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TESTO Sono stato con te dovunque sei andato

don Angelo Casati  

Domenica di Cristo Re (Anno A) (05/11/2023)

Vangelo: Gv 18,33c-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

La solennità di Gesù re dell'universo chiude l'anno liturgico. Dopo aver camminato un anno dietro Gesù - da poveri discepoli come siamo, ma affascinati da lui - alla fine è come se ci sentissimo chiamati dentro ad acclamarlo re. Ma lasciatemi subito dire: acclamarlo su un'asina e acclamarlo con le nostre poche cose, rami e mantelli. Così lui ci sta. Fuori da questo segno - di un Dio in compagnia degli umili, dei piccoli, dei mansueti, degli operatori di giustizia non ci sta - fugge via. Voi tutti ricordate che cosa accadde quel giorno sul monte, dopo che sull'erba ebbe spezzato il pane per la moltitudine e la folla era presa dal delirio di farlo re: lui in un baleno si dileguò. Si negò .

Ebbene mi sono chiesto - e non vorrei fosse fonte di turbamento per qualcuno - se non potesse accadere anche oggi che lui fugga via da noi. Accadrebbe - penso - se noi lo acclamassimo nel segno della potenza e della grandezza. Non è intrisa di questo la sua regalità; è intrisa di ben altro: di vicinanza e di compagnia. Di noi lui tocca tutto, e corpo e anima e sogni. Una regalità dunque che fa rima con vicinanza e compagnia. Per questo può lasciarsi acclamare re nell'ingresso a Gerusalemme, perché uno, seduto su asina, lo puoi sfiorare, toccare. Non invece un re su un destriero impetuoso: risultato del suo passaggio non sarebbe la spontaneità e la festa, ma la rigidità e il cerimoniale. Lui può finalmente accettare il titolo di re nelle ultime ore della sua vita - quando non è più dato equivocare sulla sua scelta tra potere e vicinanza - davanti al procuratore Ponzio Pilato: disarmato; una corona ma di spine; e negli occhi una limpidezza sconosciuta e imperdibile. Luminoso.

E così mi ritorna alla mente l'altra etimologia di "rex". Leggo il vocabolario e trovo scritto: "L'etimologia del termine "re" è da ricondursi al latino "rex", che deriva sia dal verbo latino "regere", con il significato di governare, che dal sanscrito "rags" con il senso di risplendere, troviamo analoga radice in raggio. Per cui, nella sua accezione originaria, il re non è soltanto colui che si limita a governare ma anche "colui che risplende", "che illumina la sua nazione". Mi mette brivido di sogni questo secondo significato "colui che illumina la sua nazione". Ma dove mai? E quanto ne avremmo bisogno, di persone luminose. Di Gesù Giovanni può dire: "E' venuta la luce nel mondo". Lui illumina; e noi, scoprendolo e seguendolo, ci illuminiamo, di immenso. Forse ricordate che si irritarono i capi religiosi per la scritta inchiodata alla croce: "re dei giudei". Per ben altra ragione era sbagliata, era restrittiva. Lui non illuminava di immenso solo una nazione. Tutte le nazioni. Re nel segno della luce che spazia, accompagna, non va messa sotto il moggio. Nemmeno sotto un moggio religioso.

Accadrebbe purtroppo se la nascondessimo o la restringessimo in un tempio. Oggi il libro di Samuele sembrava raccontare una ritrosia - e forse anche più di una ritrosia - di Dio a chiudersi o anche solo a restringersi in un tempio. Eppure Davide sembra avere un pensiero delicato: lui abita una casa di cedro, l'arca di Dio sta sotto i teli di una tenda, costruiamogli un tempio. Ma Dio in prima battuta dice no; poi concederà al figlio di Davide, Salomone, l'onore di costruirlo. E perché dice in prima battuta no? E' come se affiorasse dalle parole di Dio un timore: di essere snaturato. Ascoltate: "Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall'Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione". Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti: "Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato". Costruirono poi il tempio: invisibile l'arca nella cella più riposta, lasciarono visibili le stanghe che la reggevano. Forse per ricordare che il loro era il Dio dei cammini e non sedentario. Alla fine dell'anno liturgico siamo qui a celebrare - e lo facciamo con tutti i canti - la luminosità dell'amore.

Che ha fatto di Gesù il re della tenda. Del cammino di tutte le ore. Non un re seduto in trono, ma il re della compagnia, nelle ore serene e nelle ore buie dei nostri giorni, nel nostro vivere quotidiano. E' in questo orizzonte che vorrei condividere con voi questo commento suggestivo di mons. Gianantonio Borgonovo: "Gesù è Re per portare a piena umanizzazione la comunità degli uomini, infondendo in essa la speranza di un futuro di risurrezione e permettendo a ciascuno di costruire un mondo più umano nella collaborazione, nella fraternità e nella pace. Non ci si dimentichi però che questo "singolare" re, per diventare il re dell'universo, ha speso la quasi totalità della sua vita nella quotidianità sorprendentemente insignificante di Nazaret". Ebbene a questa singolarità della regalità di Gesù confessiamolo abbiamo poco pensato: la quasi totalità della sua vita in una quotidianità sorprendentemente insignificante. Ed è prezioso pensarlo.

Prezioso pensarlo re, raggio di luce, nella casa, per le vie di Nazaret, nella sinagoga e nella falegnameria, nei giorni in cui sulla casa batteva la pioggia e nei giorni in cui la scaldava il sole, nelle cose che fanno tutti, niente di eccezionale, luminoso. Ecco il re, ecco il regno. "Aiutaci, Signore, a illuminare le opere e i giorni. Anche questi nostri bui giorni nella tua terra, che hai amato e ami. Venga il tuo Regno". "Vegna ver' noi la pace del tuo regno, ché noi ad essa non potem da noi, s'ella non vien, con tutto nostro ingegno".

 

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