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TESTO Commento su At 1,1-11; Sal 46; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20

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Ascensione del Signore (Anno A) (21/05/2023)

Vangelo: At 1,1-11; Sal 46; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Tenere insieme terra e cielo
Oggi la liturgia ci invita a celebrare la festa dell'Ascensione di Gesù Cristo al cielo, che non significa la sua partenza da noi, ma è la festa della sua nuova presenza in mezzo a noi per sempre: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
La prima lettura ci propone l'inizio del libro degli Atti degli Apostoli di san Luca che riporta lo stesso racconto dell'ascensione del Signore con il quale aveva chiuso il suo vangelo, quasi ad indicarci che la nostra storia, la storia della nostra umanità, inizia nello stesso momento in cui Gesù ci lascia, con la promessa dell'invio dello Spirito Santo, che ci darà la forza di portare avanti la sua missione.
Gesù ha portato a compimento l'opera che il Padre gli aveva affidato e passa le consegne alla sua Chiesa che dovrà essere sua testimone, fino ai confini della terra. La promessa del Padre è che saranno rivestiti del dono dello Spirito Santo, poiché senza di Lui la loro testimonianza sarebbe vana e i loro sforzi infecondi.
Nasce quindi il tempo della Chiesa che è quello dell'evangelizzazione. Infatti, una forte tensione missionaria attraversa tutto il libro degli Atti, nella consapevolezza che Gesù è l'unico salvatore di tutti gli uomini e ogni cristiano è inviato, cioè missionario, a portare la sua Parola nella vita degli uomini. È significativo a questo proposito l'intervento dei due uomini che richiamano gli apostoli, imbambolati e con il naso all'insù, dicendo loro: non ‘guardate' il cielo... perché dovete guardare sulla terra, a quello che succede qui, a chi ha bisogno di voi!
Nella seconda lettura san Paolo dà un'interpretazione ecclesiale all'evento, invitandoci a cogliere il collegamento che c'è tra il mistero dell'ascensione di Gesù al cielo e quello della sua incarnazione. È nella vita concreta e quotidiana delle persone, nella loro storia, che troviamo la strada verso Dio e la via per conoscerlo; è in queste persone, qualunque esse siano, che possiamo servire e amare Dio. Paolo c'invita anche “all'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace”: un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Tutto parte da Cristo, tutto viene trasformato da Cristo, tutto deve raggiungere Cristo e convergere su di Lui.
Nel vangelo troviamo la missione che Gesù affida ai discepoli e la sua solenne promessa di rimanere sempre con noi. Celebrare l'Ascensione altro non è che una rinnovata professione di fede nel Risorto, che ci impegna ad accettarlo senza riserve. La divinità di Gesù esalta la sua umanità e ci porta ad accettarla come il punto più alto e più consolante della nostra fede: chi è vissuto con questa fraternità sconfinata, con questi atteggiamenti di servizio coraggiosi, con quest'amore per i poveri, i deboli, i peccatori, è, insieme, il Figlio di Dio e il Figlio dell'uomo, la rivelazione più alta e più commovente della nuova umanità. Nel mistero dell'Ascensione Dio fa sedere accanto a sé l'umano che ha saputo coniugare fragilità e gloria, debolezza e splendore, cammino e meta. Tutto quello che sulla terra siamo riusciti a far risplendere di cielo è degno di stare accanto a lui nella gloria.
I verbi usati da Gesù per l'invio alla missione sono significativi: Andare: suggerisce il dinamismo della vita cristiana, il suo aprirsi al mondo, il coraggio di rischiare, per incontrare l'uomo lì dov'è, così com'è. Fare discepoli che non significa proselitismo, ma vivere in maniera tale da suscitare negli altri il desiderio di vivere come ha vissuto Gesù, per cercare di coniugare nella propria vita il cammino e la meta. Battezzare: conferire alla realtà un senso divino. Osservare ciò che il Signore ha detto: questo è l'impegno della fedeltà al vangelo che deve diventare fermento rinnovatore della vita dell'uomo.
Matteo ci mostra anche un comportamento curioso dei discepoli che, nonostante avessero vissuto l'esperienza della resurrezione e, oggi, quella dell'ascensione, fossero ancora pieni di dubbi. Fede e dubbio sono destinati a convivere nella nostra condizione umana, ma il dubbio è una caratteristica tipica dell'uomo di fede che si sente perennemente in ricerca, sempre in viaggio, mai arrivato. Il dubbio non è un ostacolo alla fede, ma la possibilità perché questa possa crescere.
La spiritualità dell'Ascensione è una spiritualità del quotidiano: il Signore risorto è con noi e opera attraverso di noi tutti i giorni, in un modo nuovo di essere presente.
L'assenza può diventare un momento di crescita, costringe ad abbandonare sicurezze esterne, che evitano di metterci personalmente in gioco e ci rende capaci di scelte fatte a proprio rischio sulla base delle situazioni reali e dei bisogni delle persone che incontriamo. Quando Gesù, lasciando questo nostro mondo, ci ha chiesto di essere testimoni del suo vangelo, voleva dire che dobbiamo farci carico dei veri problemi di chi incontriamo, cominciando da quelli che ci sono più vicini.

Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Come conciliamo l'essere terreni e destinati al cielo? Come riusciamo a fare spazio alla speranza a cui siamo chiamati?
- I discepoli hanno riconosciuto Gesù ma nel loro cuore c'era ancora il dubbio. Quali sono e come condizionano la nostra fede?
- Il vangelo ci invita a muoverci, ad andare incontro agli altri, così come sono. Quanta strada riusciamo a fare in questa direzione? Quali problemi?

Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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