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TESTO Commento su Giovanni 14,1-12

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V Domenica di Pasqua (Anno A) (07/05/2023)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,1-12

1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Ci avviciniamo al giorno dell'Ascensione ed ecco le bellissime parole del primo discorso di addio di Gesù nel Vangelo secondo Giovanni (14,1-31). Gesù ha appena dichiarato la sua prossima dipartita. I discepoli sono profondamente scossi e turbati. Gesù, con un linguaggio affettuoso, li rassicura, invitandoli a non lasciarsi turbare il cuore, rimanendo saldi in Lui nella fede. È la fede l'antidoto più grande alle nostre paure. La fede, infatti, non è sapere che Dio c'è, ma l'appoggiarsi a Lui, l'essere in relazione con Lui. Davanti alle nostre paure più radicali, come la paura della morte, di non farcela, di aver fallito, di non potersi salvare... è la fede il vero e solo rimedio. È l'avere un cuore unito a Dio, poggiato su Dio, innestato in Dio. Ecco perché il salmista prega così dicendo: «anche se camminassi in una valle oscura non temo alcun male perché tu sei con me Signore» (Sal 23,4).

E perché invita a non turbarsi? Perché va e torna; con la sua morte va a preparare un posto, ovvero va a “fare spazio” in Dio per ciascuno di noi. Detto in altri termini, ci spalanca le porte del cielo perché, un giorno, possiamo essere con Lui, dove Egli è (=presso il Padre). Ma non solo alla fine della vita! Già adesso infatti possiamo essere uniti a Lui. Già ora possiamo vivere su questa terra con il cuore nel cielo, ovvero unito a Dio. I verbi infatti non sono al futuro (verrò di nuovo), ma al presente (vengo di nuovo). Abbiamo qui l'allusione non solo al ritorno di Gesù nella parusia alla fine dei tempi, ma al suo ritorno tra noi già avvenuto con la sua risurrezione. Già ora possiamo vivere uniti a Lui e, in Lui, essere “nel Padre”.

Ma tutto questo non è semplice da capire. Perciò ad un certo punto Tommaso taglia corto e chiede di sapere di quale “luogo” e “via” Gesù stia parlando. Mentre Gesù parla di una relazione da mantenere, Tommaso pensa ad un itinerario da sapere e percorrere autonomamente. Della serie: dammi le istruzioni così le seguo e arrivo. Gesù, a questo punto, si proclama via, verità e vita, dicendo: «nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Su questo versetto sono stati versati fiumi di inchiostro. A noi basti cogliere una cosa: ciò che conta è la relazione con Gesù e la sua sequela. Tutto questo è condensato nell'immagine della “via”, che allude appunto a una relazione che avanza nel tempo, a un camminare insieme che diventa comunione di vita. È Gesù che man mano ci conduce al Padre, a conoscere il Padre, in una crescente intimità con il Padre. E come? Filippo, che sta capendo ben poco, chiede a Gesù che gli mostri il Padre. La risposta di Gesù ci fa comprendere che solo attraverso le parole e le opere di Gesù noi possiamo “vedere e sentire” il Padre. Cioè, noi conosciamo veramente Dio e possiamo vivere una relazione piena e profonda con Lui solo attraverso la carne di Gesù. E come ogni relazione, cresce se la si coltiva, se la si approfondisce. E questa relazione conduce man mano a una conformità, a una unione così profonda che porta a compiere le stesse opere di Cristo, ovvero a vivere per il Padre, amando gli altri come Gesù ci ha amati.

Forse a qualcuno potrebbe sembrare “poco concreto”. Ma è proprio lo spirito delle parole di Gesù che mira a condurci ad un'adesione alla sua Persona, liberandoci da quella pretesa di possesso autoreferenziale che ci staccherebbe da Dio e ci isolerebbe dalla comunità. In realtà, è dunque molto concreto, al punto che lo si comprende e lo si sperimenta solo se si vive tutto ciò. La fatica dei discepoli era proprio quella del “capire”, pensando che bastasse mettersi in tasca alcune nozioni e qualche visione per essere a posto. Gesù invece chiama a una relazione con Lui che avanza nel tempo. Questa relazione intima e profonda, alimentata per mezzo della preghiera, dei sacramenti e della vita comunitaria, condurrà a sperimentare sempre più l'opera di Dio nella nostra vita e a essere strumenti di quest'opera d'amore nel mondo. L'augurio è che ciascuno di noi possa esserlo in tutta la bellezza per cui Dio lo ha sognato.

 

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