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TESTO La correzione è una risorsa

padre Gian Franco Scarpitta  

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/09/2023)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Proprio alla fine di Agosto, mentre terminavo le mie vacanze a Genova, in una strada piuttosto stretta del rione in cui solitamente dimoro in estate, ho fatto manovra in retromarcia con la macchina con cui avevo raggiunto il capoluogo ligure, dimenandomi a scansare gli ostacoli di altre auto e moto parcheggiate lungo i lati della via.

Sfortunatamente però, procedendo non senza fatica a marcia indietro, il mio veicolo ha urtato la parte anteriore di un'altra auto parcheggiata in quegli spazi, scardinando la targa del veicolo. Il proprietario era assente, tuttavia mia cognata ed io siamo riusciti a individuarlo fra i vicini della popolare strada del rione e l'abbiamo così avvertito dell'accaduto.

Ovviamente mi sono scusato per l'inconveniente e mentre proponevo di rimediarvi anche di tasca mia, nell'immediato, notavo la premura di quella persona che, in modo pacifico, sereno e con grande equilibrio e obiettività, ometteva qualsiasi animosità e contrarietà nei miei confronti, ammirando anzi la premura che gli avevo usato nell'avvertirlo, e si premurava che io non mettessi mani al portafoglio per affrontare una spesa che a suo giudizio sarebbe stata esorbitante, invitandomi a compilare l'apposito cid per l'intervento della compagnia assicurativa. Cosa che facemmo senza problemi.

E' stata quella un'occasione molto piacevole di incontro per tutt'edue, un dialogo pacifico che si è trasformato in una reciproca correzione fraterna. Come infatti io ho ammesso il mio errore di non aver avuto occhio nella manovra in retromarcia, anche questo giovane, quasi inaspettatamente e dietro mia osservazione, ha considerato di aver parcheggiato il suo veicolo in una posizione non del tutto sicura, con il cofano anteriore che sporgeva sulla strada; in effetti avrebbe potuto subire urti da chiunque.

Dice Paolo che “la scienza gonfia e la carità edifica”(1Cor 8, 2) e questo diventa esperibile quando la carità si realizza nel dialogo e nella reciproca intesa, nell'umiltà, intervenendo calorosamente verso l'altro con premura e attenzione. L'esercizio del dialogo, cioè della disponibilità reciproca a metterci in discussione oltre che a parlare, sortisce sempre i suoi vantaggi.

E una delle prerogative della carità, e per ciò stesso del dialogo e della comunicativa, è appunto la correzione fraterna. Essa è considerata necessaria perfino per ottenere la salvezza, come esprime il profeta Ezechiele (1Lettura) e come affermano anche Paolo e Giacomo nel Nuovo Testamento, perché emendare le persone che si perdono o almeno tentare di recuperarle dalle loro devianze peccaminose rientra fra i doveri di noi credenti peraltro battezzati e partecipi della missione di Cristo. Criticare, avversare o giudicare negativamente coloro che si allontanano dalla retta disciplina non è mai lecito, ancor meno quando da parte nostra nulla si è fatto perché tornassero sul retto sentiero e anche noi siamo quindi responsabili delle manchevolezze degli altri. Per questo, Gesù caratterizza la correzione come un atto individuale, ma anche comunitario: sia come soggetti che come Chiesa (parrocchia, gruppo, istituzione locale) dovremmo preoccuparci del recupero dei peccatori considerando come anche noi siamo stati resi oggetto di amore e di misericordia da parte del Signore.

Anche nelle nostre comunità abituali, siamo soliti considerare la sola punizione e la condanna per coloro che mancano alle loro ottemperanze, preferiamo escludere, giudicare, etichettare, senza renderci conto che questo costituisce un deprecabile peccato verso quel Dio che preferisce la salvezza di un solo peccatore a quella di tanti presunti giusti.

Certamente è sconveniente adottare il partito di coloro che intendono persistere nell'errore e nelle imperfezioni e per questo motivo occorre anche prevedere che vi siano coloro che fanno dell'errore il motivo del loro vanto, senza alcuna volontà di emendarsi nonostante la nostra premura. Quello è il caso dei peccatori ufficialmente dichiaratisi tali, di coloro che con convinzione adottano la soluzione del peccato e della defezione. Meglio restarne lontani, per non rischiare di essere contaminati a nostra volta.

Resta inequivocabile però che la correzione è un atto irrinunciabile di carità che non va omesso.

Oltre che un monito divino, essa andrebbe considerata come una risorsa, poiché il suo esercizio indovinato consegue sempre benefici del tipo simile a quelli descritti in apertura. Una risorsa in grado di contribuire al progresso della comunità e della società intera, che avrà confortevoli conseguenze anche per noi stessi.

La correzione non si identifica con la prevaricazione sull'altro alla maniera di predominio o di spadroneggiamento; non è una forma di coercizione, né di severa incisività, o di umiliazione nei confronti di chi sbaglia e neppure la su può identificare come occasione per emergere o per ergerci a giudici o inquisitori nei confronti di chi commette un errore. Così interpretata, essa è solamente matrice di tensione e di discredito, procura distacco e alimenta la polemica e lo scontro, perché la persona corretta non può che reagire come chiunque si senta avversato o aggredito: non potrà che considerarci invadenti e prevaricatori, opponendo inimicizia e riluttanza a quelli che noi interpretiamo come atti di correzione. Ancora più assurda e ridicola è l'istintività di chi rimprovera, redarguisce, minaccia o punisce senza essersi premurato di dimostrare al “reo” in cosa sia consistito il suo errore e senza avergli insegnato come evitarlo in futuro. Rilevare continuamente l'errore evidenziando solo le imperfezioni e le mancanze ottiene poi il risultato esattamente opposto a quello di emendare e di correggere.

Correggere non vuol dire umiliare o sottomettere, ma piuttosto accompagnare. Nei suoi insegnamenti Gesù ci esorta a collocarci alla pari del fratello gravato da errori e mancanze, a considerarci anche noi poveri peccatori, a nostra volta bisognosi di essere emendati, che tuttavia vogliono indicare al fratello una via obiettivamente migliore da percorrere, un'alternativa valida al peccato, allo sbaglio e all'imperfezione. Non si può correggere né emendare nessuno qualora non consideriamo di essere noi stessi manchevoli, bisognosi della stessa misericordia correttrice con cui vogliamo avvicinare il fratello che sbaglia. Correggere è anche saper dire a chi sbaglia che anche noi abbiamo commesso errori. E' appunto l'umiltà che ci condurrà a collocarci sullo stesso piano del fratello, onde poterci atteggiare come suoi semplici compagni di viaggio, per metterlo a proprio agio affinché possa concepire la validità delle nostre parole soprattutto a partire dal sentore di fraternità e ancor di più dal buon esempio. Nel riprendere va sottolineato soprattutto il carattere pernicioso dell'errore, l'evidente negativa del difetto, dimostrando con chiarezza la validità di altre alternative, adoperando parole ed espedienti persuasivi.

Del resto Gesù, Verbo del Padre e con Lui Creatore e fautore di ogni perfezione prima di tutti i secoli, ha preferito considerarsi manchevole e peccatore egli stesso facendo la fila davanti al Battista come un uomo qualsiasi e ancor prima sottomettendosi agli insegnamenti e alle immancabili correzioni di suo padre carpentiere e di sua Mamma la Vergine Maria. Non ha voluto istruire gli altri senza prima essersi sottoposto egli stesso ad apprendimento sociale e professionale.

Anche chi corregge dovrebbe agire “senza vanagloria o rivalità, considerando gli altri superiori a se stesso, avendo gli stessi sentimenti di Cristo che spogliò se stesso di ogni cosa”(Fil 2, 3 - 6).

Esercitare in modo appropriato codesta virtù di carità e di umiltà apporta considerevoli vantaggi per tutti, di fiducia e di serenità.

 

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