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TESTO E se la fede fosse scoperchiare un tetto?

don Angelo Casati   Sulla soglia

IX domenica dopo Pentecoste (Anno A) (30/07/2023)

Vangelo: Mc 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 2,1-12

1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Un capolavoro il racconto dal libro di Samuele. Pensate all'apologo, cui ricorre il profeta Natan, e come nella pagina respirino, a stretta congiunzione, tenerezza di sentimenti e brutalità di comportamenti. Si può essere poveri, ma non di sentimenti: "Il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia".

E si può essere ricchi e brutali: il ricco che strappa al povero la pecorella piccina, come se non contasse nulla. L'indifferenza, che fa ciechi, cieco anche il cuore. Davide si indigna. Mai e poi mai avrebbe pensato che il profeta stesse parlando di lui. Ed ecco il colpo di scena: "Tu sei quell'uomo!". "Tu hai colpito di spada Uria l'Ittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa". E non è forse vero che anche a noi accade di indignarci, e poi, se ci ripensassimo, una voce potrebbe sussurrarci: "Tu sei quell'uomo! Non fai, forse in altri modi, le stesse cose?". E' decisivo riconoscere. Riconoscere anche gli spazi minimi della brutalità. Che ci fa proprio brutti.

Che grazia, se Dio e amici veri ci aiutassero a riconoscerne i segni! Ma "Tu sei quell'uomo!" non è l'unico colpo di scena, perché dopo parole durissime sbuca nel racconto sorprendentemente una parola di misericordia: "Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai". Cioè, hai un futuro. Anche dopo un'abiezione simile, ti è data una possibilità, per convertirti a novità di vita, alla bellezza. Dovremmo ricordarlo. Luce. Ma non è tutto luce nelle parole del profeta. La liturgia ha operato un taglio incomprensibile. Riprendo alla lettera: "Natan rispose a Davide: "Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai. Tuttavia, poiché con quest'azione tu hai insultato il Signore, il figlio che ti è nato dovrà morire"". E questa, accanto a parole di luce, è una parola inquietante, buia, che non basta un taglio a cancellarla.

Inquietante e intollerabile addossare ai figli la colpa dei padri: "poiché con quest'azione tu hai insultato il Signore, il figlio che ti è nato dovrà morire". A volte penso che le parole - anche le parole che chiamiamo sacre, figuratevi le mie! -abbiano bisogno di essere messe in cammino. E che debbano arrivare ad altri approdi o persino contraddette. Ebbene queste ultime parole del racconto, irricevibili per noi oggi, lungo il cammino del Libro sacro sono state contraddette. Leggo all'inizio del capitolo diciottesimo del profeta Ezechiele. "Mi fu rivolta questa parola del Signore: "Perché andate ripetendo questo proverbio sulla terra d'Israele:"I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati"? Com'è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio, voi non ripeterete più questo proverbio in Israele.

Ecco, tutte le vite sono mie: la vita del padre e quella del figlio è mia; chi pecca morirà". Le parole in cammino. In cammino verso la verità. Vengo al vangelo. Anche il racconto di Marco è un capolavoro di narrazione: anche qui nelle pieghe del racconto colpi di scena a non finire. Certo il più clamoroso è lo scoperchiamento del tetto. Ci rimangono negli occhi quei quattro senza nome, toccati da un colpo di genio incredibile. Certo le case a Cafarnao per lo più erano coperte da un soffitto leggero fatto di fango e paglia; ma chi mai avrebbe potuto immaginare che, soluzione all'accerchiamento di Gesù da parte della folla, potesse essere calare un paralizzato dall'alto.

I presenti sentirono nella casa fruscii strani e poi tocchi al soffitto, videro un lembo di cielo, poi una barella planare dall'alto, operazione senza aiuto di radar, planato nel punto giusto. E Gesù? Certo lo sguardo al paralitico, ma dal racconto appare che subito lo sguardo gli corse in alto, ai quattro che si sporgevano soddisfatti da uno squarcio del soffitto, sullo sfondo il cielo. E "Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: "Figlio, ti sono perdonati i peccati"". E' bellissimo, Gesù va al cuore degli eventi, va all'in principio dei gesti: e nell'in principio c'era la fede dei quattro: "vedendo la loro fede...".

Voi lo avete notato, nessuna dichiarazione di fede da parte dei quattro, nemmeno una parola: la fede sta nel gesto, nel prendersi cura dell'altro. Messaggio per noi che la fede la leghiamo, esclusivamente o quasi, a parole religiose o a riti sacri. Vorrei aggiungere che la fede, se è vera fede, non è cosa pallida, inerte: spinge a immaginare, a osare, a inventare. E voi mi dite quanto il mondo oggi abbia bisogno di immaginazione e di audacia, virtù poco predicate, poco praticate, eppure segno di fede. Io quanto spazio do alla immaginazione, all'audacia? Vengo a un'altra sorpresa che sguscia dal racconto. Ora gli occhi di Gesù sono sul paralitico: "Disse al paralitico: "Figlio, ti sono perdonati i peccati"".

Chissà forse Gesù aveva letto nei suoi occhi un brivido di indegnità, quasi una paralisi interiore, un bisogno di perdono, di essere "rialzato dentro". E lui era il tramite luminoso della misericordi di Dio. Sentite la tenerezza, lo chiamò "figlio": "Figlio, ti sono perdonati i peccati". E subito indovinò lo sconcerto di scribi e farisei. Era il Rabbi che diceva "àlzati" e Marco annota: "Erano seduti là alcuni scribi e farisei". "Seduti", capite, immobili: loro le parole sacre le avevano fermate e vanificate. Il rabbi di Nazaret diceva: "Àlzati", verbo che nell'etimo greco significa svegliarsi, è il verbo con cui si racconta la risurrezione. Loro seduti. "Il paralitico si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò".

E noi? Seduti a giudicare, a stroncare? O andiamo per case e per strade incoraggiando, dicendo, come il Maestro: "Àlzati"?

 

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