, ma il fare; non è confessare il Cristo con belle parole, ma regalare tempo e amore agli ultimi e ai poveri, ai dimenticati.

 

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