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TESTO Non passare il tempo, ma impiegarlo

padre Gian Franco Scarpitta  

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/11/2023)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Per chi vive alla giornata, non avendo nulla per cui battersi e senza coltivare alcun ideale, le ore possono trascorrere molto lentamente e il tempo a disposizione può sembrare un'eternità. Per chi progetta, tenta di realizzare e di edificare per se stesso e per gli altri, una sola ora scorre velocemente e il tempo non basta mai.

Analogamente, il bambino che ha in mano un bastone nella sua creatività nei giochi può farne un fucile, una scopa o un cavallo su cui montare. Al contrario quando si hanno troppi giocattoli si rischia di utilizzarli in modo succube e passivo. Il gestore di un locale può accontentarsi di quattro mura modeste nelle quali accogliere i suoi clienti e offrire l'indispensabile; ma può anche rendere il locale più attraente riverniciando le pareti e proponendo al cliente nuovi articoli per i suoi acquisti. Si può solo studiare su un libro di testo, come pure confrontare un testo con un altro.

In sintesi, si può impostare la propria vita quanto basta per andare avanti e non nuocere a nessuno, come pure impegnarsi per rendere qualitativamente più proficua la propria attività, adoperando creatività e impegno per apportare maggiore frutto e allo stesso tempo per procurare maggiore soddisfazione a se stessi. Dipende da come singolarmente si decide di vivere. Se vivere o sopravvivere.

Diceva Schopenhauer: "L'uomo ordinario non si preoccupa di altro che di come passare il tempo, l'uomo di talento di come impiegarlo." E proprio questa è la radice della vera impostazione di vita, la considerazione che ciascuno di noi non esiste per caso e non è abbandonato alla fatalità o al destino. Ciascuno è unico e irripetibile, differente dagli altri per costituzione fisica, carattere, atteggiamento e tale deve sempre essere. Meglio essere se stessi che fare vani tentativi di imitare gli altri, magari per invidia o per arrivismo. Soprattutto perché ciascuno ha delle qualità e dei talenti che nessun altro possiede e che costituiscono spesso un patrimonio che attende di essere sfruttato. Ognuno di noi ha delle qualità da lodare, delle prerogative e dei talenti preziosi, sfruttando i quali non si rischia di passare il tempo, ma di impiegarlo.

Sfruttare ciascuno le proprie qualità e preoccuparsi di essere produttivi secondo le proprie risorse e possibilità è il costitutivo della vita in pienezza.

Gesù nel riferire questa parabola ci ragguaglia del fatto che non soltanto lo Spirito Santo ci ha donato ei carismi e ciascuno ha delle qualità in positivo da mettere a frutto, ma anche e soprattutto che ciascuno ha la possibilità di far fruttificare i propri talenti a secondo delle sue inclinazioni, del suo carattere e delle sue peculiari possibilità. Nessuno può giustificarsi di non essere capace né in grado di mettere a frutto le proprie risorse, perché a ciascuno è stato dato secondo le sue possibilità e le sue competenze. A chi sono stati consegnati cinque o due talenti, si chiede che questi vengano moltiplicati e fruttificati con impegno, ma a chi è stato dato un solo talento e non sa in che modo renderlo produttivo, è sufficiente che lo porti in banca e lo investa: in un modo o nell'altro ci si guadagnerà comunque, se non con l'abilità commerciale, almeno con gli interessi bancari. E' questo quello che il padrone, nella resa dei conti, rimprovera al servo velleitario e indolente: non l'incapacità o la mancata competenza negli affari, ma la svogliatezza e la negligenza per le quali non ama mettere a frutto la propria attività in alcun modo, nemmeno con il solo recare in banca la preziosa proprietà. Preferisce vivere senza obiettivi, da mediocre e inconcludente, nascondendo gelosamente l'unico talento che gli è stato affidato. Lo tratta come proprio, senza considerarne la provenienza. O meglio, considera che esso proviene da un padrone severo, che miete dove non ha seminato ed è mosso più dal timore che dalla responsabilità creativa.

La vita cristiana deve escludere ogni sorta di indolenza e di ignavia e non ci si può accontentare della mediocrità. Occorre fare di più di ciò che farebbero coloro che non ripongono la loro speranza nel Signore, mettendo a frutto creatività, impegno per sfruttare al meglio ogni minuto del nostro tempo presente. Valorizzare ciò che abbiamo dimentichi del passato e protesi verso l'avvenire (Fil 3, 14), mettendo a frutto ciascuno i nostri talenti, cioè i carismi di cui ci ha fatto dono lo Spirito Santo. Essi diventano ministeri quando li si mette a frutto della comunità, ma inaridiscono e deperiscono quando li si custodisce con gelosia e scrupolo ridicolo. Il capitale non serve a nulla se non va' investito o sfruttato a scopi produttivi, così pure le risorse di cui disponiamo, i nostri talenti. Vanno messi a frutto e impiegati, perché sono nel loro esercizio essi possono moltiplicarsi e proliferare. Diversamente dovremo rendere conto a Dio al momento del giudizio di come avremo adoperato dei beni di cui lui ci aveva fatto dono; se appunto li avremo custoditi con egoismo come se fossero nostri, o se li avremo adoperati a beneficio degli altri considerandoli un dono immeritato.

Ma in che cosa consistono questi talenti o carismi da impiegare? Innanzitutto essi riguardano il dono più grande di poter vivere il nostro rapporto con Dio nella fraternità con il suo Figlio Gesù Cristo: la fede, unita alla speranza è talento grandioso che Dio ha concesso con libertà perché potessimo entrare in comunione con lui e la moltiplicazione ab extra di queste due risorse si chiama carità. I talenti riguardano la gioia dell'incontro con il Signore, la comunione con lui che diventa reale e certa fra di noi. E poi tutti gli altri carismi con cui lo Spirito Santo edifica la Chiesa consolidandola come Corpo, nel quale il Capo è vincolato alle membra e queste tra di loro. Ciascun membro fa la propria parte per la vita del tutto (1 Cor 12, 12 - 30). A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a chi il talento peculiare del ministero della parola, a chi l'insegnamento, a chi l'operosità... a ciascuno un dono speciale dello Spirito che non può restare occultato, ma che deve essere sfruttato a vantaggio dell'intero Corpo (1 Cor 12, 4 - 11).

Il Libro del Siracide esalta il talento di una donna virtuosa, che edifica la casa e che nella sua bravura e nella sua fedeltà può edificare tutta la famiglia ed essere testimone anche per altri; tale dev'essere l'atteggiamento di chi ha ricevuto doni e talenti dallo Spirito.

Diceva Seneca che “Non esiste la fortuna. Esiste il momento in cui il talento incontra l'occasione. Nella vita di fede le occasioni sono tante, anche quelle apparentemente minori o poco considerate. Tante sono le opportunità di dare testimonianza di quanto Dio ci abbia prediletto con la larga dispensazione dei suoi doni.

 

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