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TESTO La luce impigliata in vesti impolverate

don Angelo Casati  

Trasfigurazione del Signore (06/08/2023)

Vangelo: Mt 17, 1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

"Signore, è bello per noi essere qui!": Pietro è anche un impulsivo; è lui, stralunato, a reagire così davanti al Maestro, trasfigurato sul monte, il volto che brilla come il sole e le vesti candide come la luce. Quante volte aveva visto accendersi il suo viso, ma una cosa così era l'inimmaginabile: candide pure le vesti del Maestro, impolverate da quel lungo suo andare, fatte candide come da bucato. Quando ti accade qualcosa di bello, di così bello, ti vengono le stesse parole di Pietro. Anche a noi in alcune ore della vita accade di dire: "Ma che bello essere qui con te".

Ebbene, da poveri discepoli quali siamo, è come se anche noi questa mattina fossimo stati scelti - è un privilegio - da Gesù e da lui condotti in disparte sul monte. Mi chiedo se l'"in disparte" non potrebbe essere questa chiesa o un angolo di casa, o uno snodo di strada, che abbiano il colore dell' "in disparte". E anche noi a dire: "Signore, è bello per noi essere qui!". "A volte non te lo diciamo, ma oggi vorremmo proprio dirtelo. Ti possiamo contemplare trasfigurato grazie a Pietro, Giacomo e Giovanni che il segreto di quel giorno se lo tennero a fatica nel cuore. Poi, tu risorto, raccontarono l'inaudito, e ancora questa mattina a noi".

A quella vista, a Pietro si ingarbugliarono pensieri e parole, azzardò una proposta: "Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". Ma la proposta non andò a buon segno. E nemmeno aveva finito di parlarne: "Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo"". Pensate, i tre, avvolti come da nube dallo Spirito, come un giorno la ragazzina di Nazaret, avvolta anche lei da nube in vigilia di concepimento.

Risposta alla trasfigurazione non è dunque costruire capanne o cappelle o frequentare un eventuale santuario, ma frequentare la parola: ascoltare Gesù, il Maestro, uno che segna la via. La domanda è se sta segnando la mia via. Voi mi capite, senza nulla togliere alla lucentezza della pagina del vangelo o alla bellezza e all'importanza delle soste sul monte, soste di svelamento, di riconoscimento, soste di emozione ma anche di rassicurazione, l'invito è poi a scendere nella vita, a immergersi nel mondo. Toccati dalla luce chissà anche i vestiti, certo il vestito della vita. In questo orizzonte è interessante scoprire come la trasfigurazione non sbuchi nei vangeli quasi isola senza mari, non accade in un tempo qualunque.

Noi abbiamo introdotto il racconto leggendo: "In quel tempo Gesù prese con sé...". In realtà il racconto inizia dicendo: "Sei giorni dopo...". E cos'è questa connessione? Che cosa era mai accaduto, sei giorni prima, di così importante da segnarne con puntiglio il tempo? Ebbene quel giorno, giunti nella regione di Cesarea di Filippo, Gesù aveva chiesto ai discepoli che cosa pensasse la gente di lui; poi lo chiese loro; e Pietro, protagonista come era nelle sue vene, a dire: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Ebbene "da quel giorno" cominciò la "spiegazione". Eccola. E' scritto: "Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno". Da quel giorno... Pietro reagisce male. Ma anche gli altri, immagino, non meno di lui.

Seguirlo non sarebbe stato dunque andare a celebrare un trionfo o mettere una assicurazione sulla vita. Ed ecco che a sostegno, nel mezzo di un cammino che riserverà fatiche, accade imperdibile una sosta che suona come un incoraggiamento ad osare. Quello che stai seguendo non è una chimera, non è una utopia, è una persona, è colui che si è acceso di luce sul monte mentre una voce dalla nube diceva: "Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo". Importante per i tre discepoli la trasfigurazione: saranno proprio loro che, in vigilia di crocifissine, la notte di cattura, vedranno il volto di Gesù segnato "da tristezza e angoscia" e la sua anima "triste fino alla morte". Importante per loro, ma come appare da queste parole, importante la trasfigurazione anche per Gesù.

E questo è un aspetto per lo più sottaciuto. Vorrei concludere affidandomi alle parole di una lectio suggestiva del card. Carlo Maria Martini. Si chiede che cosa rappresenta la trasfigurazione per Gesù? Risponde: "È una promessa e un'anticipazione della sua gloria. Egli ha vissuto finora una vita molto umile, molto povera, quasi trascurata dagli altri; certamente ha compiuto miracoli e la folla gli è corsa dietro, ma a un certo punto si è ritirata perché le sue esigenze erano troppo alte. Gesù dunque sta vivendo un momento di solitudine, di abbandono da parte della gente. Ed ecco che il Padre interviene quasi a incoraggiarlo: è destinato alla pienezza della gloria.

Per Gesù il momento della Trasfigurazione mostra quella gloria che è già in lui, pur se non è ancora manifestata. Inoltre per Gesù l'evento del Tabor è un sostegno di fronte alla passione che lo attende; è un aiuto alla sua umanità prevedere la sua risurrezione e ascensione". Che cosa rappresenta - si chiede il cardinale - la trasfigurazione per i discepoli, e quindi per noi? "Potremmo dire che l'evento è sorgente di una grande consolazione intellettuale. Anch'essi, come noi, venivano tentati di lasciarsi chiudere nelle critiche, nelle mormorazioni, in tutto ciò che costituiva la quotidianità, poco rilevante; sul monte sono invitati a leggere nelle piccole cose la grandezza del mistero di Dio che si rivela. Agli occhi della fede, nulla più nella nostra vita è banale, niente è mediocre, niente ci rende impazienti, perché cogliamo il senso profondo di tutto. È una consolazione intellettuale, nella quale si gode di capire il senso di tante prove, sofferenze, oscurità. Si comprende che tutto ha un senso".

Quasi a dire la luce impigliata in vesti impolverate.

 

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