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TESTO Avere cuore di nomade e non perdere in tenerezza

don Angelo Casati  

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V domenica dopo Pentecoste (Anno A) (02/07/2023)

Vangelo: Lc 9,57-62 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,57-62

57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Negli occhi ci rimane oggi l'inizio di questo andare di Abramo, andare per fede, perdutamente andare. E noi ci diciamo figli di Abramo. Voi mi capite, come se una sorta di nomadismo ce la dovessimo ritrovare nell'anima. Nell'anima come una vocazione. E Io lo sono un po' nomade? Anche a novanta e più anni? Anche Abramo non ne aveva poi pochi, settantacinque. Non sarà che siamo partiti nomadi e ora ci ritroviamo sedentari? Due verbi oggi nel brano della Genesi risuonavano con tutta la loro dissonanza.

Della famiglia quella di Terach - c'è anche suo figlio, Abramo, la nuora Sara, i parenti con i loro beni - si dice: "Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono. Terach morì a Carran. Il Signore disse ad Abram: "Vattene dalla tua terra"". Ecco la dissonanza: "stabilirsi" è verbo di sedentari, "vattene" è comando per nomadi, per pellegrini. La lettera agli Ebrei rimarca un dettaglio che non è dettaglio, appartiene all'anima della fede. Di Abramo scrive: "Partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende". "Partire senza saper dove si va" sembra contrario ad ogni logica. Prima di metterti in viaggio devi saper dove vai. Ti muovi se lo sai, quando lo sai.

Come contrario a ogni logica sembrerebbe anche un invito a "soggiornare sulla terra come da straniero": la logica dice che ci devi stare sul pezzo. Nomadi dunque. E vorrei sbarazzarmi di un equivoco: il sospetto che essere nomadi significhi un andare alla cieca, da sventati, così come capita, come ti frulla nella mente. Abramo va da nomade, ma nell'orizzonte di una Parola, lasciandosi condurre dalla fede; va senza sapere, ma tenendo nelle mani una lampada, come recita il salmo: "Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino". Essere nomadi è contro l'immobilismo dei pensieri, dei programmi. Contro un eccesso di organizzazione, che ci chiude. Pensate siamo arrivati a "organizzare la speranza!".

Meno "organizzare" se è verbo da sedentari, più "fantasticare", verbo da nomadi, che dice voglia di rinnovamento, di buone creazioni. Nomadi con il vento nei pensieri. Vorrei aggiungere che "soggiornare da stranieri sulla terra" non significa certo, come qualcuno potrebbe sospettare, non avere amore o passione per questa terra. La terra al contrario dovrebbe temete le donne e gli uomini "stabili sino alla fissità", potrà solo benedire donne e uomini che come Abramo, mettono in cammino passi e pensieri, sono una benedizione per la terra. "Andare" avrà come effetto un moltiplicarsi: il grembo di Sara e del mondo fiorirà. A volte mi suona triste nelle chiese il lamento per giorni come i nostri in cui l'impressione è di non sapere dove si va: mi chiedo se i primi discepoli lo sapessero.

Saremmo più sereni e anche più creativi se pensassimo che è la normalità vivere come sotto le tende e avere pensieri e immaginazioni, metterle in gioco anche senza vedere, spostare di un poco la tenda. Non "fare lamento", ma "incoraggiare". E' così che si diventa benedizione. Non è forse già una benedizione un cardinale, come don Matteo Zuppi, che si muove senza alla fin fine sapere verso dove e verso chi, già consapevole che non raggiungerà il culmine di una missione, ma sposterà di un poco la tenda? Ecco spostare di un poco la tenda. In questa cornice leggo il brano di Luca: le parole di Gesù all'apparenza possono suonare spietate, senza pietas, quasi insopportabili per chi onora gli affetti.

Gesù era un ebreo, osservante delle dieci parole. Tra cui: "Onora tuo padre e tua madre. Non poteva di certo invitare i discepoli a cancellare la parola dei padri. In che senso "non seppellire i morti" o "non avere la tenerezza di un congedo da quelli di casa"? "Ti seguirò dovunque tu vada" gli aveva detto un tale. Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Non erano parole per spegnere entusiasmi. Una cara amica, biblista, Rosanna Virgili, commenta: "Posare il capo sulla strada. Seguirlo vuol dire avere la strada come casa, essere perenni pellegrini, questuanti di un tetto gratuito; non avere una casa vuol dire condividere il destino del profugo, dell'esule, dello straniero".

Gesù evoca il suo andare libero, affidato a Dio, e mette in guardia da nidi che finiscono per farti dimenticare i voli. Contro un rintanarsi come di volpi. Mette in guardia da catture, che possono venire anche da persone care o da discepoli. Lui, lo sappiamo, aveva intravisto i pericoli fin dall'inizio della sua missione: ti cercano, ma per fermarti. L'evangelista Marco ricorda che dopo una delle sue giornate senza fiatare, proprio agli inizi, aveva passato la notte sul monte. I discepoli lo sorprendono, gli dicono: "Tutti ti cercano". Risponde: "Andiamocene altrove". Sia salvo l'andare. Ed è ancora a Marco a ricordare che, sempre agli inizi, quelli di casa sua avendo sentito di quel suo prodigarsi senza misura, senza nemmeno il tempo di mangiare "uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé".

Gli dissero: "Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano"". Si sentì cercato per essere fermato, troppo nomade. "Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre"". Ma, voi mi capite, avere cuore di nomade, non significa essere senza sentimenti: sua madre, Maria, era da custodia tenera e doveva esserlo anche quando lui se ne sarebbe andato. Una delle ultime sue parole sulla croce - quasi era un rimasuglio di voce tanto era il soffrire - fu per la madre. Disse al discepolo che amava: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.

Forse il miracolo è questo: custodire un cuore da nomade, senza perdere un minino di tenerezza.

 

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