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TESTO Siamo frutto della pazienza di Dio

don Michele Cerutti

IV domenica dopo Pentecoste (Anno A) (25/06/2023)

Vangelo: Lc 17, 26-30.33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17, 26-30.33

26Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: 27mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. 28Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; 29ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. 30Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

33Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.

Se ripenso alla mia vita non nascondo i momenti difficili in cui ho pensato che nulla, ma proprio nulla riuscisse a cambiare e che gli sforzi da mettere in atto non sarebbero stati sufficienti.
Poi uno si sofferma a guardare la storia della salvezza e a un Padre che crea l'uomo e dà a questo la sua centralità per poi vedersi sfumare ripetutamente quella fiducia posta e allora capisci che noi tutti siamo il frutto della pazienza di Dio.
L'icona dell'Arca di Noé ci parla proprio di un Creatore che riscommette sulla creatura, dopo anche ripetuti percorsi di perdono (il peccato di Babele ancor prima quello di Caino).
La storia della salvezza è proprio questo: l'infedeltà dell'uomo e la costanza di Dio fino a giungere a Cristo per continuare fino a oggi proprio per la grazia del Figlio.
Allora i momenti di scoraggiamento prendono una piega diversa perché abitati dalla consapevolezza che non siamo soli.
Gesù oggi ci mette in guardia a essere sempre capaci di un'attesa operosa fatta di slanci e di attenzioni.
La preoccupazione del Signore è sempre quella il non perdersi in mezzo alle logiche del mondo per evitare di affrontare la realtà.
Il linguaggio utilizzato oggi dal Signore non segue la corrente del pensiero dominante va controcorrente.
L'esperienza cristiana non vuole essere una realtà zuccherata posta sui nostri piaceri.
La proposta di fede è realtà impegnativa.
Ci viene in aiuto Paolo con questa lettera scritta alla comunità della Galazia.
Ci viene in aiuto il cuore etico, il segreto, la sorgente e la forza dell'agire cristiano: lo Spirito Santo. Lo Spirito è il dono di Dio. Lo Spirito è la presenza reale del Signore nella persona e nella vita del discepolo di Gesù. Ogni aspetto della vita, ogni comandamento e regola si raccolgono e si attuano in questa affermazione: "camminate secondo lo Spirito". Forse l'espressione, alla lettera, sarebbe ancora più forte: "camminate a causa dello Spirito", come a sottolineare che lo Spirito è la fonte e la forza di tutta la vita cristiana. Questo è dunque l'imperativo supremo: vivere e camminare nel "dono di Dio".
Lo Spirito rappresenta il modo "secondo cui" si deve vivere, nel senso che è la norma determinante della vita, la base e la maniera di comportarsi. Lo Spirito libera ma attenzione nello stesso tempo la libertà è esigente, impegnativa, totalizzante; così non si regola solo comportamenti ma si cerca di scardinare quel principio operativo che caratterizza le nostre intenzioni di fondo e che san Paolo qualifica con la nozione antropologica di carne. Con carne si intende tutto ciò che ci separa da Dio attraverso la ricerca di una realizzazione solo mondana, materiale, disordinata, egocentrica e attraverso il conflitto con i fratelli. Noi vogliamo sempre salvaguardare noi stessi; siamo strutturati e governati dal principio dell'autodifesa, che è poi il principio istintivo dell'autoconservazione, che governa tutto il regno animale. La libertà dello Spirito vuole scardinare tutto questo e quando noi lo seguiamo non siamo più autonomi, soli, isolati dagli altri, ma siamo in comunione con gli altri nostri fratelli sotto la guida dello Spirito stesso.
Il vero credente è colui che si incammina sul sentiero contrario alla via più facile, è colui che si lascia guidare non più dalla difesa del proprio territorio, ma dal principio dell'accoglienza. Allora ciascuno di noi si metta in un atteggiamento di preghiera, alla presenza di Dio, invochi il Suo Spirito affinché possa essere illuminato nella riflessione personale.
1. Ho la consapevolezza che il dono dello Spirito mi dà la possibilità di vivere come figlio di Dio e non più come schiavo?
2. Che cos'è per me la libertà? Fare solo quello che voglio, che bramo, che sento consono al mio essere, che non mi impone costrizioni?
3. Mi sento, sono, una persona libera? Sono in grado di scegliere ciò che è vero, buono e giusto? Sento l'impegno di scardinare il mio egocentrismo per aprirmi all'accoglienza, seguendo le indicazioni dello Spirito?
4. Che cosa avverto come costringente? C'è qualcosa che lega la mia personalità, la mia libertà?
Domande che lascio alla Vostra riflessione.

 

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