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TESTO Impariamo ad essere umili!

don Lucio D'Abbraccio  

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/10/2023)

Vangelo: Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Gesù, nel Vangelo di oggi, racconta la parabola dei due figli che sono invitati dal padre a lavorare nella vigna. Il primo figlio rispose: «Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò». L'altro, invece, disse al padre: «Sì, signore. Ma non vi andò». Alla domanda di Gesù, chi dei due abbia compiuto la volontà del padre, gli ascoltatori giustamente rispondono: «Il primo». Il messaggio della parabola è chiaro: non contano le parole, ma l'agire, le azioni di conversione e di fede. Gesù - lo abbiamo sentito - rivolge questo messaggio ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo di Israele, cioè agli esperti di religione del suo popolo. Essi, prima, dicono «» alla volontà di Dio. Ma la loro religiosità diventa routine, e Dio non li inquieta più. Per questo avvertono il messaggio di Giovanni Battista e il messaggio di Gesù come un disturbo. Così, il Signore conclude la sua parabola con parole drastiche: «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli». Tradotta nel linguaggio del tempo, l'affermazione potrebbe suonare più o meno così: agnostici, che a motivo della questione su Dio non trovano pace; persone che soffrono a causa dei loro peccati e hanno desiderio di un cuore puro, sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli «di routine», che nella Chiesa vedono ormai soltanto l'apparato, senza che il loro cuore sia toccato dalla fede.

Questa parabola ci aiuta a riflettere molto, anzi, deve scuotere tutti noi. Mi spiego meglio. Non significa affatto che tutti coloro che vivono nella Chiesa e lavorano per essa siano da valutare come lontani da Gesù e dal Regno di Dio. Assolutamente no! Piuttosto è questo il momento per dire una parola di profonda gratitudine ai tanti collaboratori impiegati e volontari, senza i quali la vita nelle parrocchie e nell'intera Chiesa sarebbe impensabile. Tale servizio richiede innanzitutto una competenza oggettiva e professionale. Ma nello spirito dell'insegnamento di Gesù ci vuole di più: il cuore aperto, che si lascia toccare dall'amore di Cristo, e così dà al prossimo, che ha bisogno di noi, più che un servizio tecnico: l'amore, in cui all'altro si rende visibile il Dio che ama, Cristo. Allora interroghiamoci, anche a partire dal Vangelo di oggi: come è il mio rapporto personale con Dio, nella preghiera, nella partecipazione alla Messa domenicale, nell'approfondimento della fede mediante la meditazione della Sacra Scrittura e lo studio del Catechismo della Chiesa Cattolica? Il rinnovamento della Chiesa, in ultima analisi, può realizzarsi soltanto attraverso la disponibilità alla conversione e attraverso una fede rinnovata.

Nel Vangelo di questa Domenica - lo abbiamo visto - si parla di due figli, dietro i quali, però, ne sta, in modo misterioso, un terzo. Il primo figlio dice di no, ma compie poi la volontà del padre Il secondo figlio dice di sì, ma non fa ciò che gli è stato ordinato. Il terzo figlio dice di «» e fa anche ciò che gli viene ordinato. Questo terzo figlio è il Figlio unigenito di Dio, Gesù Cristo. Gesù, entrando nel mondo, ha detto: «Ecco, io vengo [...] per fare, o Dio, la tua volontà» (cf Eb 10,7). Questo «», Egli non l'ha solo pronunciato, ma l'ha compiuto e sofferto fin dentro la morte. Nell'inno Cristologico della seconda lettura si legge: «Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce». In umiltà ed obbedienza, Gesù ha compiuto la volontà del Padre, è morto sulla croce per i suoi fratelli e le sue sorelle - per noi - e ci ha redenti dalla nostra superbia e caparbietà. Ringraziamolo per il suo sacrificio, pieghiamo le ginocchia davanti al suo Nome e proclamiamo insieme con i discepoli della prima generazione: «Gesù Cristo è il Signore! a gloria di Dio Padre».

La vita cristiana deve misurarsi continuamente su Cristo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù», scrive san Paolo nell'introduzione all'inno Cristologico. E qualche versetto prima, egli già ci esorta: «Se c'è qualche consolazione in Cristo, se c'è qualche conforto, frutto della carità, se c'è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi». Come Cristo era totalmente unito al Padre ed obbediente a Lui, così i suoi discepoli devono obbedire a Dio ed avere un medesimo sentire tra loro.

Inoltre, con l'esortazione all'unità, Paolo collega il richiamo all'umiltà. Egli dice: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma anche quello degli altri». L'esistenza cristiana è una pro-esistenza: un esserci per l'altro, un impegno umile per il prossimo e per il bene comune. L'umiltà è una virtù che nel mondo di oggi e, in genere, di tutti i tempi, non gode di grande stima. Ma i discepoli del Signore sanno che questa virtù è, per così dire, l'olio che rende fecondi i processi di dialogo, possibile la collaborazione e cordiale l'unità. Humilitas, la parola latina per «umiltà», ha a che fare con humus, cioè con l'aderenza alla terra, alla realtà. Le persone umili stanno con ambedue i piedi sulla terra. Ma soprattutto ascoltano Cristo, la Parola di Dio, la quale rinnova ininterrottamente la Chiesa ed ogni suo membro.

Chiediamo alla Vergine Maria, umile ancella del Signore, affinché ci dia il coraggio e l'umiltà di camminare sulla via della fede, di attingere alla ricchezza della misericordia di Dio e di tenere fisso lo sguardo su Cristo, Parola che fa nuove tutte le cose, che per noi è «la via, la verità e la vita» (cf Gv 14,6). Amen!

 

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