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TESTO Dove ti troviamo, o Cristo risuscitato, per trovare riposo e vita nuova?

diac. Vito Calella

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/07/2023)

Vangelo: Mt 11,25-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28).

Queste parole di Cristo risuscitato risuonano dentro di noi come se fossero un abbraccio di consolazione, poiché ciascuno di noi, nell'avventura della sua esistenza terrena, sperimenta continuamente la sua condizione di persona che «vacilla» e «cade», bisognosa di qualcuno che lo «sostienga» nel momento del vacillamento e lo «rialzi» nel momento della caduta, quando cade al punto di trovarsi nella condizione di percepirsi psicologicamente e spiritualmente "morto" (Sal 144,14).

Questo “qualcuno” è Cristo risuscitato, che ora ci offre l'esperienza di conoscere Dio Padre, da Lui rivelato come «misericordia, pietà, amore, pazienza, tenerezza», poiché il nostro creatore è «molto buono con tutti e la sua tenerezza abbraccia ogni creatura» (Sal 144,8-9).

Cristo risuscitato ci offre oggi l'esperienza liberante dell'azione dello Spirito Santo, «Spirito di Dio Padre, Spirito di lui» (Rm 8,10), cioè la gratuità dell'amore che lo unisce eternamente al Padre, poiché «tutto gli è stato consegnato dal Padre suo, e nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,27).

Il Cristo risuscitato oggi è già pronto, è disponibile a sostenerci e a risollevarci nella nostra attuale condizione di vacillamento e, forse, già caduti sotto l'oppressione dei pesi che ci rendono “oppressi” e “oppressori”.

Siamo tutti oppressi e oppressori in qualche modo, sia per la radice del male che è il nostro egoismo, sia per un'interpretazione superficiale della nostra esperienza religiosa.

Siamo oppressi e oppressori a causa della radice del male che è il nostro egoismo.

Siamo continuamente oppressi dai demoni a livello dei nostri istinti naturali, poiché siamo uguali a tutti gli animali, lottando per proteggere il nostro individualismo e soddisfare gli innumerevoli bisogni del nostro “io”. Allora veniamo oppressi dai vizi della gola, della lussuria e dell'avidità di beni materiali.

Il demone della gola non ci permette di degustare il cibo, ma di abusarne, danneggiando la nostra salute fisica, soprattutto quando accompagniamo il mangiare con bevande alcoliche. L'alcolismo può diventare una malattia che opprime la persona e la rende opprimente nei confronti degli altri membri della famiglia, a causa della violenza, del mancato controllo dell'economia familiare e della dipendenza.

Il demone della lussuria trasforma la forza vitale e piacevole della sessualità in un'esperienza di profonda mancanza di rispetto per il proprio corpo e per la corporeità dell'altro, perché si diventa schiavi di un erotismo sfrenato, incentrato sull'egoismo del più forte.

Il demone dell'avidità di possesso opprime il cuore umano con l'idolatria del denaro e l'illusione della felicità, basata sul potere dell'avere e su uno stile di vita consumistico. In nome del denaro, possiamo diventare oppressori degli altri, praticando il commercio illecito e accettando di far parte di qualsiasi schema di corruzione, a danno dei più poveri.

I demoni ci opprimono continuamente a livello dei nostri sentimenti ed emozioni nel difficile esercizio di tessere i nostri rapporti umani e possiamo essere schiacciati dalla tristezza, dall'accidia e dalla rabbia.

Quando le nostre relazioni più significative ci deludono, corriamo il rischio di cadere in una depressione permanente e nello scoraggiamento.

Quando non siamo in grado di vivere intensamente e con perseveranza il momento presente, possiamo riempire il vuoto della nostra insoddisfazione ricorrendo alla felicità illusoria delle droghe e alla distrazione permanente e superficiale della nostra navigazione sui social network.

Quando siamo feriti, rabbia e sentimenti di vendetta prendono il sopravvento sulla nostra vita, che diventa una tempesta di negatività e odio.

Pertanto, quando siamo oppressi dalla tristezza, dall'accidia e dalla rabbia, possiamo diventare oppressori degli altri con il nostro pessimismo, con la superficialità e la mancanza di responsabilità e con l'aggressività negativa scagliata contro chiunque incontriamo sul nostro cammino.

I demoni ci opprimono continuamente a livello della nostra razionalità quando assumiamo acriticamente la mentalità di questo mondo che esalta la nostra libertà individuale e assoluta.

Possiamo diventare schiavi del potere della nostra conoscenza accademica tecnica, scientifica, filosofica, religiosa, perché ci piace ostentare il nostro “ego” di fronte agli altri mostrando i nostri titoli e le nostre conquiste.

Veniamo oppressi dalla logica dell'ambizione di arrivare più in alto, di essere i primi e assumiamo lo stressante stile di vita competitivo nelle nostre relazioni umane.

Veniamo sopraffatti dall'invidia, frutto di continui confronti tra la nostra reale situazione e quella apparentemente vantata da altri.

Siamo oppressi dall'orgoglio di pensare di poter essere autosufficienti, di poter contare esclusivamente sulle nostre capacità umane per decidere, da soli, cosa è bene e cosa è male, opprimendo gli altri, specialmente i più poveri e ignoranti, con i nostri giudizi fatti sempre in cima al piedistallo dei nostri onori e del nostro status sociale.

Siamo oppressi e oppressori dall'interpretazione superficiale della nostra esperienza religiosa.

Potremmo pensare che l'esperienza religiosa sia una questione di meriti umani davanti a Dio, il quale, come giusto giudice, conta le nostre buone azioni per darci la ricompensa della salvezza e conta le nostre cattive azioni per punirci. Al tempo di Gesù, le autorità della religione ebraica caricavano sulle spalle della gente il pesante fardello di una moltitudine di leggi e precetti divini da osservare. In caso contrario, le persone venivano punite da Dio ed escluse dal culto della sinagoga e del tempio. L'interpretazione superficiale della nostra esperienza umana consiste nell'errata idea sulla necessità della nostra prestazione umana per ottenere le benedizioni divine e la salvezza della nostra vita dopo la nostra morte fisica. Non ci rendiamo conto della priorità dell'azione gratuita del Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, che è già venuto incontro per salvarci, senza attendere la nostra perfetta conversione. E possiamo opprimere gli altri avendo il coraggio di additare i loro peccati senza riconoscere che siamo tutti vulnerabili e peccatori.

Dove ti troviamo, o Cristo risorto, per trovare riposo e vita nuova?

Ti incontriamo nell'incontro orante con la tua Parola, riconoscendo la radicale povertà della nostra condizione umana, perché essa è il nostro albero di vita: «Fedele è il Signore in tutte le sue parole!» (Sal 144,13c).

Nell'incontro orante con la tua Parola, impariamo a rimanere stupiti davanti all'opera principale della nostra salvezza e della nostra nuova creazione: la tua morte e risurrezione.

Ai piedi della croce possiamo dire: per la tua opera di donazione, tutta riassunta nell'Eucaristia, «ti lodiamo e ti benediciamo» (Sal 144,10b), «proclamiamo lo splendore del tuo regno e la tua potenza» (Sal 144,10c); sì, perché lo Spirito Santo abita già in ognuno di noi come forza liberatrice.

Così ti troviamo imparando a invocare incessantemente il tuo Spirito che abita in noi, senza volerlo soffocare con l'audacia del nostro orgoglio, perché «se non entriamo in contatto con il tuo Spirito, o Cristo, non ti apparteniamo» ( Rm 8, 10).

Guidati dal tuo Spirito, ti troviamo nella comunità cristiana, nel gruppo pastorale dove vieni a soccorrerci attraverso la solidarietà di tanti fratelli e sorelle, che l'azione provvidente e amorosa del Padre ha posto nel cammino della nostra vita come nostri evangelizzatori e liberatori.

Allora cominciamo ad aprire gli occhi e, cominciamo a condividere la nostra vita con i più poveri e sofferenti, scoprendo che sei presente nell'affamato, nell'assetato, nel migrante, nel malato, nel carcerato, nell'alcolista, nel tossicodipendente, ma che già ha fatto esperienza di sentirsi riscattato in dignità ed ora è luce per noi con il suo esempio di fede.

Così cammini con noi, al nostro fianco, con il giogo leggero dell'abbraccio misericordioso del Padre e della presenza santificante dello Spirito Santo, che ti rende veramente presente nella Parola, nell'Eucaristia, nella comunità e nei sofferenti.

 

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