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TESTO Santa cena dalle mani vuote

don Angelo Casati  

VII domenica dopo Pentecoste (Anno A) (16/07/2023)

Vangelo: Lc 13,22-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,22-30

22Passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Ancora pietre. Dopo le tavole di pietra del monte Sinai, oggi nel racconto dal libro di Giosuè cippi di pietra, tratti dai fondali del fiume Giordano, dodici come dodici le tribù, dodici uomini a sollevarli per poi collocarli là dove si sarebbero accampati, prima notte. E poi altri dodici pietre innalzate da Giosuè nel tratto di fiume dove era avvenuto, sorprendendo, un attraversamento all'asciutto. "Queste pietre - disse Giosuè - dovranno essere un memoriale per gli Israeliti, per sempre". Poi la chiusa stupefacente del racconto: "Esse si trovano là fino ad oggi".

Alle generazioni, che ne avrebbero chiesto la ragione, i padri avrebbero raccontato di un Dio che fa uscire dalla schiavitù, un Dio che accompagna i cammini di libertà. Voi mi capite. La bellezza e, insieme, l'importanza, di cippi che facciano memoria e di generazioni che ancora si facciano domande. Coltivate la curiosità. E "raccontate": invitava oggi, a ondate, il salmo. I cippi di pietra "dovranno essere un memoriale" è scritto. Memoriale è più che memoria, è una memoria che riaccende nell'oggi l'evento. Guardi le pietre e dici: "Oggi Dio ascolta il mio grido, oggi mi fa attraversare il fiume". Ognuno di noi ha i suoi cippi di pietra, cari al cuore, che non impallidiscono: un viso, una parola, un oggetto, un fiore, un evento.

Ti riaccendi, oggi. Un po' come un memoriale. Ma anche i cippi di pietra possono diventare idoli vuoti e muti, se li si vive come un'abitudine, senza respirarne l'anima. E così sfioro la pagina di Luca dove Gesù mette in questione la religione. E' sorprendente come Gesù sfugga alla domande teologiche che sanno di accademia, disquisizioni insopportabili per la loro astrattezza: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Disse loro: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta...". La porta stretta. Che rimane unico accesso nella notte, quando tutte le altre sono chiuse. Stretta la porta, e sorvegliata. Una strettezza strana: sbarrerà l'accesso a coloro che rivendicano appartenenze, e lascerà campo largo a moltitudini, che vengono dall'oriente e dall'occidente, da settentrione e da mezzogiorno.

Ma come? "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia... Non vi conosco". Conosciuti, riconosciuti, gli operatori di giustizia. Non basta dunque la presenza. Perdonate se mi azzardo a scorgere una differenza tra "stare in presenza di qualcuno" e "stare alla presenza di qualcuno", tra "firmare una presenza" e "lasciarsi irraggiare da una presenza". "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze".

Ebbene in queste parole sembra di scorgere come una allusione all'eucaristia delle nostre comunità. Che è ascoltare l'insegnamento di Gesù, mangiare e bere: "in sua presenza" o "alla sua presenza"? Se il rito si riducesse a mettere una firma di presenza, e non ci lasciassimo condurre dallo spirito che lo abita per operare la giustizia, tradiremmo il memoriale della Cena del Signore. Lo confineremmo a vuota e muta ripetizione. "Questo pane e questo vino è la mia vita" dice Gesù. "L'ho spesa e ancora oggi la spendo per voi; questa cena è cippo cui ritornare; vi è inciso tutto di me, lasciatevi irraggiare.

Date risposta ai figli e a chiunque vi chiedesse ragione del vostro radunarvi. Dite di me, dite che è memoriale di un Dio che si è fatto, e ancora oggi si fa, compagno di viaggio. Dite che mi sono fatto pane per nutrire, e vino per incoraggiare. Dite loro che ritornate alla cena per riprendere ogni volta la passione di essere pane e vino per gli altri. Ebbene la connessione cena e operare per la giustizia mi ha riportato alla memoria un racconto emozionante.

A colpirmi Il titolo: "Santa Cena dalle mani vuote". E' un testo raccolto in Argentina, una storia vera avvenuta nel vicino Uruguay negli anni della dittatura militare. E' una storia che mostra come la luce della risurrezione possa brillare anche in fondo alla prigione più buia. La storia si svolge in un carcere, dove erano stati rinchiusi gli oppositori del regime. I prigionieri politici stavano tutti insieme, ammassati in un grande stanzone praticamente senza luce. Erano rinchiusi là dentro giorno e notte, e avevano finito per perdere il conto dei giorni. Salvo un prigioniero arrivato da poco dalla capitale, Montevideo, che quel giorno informò i suoi compagni: "Oggi è Pasqua".

I cristiani si passarono la voce: "E' Pasqua, bisogna celebrare!". Ma tutte le riunioni erano proibite. All'esterno del grande stanzone le guardie controllavano, e intervenivano con violenza ogni volta che si formava un capannello di prigionieri. Ma bisognava sfidare la proibizione, e i detenuti non credenti diedero una mano, mettendosi a passeggiare in lungo e in largo per il dormitorio mentre i cristiani, seduti sulle cuccette, a bassa voce, celebravano la Pasqua. Miguel - questo il nome del prigioniero che era appena stato arrestato - sussurrò alcune parole: evocò la risurrezione di Gesù che prefigurava la liberazione di tutti i prigionieri; Gesù era stato perseguitato, incarcerato, torturato e assassinato, ma una domenica come questa aveva fatto rotolare la pietra che chiudeva la sua tomba.

Nello stanzone del carcere non c'era nulla: né pane, né vino, né bicchieri: fu la comunione delle mani vuote. Miguel sussurrò: "Mangiamo, questo è il suo corpo", e i cristiani portarono la mano alla bocca e mangiarono il pane invisibile. "Beviamo, questo è il suo sangue": disse Miguel, e i cristiani alzarono la coppa che non c'era e bevvero il vino invisibile e poi si abbracciarono. Mancava il pane, mancava il vino, ma non mancavano amore e fede, e Gesù era presente in quella Cena dalle mani vuote. Mi è rimasta negli occhi la cena; mi sono rimasti negli occhi i detenuti non credenti, che si misero a passeggiare in lungo e in largo pur di salvare la Cena.

E gli ultimi che diventano primi.

 

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