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TESTO Che brutta bestia, l'invidia...

don Alberto Brignoli  

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XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (24/09/2023)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Di solito, letto all'interno del contesto sociale nel quale ci troviamo a vivere, il Vangelo getta una luce di speranza sulle nostre quotidiane vicende. La sua attualità lo rende, ancor oggi, nella sua versione completa (la Bibbia, intendo dire) il libro più letto e più stampato al mondo.

Il Vangelo di oggi, però, non sembra affatto darci una mano, in questo senso... Già non riusciamo ad arrabattarci tra le questioni sollevate dalla validità o meno del reddito di cittadinanza e del suo sostituto (mi pare si chiami “assegno di inclusione”...); già assistiamo a quotidiani teatrini “bipartisan” della politica italiana che non riesce a trovare un accordo sull'entità del salario minimo dei lavoratori; già dobbiamo convivere con l'indignazione di vedere fannulloni godere del privilegio di non licenziabilità sulla scorta di non si sa bene quali leggi che ne tutelano il contratto di categoria... ci manca pure di sentire Gesù che ci presenta come modello di giustizia sociale un padrone che paga un bracciante - che lavora nei campi tutto il giorno sotto il sole cocente - tanto quanto uno che ha lavorato sì e no un'oretta, per di più nel tardo pomeriggio, quando ormai il gran caldo è passato e forse può tornare a casa senza nemmeno la necessità di farsi una doccia! E magari, prima di tornare a casa, si ferma a spendere quanto ha guadagnato facendo un bell'aperitivo al bar! Sì, perché di sicuro uno che sta in piazza tutto il giorno a far niente, non ha a casa moglie e figli da mantenere, o quantomeno non gliene frega nulla... È vero che al tempo di Gesù non esistevano i sindacati, per cui nessuno tutelava il lavoratore, che in genere era mantenuto in una condizione di servitù, se non addirittura di schiavitù: però, nemmeno considerare un fannullone alla stregua di un onesto padre di famiglia che si alza al mattino presto per cercare lavoro pare essere una cosa giusta! Ancor peggio: nel momento in cui quest'ultimo rivendica al padrone ciò che è giusto, si sente dire “prendi e vattene!”... Della serie: “se ti sta bene, è così, altrimenti puoi cercarti un altro lavoro”!

Insomma, pare proprio che questo Dio (perché in fondo il padrone della vigna non fa altro che impersonificare il Padreterno) sia un po' carente riguardo ai temi legati alla giustizia... Pensavamo di aver sentito già tutto domenica scorsa, riguardo alla poca giustizia di Dio, che si era permesso di concedere un condono fiscale di diverse migliaia di euro a un autentico gaglioffo incapace di condonare un debito di poche centinaia di euro a un collega di lavoro: e invece, oggi Dio rincara la sua dose di ingiustizia considerando tutti uguali, lavoratori e fannulloni, onesti e approfittatori, gente che nella vigna c'è da sempre e gente che si presenta all'ultimo momento e ne esce comunque bella agli occhi di tutti!

Ecco, credo che il punto stia tutto qui: nel rapporto tra coloro che lavorano da sempre nella vigna e quelli che, per i più svariati motivi, ci arrivano all'ultimo momento.

La parabola, infatti, non vuole mostrarci i criteri di giustizia di Dio (e menomale, perché abbiamo visto che non corrispondono affatto al nostro modo di pensare, come ci dice anche Isaia nella prima lettura), ma il rapporto che, all'interno di una comunità di credenti, si crea tra chi recrimina a Dio di essere ingiusto e chi, invece, lo vede per quello che è: un Dio misericordioso. E buono. Gli operai pagati con lo stipendio di un'intera giornata per una sola ora di lavoro non hanno nulla da eccepire al padrone (beh, ci mancherebbe anche quello...), neppure il fatto di essere stati lasciati esclusi dal lavoro per tutto il giorno, forse consapevoli che buona parte della colpa se la portano via loro; a differenza degli operai della prima ora, che al momento della paga mormorano contro il padrone, convinti di dover essere pagati di più perché maggiormente impegnati, perché al suo servizio sin dal primo momento, perché loro non hanno alcuna colpa per questo torto subito, se non quella di essersi alzati presto al mattino!

Dietro le righe, ci leggiamo qualcosa che, sia pure in modalità diverse, avviene ancora oggi nelle nostre comunità. Matteo, infatti, riporta questa parabola di Gesù pensando al contesto della sua comunità, nella quale convivevano due diversi gruppi, due diverse “anime”: un gruppo - il più numeroso - era costituito da coloro che, provenienti dalla fede ebraica, da sempre (come gli operai della prima ora) avevano abbracciato il messaggio cristiano, forse anche avendo conosciuto e seguito Gesù di persona. Per essi, Matteo scrive buona parte della struttura originale del suo Vangelo addirittura nella lingua materna, l'aramaico. Poi ci sono quelli “dell'ultima ora”, i cristiani di lingua greca e di religione e cultura pagane, quelli che hanno abbracciato la fede in Gesù dopo un cammino forse faticoso, lento, tardivo, ai quali tuttavia non poteva essere negata la stessa grazia e la stessa dignità offerta ai cristiani di antica data; i quali, forse, faticavano molto ad accettarli come identici a loro, uguali a loro, usufruttuari degli stessi loro diritti.

Perché di fronte a Dio - e Paolo questo ce lo ha insegnato in mille salse - non c'è ebreo o greco, giudeo o pagano, credente da sempre o credente dell'ultimo momento: Dio - forse ingiustamente, per noi - tratta tutti alla stessa maniera. Non così noi, che nelle nostre comunità assistiamo ancora, spesso, a questi “teatrini” da parte di coloro che “da sempre siamo impegnati in parrocchia”, “da sempre facciamo questa attività”, “da sempre sappiamo come fare perché siamo di qui, siamo nati qui”, che non vedono di buon occhio chi arriva da fuori (ancor peggio se ha pelle, lingua e cultura diverse dalla loro), che non accettano di condividere ciò che fanno (quasi fosse un privilegio fare volontariato) con le persone arrivate da poco nella comunità, che non permettono a nessuno di dare una mano per la costruzione di una comunità più omogenea e aperta perché “solo loro sanno cosa vuole dire essere buoni cristiani”. Chi arriva alla fede all'ultimo momento e per via traverse e inattese, infatti, come minimo - dal loro punto di vista - chissà che storiacce poco chiare avrà alle spalle.

Beh, se la si pensa così, non ci si stupisca se il Signore risponde alle mormorazioni dicendo “Prendi il tuo e vattene!”: l'invidia nei confronti di un Dio buono, misericordioso e accogliente non porterà mai a nulla di buono...

 

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