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TESTO Che cosa fate di straordinario?

don Angelo Casati  

II domenica dopo Pentecoste (Anno A) (11/06/2023)

Vangelo: Mt 5,2.43-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,2.43-48

2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Sono parole, queste di Gesù, da leggere sul monte, sul monte della beatitudini, là dove sono nate. Poco prima il profeta di Nazaret aveva dato beatitudine ai miti: "Beati i miti, perché avranno in eredità la terra". Un brivido, negli occhi di ascoltava; e una inquietudine per quelli che lungo i secoli avrebbero pensato, o ancora pensano, di possedere la terra con la modalità dell'arroganza. Alla fine tengono nelle mani un vuoto, un vuoto di umanità. Le parole di Gesù che oggi abbiamo ascoltato chiedono perdono per i nemici, preghiera per i persecutori: sono così estreme che potrebbero suscitare perplessità, imbarazzo, persino ripulsa qualora le riducessimo a puro precetto, proprio mentre Gesù sta liberando l'amore dalla pesantezza di un precetto antico: "Odierai il tuo nemico". Lascia respirare l'amore. Si muore anche di asfissia.

Sì, oggi è come se sentissi Gesù invitarmi a leggere queste sue parole, che fanno riferimento alla problematicità dei rapporti, ascoltando l'immensità del cielo, imparando poco a poco dalla esagerazione di Dio, un amore, il suo, fuori dagli argini. Ascoltate: "Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti". E poi aggiunge: "Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". E lui, Gesù, sa che non arriveremo mai ad essere perfetti come il Padre che è nei cieli; ma perché il nostro cuore perda ostilità e si incammini verso la terra del perdono, della gratuità, l'invito è ad allargare l'orizzonte, sino a quello di Dio.

Che fa cose straordinarie, fuori dall'ordinario: con pioggia e sole e quant'altro. E noi? "Che cosa fate di straordinario?" E ora vorrei leggere, inseguendo questa suggestione, le parole del Siracide che oggi ci sono state consegnate: uno squarcio sulla creazione, quando ancora forse non era stato scritto il libro della Genesi. Mi chiedo se non ci possa aiutare a uscire da visioni anguste, ad aprire orizzonti di umanità totale, questo dolce sapere che siamo terra e alla terra ritorneremo in attesa di un altro soffio, il soffio dello Spirito. Tenere conto che siamo terra e, insieme. ricordare che siamo plasmati - dico tutti - ad immagine del Dio creatore. Parole, quelle del Siracide, che cantano la bellezza di ciò che ci è stato regalato, ma insieme sono appello a pensare: "Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare. Li riempì di scienza e d'intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male".

E ancora "I loro occhi videro la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce maestosa. Disse loro: "Guardatevi da ogni ingiustizia!" e a ciascuno ordinò di prendersi cura del prossimo". Perdonate se insisto e se mi esprimo così: respirare l'aria della creazione, incantarci a un Dio che esagera in pioggia e sole, godere dell'ampiezza del cielo, dentro di noi e fuori di noi, è strada per non incattivirci, per non indulgere al risentimento rancoroso, all'odio inceneritore, all'ostilità. Aprire squarci di cielo in noi e negli altri.

Confesso, da giorni mi sta accompagnando la suggestione di una pagina di un incredibile Diario, quello d Etty Hillesum, giovane ebrea, morta a 29 anni, il 30 novembre 1943, ad Auschwitz, in un campo di sterminio. Lei, cuore pensante delle baracche, in una notte tra un sabato e una domenica, era il 20 giugno 1942, a mezzanotte. dopo una lunga giornata, scrive una pagina dove l'assenza dell'odio sembra venire dal suo affaccio sul cielo, fuori e dentro di sé. Scrive: "Stamattina pedalavo lungo lo Stadionkade e mi godevo l'ampio cielo ai margini della città, respiravo la fresca aria non razionata. Dappertutto c'erano cartelli che ci vietano di percorrere le strade verso la campagna. Ma sopra quell'unico pezzo di strada che ci rimane c'è pur sempre il cielo, tutto quanto. Non possono farci niente, non possono veramente farci niente.

Possono renderci la vita un po' spiacevole, possono privarci di qualche bene materiale o di un po' di libertà di movimento, ma siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori, col nostro atteggiamento sbagliato: col nostro sentirci perseguitati, umiliati e oppressi, col nostro odio e la millanteria che maschera la paura. Certo, ogni tanto si può essere tristi e abbattuti per quel che ci fanno, è umano e comprensibile che sia così. E tuttavia siamo soprattutto noi a derubarci da soli. Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. [...] Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso, se ogni uomo si sarà liberato dell'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore, se non è chiedere troppo. E' l'unica soluzione possibile".

Ebbene oggi che mi chiedevo perché la liturgia avesse sposato il brano del Dio "che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" al brano del Siracide, che parla dell'essere fatti a sua immagine e fa invito ad essere pensanti, mi sembrava di trovare una risposta in questo insistente richiamo di Etty Hillesum alla luminosità del cielo. A partire da quello intravisto dalla sua bicicletta il mattino, in una strada invasa da divieti. E a questa bellezza mi fermo, questa:

"Sopra quell'unico pezzo di strada che ci rimane c'è pur sempre il cielo, tutto quanto".

 

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