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TESTO Volgere lo sguardo al vero bene

don Michele Cerutti

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (08/10/2023)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Addentrandoci nel Vangelo troviamo in filigrana la storia della salvezza.
Una vigna che nell'Antico Testamento è rappresentato dal popolo ebraico.
Popolo dalla dura cervice che fin dalla sua liberazione dalla schiavitù egiziana ha dimostrato ingratitudine nei confronti di Jahvé che con mano potente ha aiutato gli ebrei stessi a liberarsi del faraone e della sua corte. Hanno caratterizzato quel periodo le mormorazioni e il volgersi ad altri idoli.
Un popolo che non si è fidato di Dio e nel tragitto ha dovuto allungare il suo ingresso nella Terra promessa perché aveva mandato esploratori per verificare l'ospitalità e questi erano tornati affermando la bellezza di quei territori, ma avvertivano di stare attenti per la presenza di uomini giganti.
Jahvé punisce tutte queste infedeltà impedendo a coloro che sono stati liberati di accedere alla Terra promessa facendo entrare le generazioni successive
Una volta entrati in Palestina il popolo mostra di persistere negli errori e perfino i profeti, inviati da Jahvé stesso per ravvedersi, vengono uccisi e malmenati.
Dio invia il Figlio Gesù, ma anche questo viene ucciso.
Il progetto di Dio è allora di ampliare il suo popolo. Siamo tutti noi cari fratelli e care sorelle. Noi battezzati a essere nuovo popolo chiamato a produrre frutti.
Il popolo di Israele dovrebbe essere riferimento per vedere come comportarsi per mantenerci fedeli a Dio e a non sbandare nel nostro cammino.
Lo stile di questo procedere lo offre Paolo nella lettera che scrive alla comunità di Filippi, una comunità amica dell'apostolo che sempre lo sostiene nelle sue iniziative a favore della Chiesa di Gerusalemme.
Paolo utilizza delle espressioni molto belle per sostenerle: “In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri”.
I filippesi vengono esortati a volgere lo sguardo a tutto ciò che Dio dona con abbondanza.
Sono versetti che vibrano interiormente in un momento particolarmente significativo per la Chiesa Svizzera in cui opero e che recentemente è attraversata, come altre Chiese, dalla dimensione degli abusi.
In mezzo alle tempeste che possiamo attraversare guai se il nostro sguardo si volgesse a tutto ciò che non merita lode.
Un invito tutti a guardare il vero e unico orizzonte a cui siamo indirizzati.
Uno sguardo troppo rivolto alle cose terrene rischia di sviarci nel nostro cammino.
Questi versetti interiorizziamoli in questi tempi di trambusto massmediatico.
Giudizi sommari su tutta la Chiesa rischiano di fare solo del gran male.
Guardiamo invece a ciò che di bello ci viene offerto nel servizio di tanti fedeli nel servizio della carità, dell'educazione, nel servizio della liturgia e della preghiera.
Penso alle tante mense per i poveri nelle città. Penso alla bella esperienza di Zurigo della Comunità Sant'Egidio sulla Langstrasse in mezzo alle donne di strada. Penso alla Casa della Carità a Milano. Penso alle belle realtà guanelliane nel mondo dei giovani, dei disabili e degli anziani. Esempi che possiamo prendere sono diversi.
Penso alle scuole Salesiane e delle Marcelline, ma ognuno anche qui avrà una esperienza da raccontare che ha aiutato nella formazione di un giovane.
Penso alla liturgia curata da tanti che si prestano per rendere le celebrazioni un affacciarsi del cielo sulla terra, usando una espressione cara a Benedetto XVI.
Penso alle mani giunte delle suore di clausura, alla preghiera di tanti anziani nelle nostre Chiese, che sono come lampade che ardono davanti al Santissimo come dice Papa Francesco.
Non facciamoci un'immagine di Chiesa che ci viene proposta a volte in maniera distorta senza negare il male che c'è stato, ma il grano si sa cresce con la zizzania.
Il rischio è quello di estirpare il negativo incidendo sul bene che si fa.
Volgiamo lo sguardo sul bello e proseguiamo senza tentennamenti sulla strada del bene.

 

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