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TESTO Dio non si sfida, di lui ci si fida!

don Alberto Brignoli  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/08/2023)

Vangelo: Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

Il Gesù del Vangelo di oggi è un Gesù un po' insolito... Usa, infatti, dei modi molto sbrigativi e autoritari che non gli si addicono. Ci dice Matteo, all'inizio del brano, che Gesù, dopo aver sfamato in maniera miracolosa la folla, “subito costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché egli non avesse congedato la folla”. Una volta congedata la folla, poi, si ritirò solo sul monte a pregare, e ci rimase buona parte della notte.

Che bisogno c'era di costringere i discepoli a salire in fretta sulla barca e a precederlo sull'altra sponda del lago, se poi lui si attarda così tanto tempo a pregare da solo sul monte? Forse, aveva il legittimo desiderio di stare un po' da solo, in dialogo con Dio suo Padre: ma per fare questo, non c'era certo bisogno di “costringere” i discepoli ad andarsene di fretta. Anche perché - ce lo dice la narrazione - stava arrivando il maltempo, e mettersi in acqua con il vento contrario non era la cosa più saggia: Pietro e i suoi compagni, esperti pescatori, conoscevano bene il lago, e forse questo ci aiuta ulteriormente a capire come mai Gesù dovette costringerli a fare una traversata che da soli - giustamente - non avrebbero mai fatto. Gesù sapeva bene che il miracolo da lui compiuto - quello di dare da mangiare a cinquemila persone - avrebbe potuto diventare un'occasione di successo, attraverso la quale farsi proclamare Messia dalle folle: per questo, forse, costringe i discepoli ad andarsene di fretta mentre egli si rifugia sul monte a pregare. L'altra riva del lago, tra l'altro, si trovava in territorio pagano: questo voleva dire che dall'altra parte della riva sarebbe iniziata una nuova missione, per loro. E per farlo, era necessario attraversare un mare in tempesta.

Da una parte, possiamo anche capire che i discepoli si sentissero “costretti” da Gesù a fare quella traversata: chi te lo fa fare, di abbandonare una certezza come Gesù per andare verso l'ignoto e l'incertezza? Un Dio che in un istante ti risolve i problemi della vita fa gola un po' a tutti... Hai fame? Ti do da mangiare! Sei malato? Ti guarisco all'istante! Hai perso il lavoro? Ci penso io, tu seguimi!

E invece non è così: perché Dio non è un distributore automatico di benefici. Il Dio di Gesù Cristo si è fatto uomo, e con tutto ciò che è umano, egli chiede condivisione. Con lui si condividono cinque pani e due pesci per più di cinquemila persone, però si deve avere anche il coraggio di condividere una notte di tempesta sulla barca per andare “dall'altra parte”, verso l'ignoto.

Sarebbe bello, nella vita, poter navigare sempre alla luce del sole, con la pancia piena e in acque tranquille, ma non è così: spesso, nel mare della vita, occorre navigare al buio e in acque agitate. E per di più, proprio quando hai bisogno di Dio, lui non c'è, perché preferisce starsene da solo, in disparte da tutto e da tutti. E magari lo invochi, impaurito, e invece di incontrare lui, fai la terribile esperienza di incontrare “i fantasmi” della tua vita, pensieri e situazioni che ti fanno paura perché non sai come affrontarli.

Anche Dio può diventare un incubo per la tua vita, se lo invochi e lo cerchi come la soluzione di tutti i tuoi problemi, e poi invece te lo ritrovi così lontano ma anche così tremendamente vicino, simile a te, uomo come te. “Uomo come te” non significa, però, incapace di fronte ai drammi della vita, alle tempeste, ai venti forti che sbattono la tua barchetta da una riva all'altra del lago: il Dio “fatto uomo come te” è colui che condivide con te tutta la tua esistenza, ma è comunque l'Onnipotente; e per scoprire che lui è così, per avere la certezza che sia lui a camminare verso di te sulle acque agitate della vita, per accettare che ti tenda la mano e ti salvi, occorre fede.

Se cerchi un Dio che ti risolva tutti i tuoi problemi perché potente, roboante e terrificante come un terremoto, un uragano o un incendio distruttore, stai pur certo che non lo troverai, perché lui si farà incontro a te con la semplicità di chi ti è vicino ogni giorno, con la dolcezza di chi ti sta a fianco, con il soave sussurro di una brezza leggera (come accadde a Elia), più che con la forza dei venti burrascosi del mare.

Certo, bisogna fidarsi di lui. Bisogna credere che lui è potente, e non sfidarlo per metterlo alla prova. A Dio non ci si rivolge come fa Pietro: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”.

Quel “Se sei tu” suona quasi da tentazione: sono le stesse parole di satana nel deserto! E poi “comandami”: da quando a Dio si ordina qualcosa? Quando mai a Dio “comandiamo di comandarci”?

A Dio non si comanda: davanti a Dio ci si prostra e lo si adora. In una parola: Dio non si sfida, di lui ci si fida. E basta. Forse è proprio per questo che ci “costringe” a metterci in mare nonostante la tempesta: per farci capire che non siamo noi a disporre della nostra vita, e men che meno della sua.

Rimettiamoci in viaggio, allora, perché sull'altra riva ci aspetta una missione.

 

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