PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Altro che “Signore, Signore”!

don Alberto Brignoli  

don Alberto Brignoli è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/11/2023)

Vangelo: Mt 25,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

Se pensiamo, come facciamo di consueto, che il tema principale del Vangelo di oggi sia la vigilanza, stiamo navigando fuori rotta. Perché è vero che Gesù termina il brano di oggi dicendo “Vegliate, perché non sapete né il giorno né l'ora”, ma non lo fa certo per farci spaventare ricordandoci l'incertezza della nostra esistenza, anche se siamo nel mese dei morti. Ci invita, piuttosto, a fare attenzione, a non abbassare la guardia, a essere pronti. Per che cosa?

La chiave di lettura per la corretta comprensione di questa famosa parabola delle dieci vergini è quella che noi oggi definiremmo... una parolaccia, ossia l'aggettivo “stolte” con cui vengono definite cinque di queste dieci ragazze.

Questo termine, nel Vangelo di Matteo ritorna - oltre che in questa parabola - solamente in altre due occasioni: due capitoli prima di questo, ovvero al capitolo 23, quando Gesù si scaglia contro scribi e farisei definendoli “stolti e ciechi”; e all'inizio della sua predicazione, quando conclude il primo grande discorso ai suoi discepoli (il famoso Discorso della Montagna) con un'altra piccola parabola, quella delle due case, una costruita sulla roccia e l'altra costruita sulla sabbia. Anche in quel caso, c'erano due categorie di persone, guarda caso le stesse che ritroviamo nella parabola di oggi: un uomo saggio che costruisce la sua casa sulla roccia, e un uomo stolto che la costruisce sulla sabbia, con le conseguenze che ben sappiamo.

Ma le analogie tra le due parabole non finiscono lì. La parabola delle due case viene introdotta da queste parole di Gesù: “Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. Questo, per dire che la fede non è un insieme di belle preghiere da recitare e neppure un codice di norme e precetti da rispettare, ma consiste nell'osservare l'unico comandamento che Gesù ci ha dato: amare Dio e amare il prossimo, come anche la Liturgia ci ha proposto poche domeniche fa. E se il Discorso della Montagna è il discorso della Nuova Legge dei discepoli di Gesù, appare chiaro che chi costruisce la propria casa sulla roccia è saggio perché fonda la propria fede sulla legge dell'amore, e non su sterili invocazioni del tipo “Signore, Signore”. Che, tra l'altro, sono le stesse parole che le cinque ragazze stolte rivolgono allo sposo una volta rimaste fuori dalla festa di nozze: “Signore, Signore, aprici!”.

Perché l'uomo che ha costruito la sua casa sulla sabbia è stolto? Perché non ha messo in pratica la volontà di Dio, ovvero il comandamento dell'amore. E qual è, invece, il motivo per cui le cinque ragazze rimaste fuori dalla festa di nozze sono stolte? La parabola ci dice che presero con sé le lampade, ma non presero con sé l'olio per le lampade stesse, ovvero il carburante. La differenza tra loro e le ragazze sagge non sta nel fatto che le sagge erano sveglie e le stolte addormentate (anzi, il Vangelo ci dice che dormivano tutte beatamente, in attesa dello sposo ritardatario, forse l'unico della storia...), ma proprio nel fatto che alle stolte mancava l'olio che manteneva accese le lampade. E tra l'altro dev'essere un olio molto particolare, perché non può essere prestato a chi non ce l'ha. Come mai?

Gesù parla di “lampada accesa” nel Vangelo di Matteo solamente in un'altra occasione, e manco a dirlo sempre nel Discorso della Montagna, quando parla di “lampada da mettere sul candelabro”, e lo riferisce a quelle “buone opere” che permettono all'uomo di risplendere, di fronte a Dio e di fronte agli uomini (“Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”).

Se quindi le lampade ben accese rappresentano le buone opere che risplendono di fronte a Dio e agli uomini, allora è facilmente comprensibile perché non possano essere prestate dalle ragazze sagge alle ragazze stolte: non perché le prime siano “orgogliose” (per usare un eufemismo...), ma perché, se c'è qualcosa che un uomo non può prestare o donare a un altro, sono proprio le sue opere, buone o cattive che esse siano. Le nostre opere sono esclusivamente legate alla nostra responsabilità: o le hai o non le hai, o hai fatto del bene o non l'hai fatto, e se non l'hai fatto non puoi accampare scuse, la porta dell'ingresso alla festa di nozze per te rimane chiusa. E non si riaprirà neppure se griderai con tutta la tua voce e il tuo cuore “Signore, Signore, aprimi!”.

Non c'è dubbio che la stoltezza di queste ragazze è la stessa stoltezza dell'uomo che costruisce la casa sulla sabbia, il quale ritiene di poter essere amico di Dio solamente perché lo invoca “Signore, Signore”, con intensità ed entusiasmo, ma senza una sola buona opera che dimostri che le sue non sono parole al vento. Per cui, o sei pronto a fare il bene, ed è una cosa che non si compra né ci si presta da qualcuno - perché amare è qualcosa che viene spontaneo dal cuore - o altrimenti vuol dire che il bene non abita nel tuo cuore, non fa parte del tuo DNA, non ti appartiene.

E allora, assumiamoci le nostre responsabilità: se le lampade rimangono senza olio, non sono carogne le compagne; se la porta rimane chiusa, non è cattivo lo sposo, sono le nostre opere a essere cattive. E visto che al termine di questo anno liturgico, tra due settimane, ci aspetta il vangelo di quel giudizio finale nel quale saremo giudicati sull'amore, svegliamoci (ecco il senso del “vegliate” finale), tiriamoci indietro le maniche, diciamo un po' meno “Signore, Signore”, che sono spesso parole al vento, e facciamo più gesti concreti d'amore verso il prossimo!

 

Ricerca avanzata  (54016 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: