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TESTO L' amore dà frutto. Sempre.

don Roberto Seregni   Home Page

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/11/2023)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Per poter comprendere a fondo il messaggio e l'attualità della parabola di questa domenica, dobbiamo sapere che il talento era una moneta che poteva pesare anche trentasei chilogrammi e il suo valore era di circa seimila denari. Visto che un denaro era la paga quotidiana di un operaio dei tempi di Gesù, un talento corrispondeva circa a diciassette anni di stipendio. Al primo servo, dunque, il padrone consegna l'equivalente di centosettanta anni di retribuzione, al secondo l'equivalente di ottantacinque anni e, all'ultimo, l'equivalente di diciassette anni.

Questa esagerazione, tipica di molte parabole di Gesù, ci fa intuire la grandezza, la sproporzione e l'esagerazione dell'amore del Padre per ciascuno di noi. Il suo amore non è misurato sui nostri meriti, non è un premio per la nostra buona condotta. L'unico misura è la sua misericordia, smisurata e fantasiosa. Non siamo marionette appese ai fili del destino: siamo protagonisti della nostra vita. Non ci ha amato con il contagocce, non ci ha dato gli avanzi della cena: ci ha invitati al banchetto delle nozze di suo Figlio. Il Padre ci dà tutto, ci dà suo Figlio: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16).

Questo è il talento che abbiamo ricevuto: lo Spirito del Figlio che ci fa vivere da fratelli. E cosa ne abbiamo fatto? A chi assomigliamo: ai primi due servi o all'ultimo? Che cosa stiamo facendo con lo Spirito del Figlio che abita in noi? Lo facciamo fruttificare o lo abbiamo sotterrato tra le macerie delle nostre paure e delle nostre pigrizie?

Il testo sottolinea che il terzo servo sotterra il talento “per paura”. Quante volte anche noi ci lasciamo guidare dalle nostre paure, ansie e preoccupazioni e sotterriamo la vita. La Parola di questa domenica ci chiama a dissotterrarla, a riempirla di bellezza, a metterci in gioco. L'unico modo per prendere il controllo della propria esistenza e smettere di farsi condizionare dalle paure che abitano il cuore, è affidarsi completamente alle mani del Padre e al servizio dei poveri.

Se vuoi avere il controllo della tua vita, impara a donarla. Non sempre sarà facile, non tutti ti riceveranno a braccia aperte, incontrerai difficoltà e ostacoli, ma imparerai a gustare il cammino e non solo la meta. Scoprirai che l'amore si moltiplica e dà frutto. Sempre.

 

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