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TESTO Il regno dei cieli è fatto per gli umili e i semplici

padre Antonio Rungi

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/07/2023)

Vangelo: Mt 11,25-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Il vangelo di questa XIV domenica del tempo ordinario ci offre un brano di San Matteo in cui Gesù, in una preghiera rivolta al Padre, lo ringrazia, quale creatore e Signore del cielo e della terra e gli rende lode, perché ha nascosto le verità che sono via al cielo ai sapienti e ai dotti della terra e le ha rivelate ai piccoli. Chiaro riferimento al cammino di verità che solo in Dio si può scorgere, capire ed approfondire. Le verità umane sono parziali e rendono l'uomo orgoglio di se stesso, quasi a voler sostituire la vera sapienza quella che viene dal cielo e trova la sua sorgente in Dio. Nel versetto successivo del brano del vangelo viene ribadita questa affermazione, in quanto il Padre, ha fatto questa scelta nella tua benevolenza. Il gioco dei ruoli dei grandi e dei piccoli ci aiuta a farci capire da che parte si pone Dio nella ricerca del vero, del nobile e del giusto. Egli si pone dalla parte dei più semplici, innocenti, umili che vogliono crescere nella conoscenza del vero Dio e della vera salvezza. Ecco perché il vangelo continua con quello che Gesù dice di se stesso, in merito alla sua missione ed inviato del padre per la salvezza del genere umano: “Tutto è stato dato a me dal Padre mio”. In poche parole in Gesù troviamo la pienezza della verità e della rivelazione. D'altra parte quale Figlio di Dio, seconda persona della santissima Trinità, può affermare senza ombra di Dio che nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

La possibilità di accesso a Dio Padre avviene attraverso il suo Figlio, incarnato, che in Maria, Madre di Dio, ha assunto la natura umana per opera dello Spirito Santo. Essendo il Verbo Incarnato, Gesù può legittimamente raccordare l'umanità con la Trinità e parimenti può e di fatto lo è il Signore che nel tempo consola, guida, perdona e redime. Il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato si conclude con espressioni ben note a tutti i fedeli che sono assidui alle celebrazioni eucaristiche soprattutto in riferimento al Sacro Cuore di Gesù. Parole di speranza, conforto e di vicinanza assoluta di Dio ad ogni persona che è stanca, oppressa e delusa dalla vita per tanti motivi. Egli viene a rinnovare il suo impegno persona di vicinanza ed accoglienza rivolgendosi a noi con parole che partono dal suo Cuore, ma toccano il nostro cuore: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”. Tale ristoro passa anche attraverso l'accettazione delle prove della vita che in termini concreti significa prendere il giogo di Dio che è la croce, la sofferenza ed imparare da lui, che è mite e umile di cuore. Se facciamo questo troveremo ristoro per la nostra vita superando così tutto ciò che può contrastarci ed opprimerci. L'umiltà e la mitezza del cuore fanno vedere le cose con gli occhi e il cuore di Dio e non con quelli distorti dell'uomo, preso dal suo orgoglio e delirio di onnipotenza. Siccome il giogo che il Signore ha preso sulle sue spalle i è dolce e il peso di cui si è caricato è leggero, imitandolo rendiamo leggeri e dolci pesi e gioghi che la vita ci pone addosso per saggiare la nostra fede, la nostra fortezza la nostra resistenza nell'esistenza terrena. Andare dal Signore ed imparare da Lui vuol dire mettersi alla scuola della croce, che è vera sapienza e autentica esperienza di resurrezione e di vita.

La prima lettura ci prepara spiritualmente ad incontrare Gesù Re. Il profeta Zaccaria in prospettiva della venuta del Messia lo pensa e lo descrive con questi connotati invitando Gerusalemme ad accoglierlo con gioia: Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina”. E' l'ingresso di Gesù un Gerusalemme che la liturgia ricorda nella domenica delle Palme che precede la Pasqua. Scene che vengono riprese ed attestate dai vangeli. L'arrivo di Cristo quale Re vittorioso con le armi dell'amore farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l'arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra». Un Re pacificatore per la creazione e per l'umanità. E' il perenne messaggio cristiano riguardante la pace e che mai come in questo tempo difficile anche per noi risuona come augurio e speranza.

A sugellare il nostro cammino incontro al Cristo Salvatore e Redentore è il testo della lettera di San Paolo apostolo ai Romani, nella quale ci viene richiamata la nostra identità di cristiani che non sono sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in noi attraverso il battesimo e la cresima. Ed è evidente che se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Non è cristiano, non è un discepoli di Colui che ci ha salvato e redento mediante la sua more e risurrezione. Infatti ci ricorda l'apostolo che se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in noi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai nostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in noi. Siamo destinati alla vita oltre la vita, a quell'eternità in cui abita la santissima Trinità. Se siamo immersi nello Spirito, mediante il battesimo, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se viviamo secondo la carne, moriremo alla grazia e alla vita che conta davvero e per sempre. Se, invece, mediante lo Spirito facciamo morire le opere del corpo, vivremo nella gioia di colui che è vita davvero e per sempre, il Dio Uno e Trino. Sia questa la nostra umile preghiera a conclusione di questa riflessione: O Padre, che nell'umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l'umanità dalla sua caduta, dona ai tuoi fedeli una gioia santa, perché, liberati dalla schiavitù del peccato, godano della felicità eterna. Amen.

 

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