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TESTO Fin dove può spingersi un'immagine?

don Angelo Casati  

III domenica T. Pasqua (Anno A) (23/04/2023)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,29-34

29Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Oggi vorrei fare sosta con voi su Giovanni il Battista, cha dà un nome, il nome di "agnello di Dio", a Gesù. E aprire una finestra, e poi subito richiuderla, sull'importanza del dare nome: a persone, a cose, ad eventi. Da un lato mi verrebbe da dire: che bello che Dio, nell'in principio dei giorni, abbia affidato all'uomo e alla donna il compito di dare un nome alle cose. Ma dall'altro mi verrebbe anche da dire tutto il disgusto per la violazione oggi di nomi e parole, defraudate del loro significato profondo, e dire anche il bisogno, oggi urgente, di rinominare le cose. Vi dicevo di Giovanni il Battista che, vedendo arrivare Gesù lungo il fiume dove stava battezzando, lo indicò alle folle con un nome che risuona spesso nelle nostre liturgie: "Ecco l'agnello di Dio".

E subito a chiedermi che cosa evocasse l'immagine dell'agnello in Giovanni e in coloro che l'ascoltavano. Che cosa evocava e dove si sarebbe spinta l'immagine dell'agnello, sposata al nome di Gesù. Non è facile dirlo, penso fossero tante le immagini nella mente del Battista e dei suoi ascoltatori. Quella, per esempio, che ci rimanda la stessa natura: un cucciolo di pecora, mite, mansueto, disarmato. Ma poi a Giovanni e alle folle l'immagine poteva evocare il sangue degli agnelli, tinto sugli stipiti delle porte degli ebrei, la notte della liberazione dall'Egitto. O forse ancora il servo sofferente del libro di Isaia, carico dei mali del mondo, sfigurato ma poi acceso di luce. In aramaico infatti la parola "talj?" ha significato di agnello, ma anche di servo, e quindi potremmo anche ritradurre: "Ecco il servo di Dio, colui che toglie il peccato del mondo". "Il peccato", al singolare, l'egoismo del mondo.

Così commenta Tarcisio Geijer, un monaco certosino, tedesco: "I peccati del mondo o il peccato del mondo sono tutti gli egoismi commessi dagli uomini: dall'inizio della creazione, attraverso tutti i tempi seguenti, fino agli egoismi - anche i nostri - del nostro mondo attuale. Gesù è l'Agnello che toglie l'egoismo del mondo". Lo toglie, dopo essersene fatto carico". Infatti, stando ad un altro significato del verbo greco, potremmo tradurre: "Ecco colui che porta, o che solleva, il peccato del mondo", colui che se ne fa carico. Perché il male del mondo - dovremmo ricordarlo - lo si toglie non caricandolo sulle spalle degli altri, o blaterando, come spesso avviene, ma facendosene carico, mettendoci del proprio, della propria vita. Lui, agnello di Dio e servo per tutta la vita. Ma fin dove si sarebbe spinta l'immagine dell'agnello di Dio, del servo di Dio? Forse nemmeno Giovanni lo poteva immaginare.

E forse è per questo che la liturgia oggi ci ripropone il brano degli inizi. Fin dove si è spinta l'immagine, lo puoi scoprire dopo avere celebrato la Pasqua. svelamento ultimo: "Ecco". E prende senso, senso profondo, questa particella, piccolissima, che ci invita a fissare lo sguardo: "Ecco!". Bisogna prima aver veduto, toccato, come dirà Giovanni nell'incipit della sua prima lettera: "Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l'abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza." ( 1Gv 19-2!).

E noi, sulla testimonianza degli apostoli, lo abbiamo visto salire il dosso del Calvario, curvato sotto il peso di una croce, così macigno che più non la reggeva, dico quella fisica, chiamarono un uomo di Cirene per l'ultimo strappo. Ma lui non rinnegava, era del sangue dei resistenti. Pasqua dell'Agnello di Dio, così nel racconto di Giovanni: "Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" Uscì sangue ed acqua, emise lo spirito.

E io sosto: per me si è caricato, si è caricato del mio male; per me emise lo Spirito, perché vivessi. Guardo con immensa gratitudine. Il Battista aveva detto:"E' lui che battezza in Spirito Santo"- E io a chiedermi se mi lascio imbevere dal suo Spirito, se tolgo dalla mia vita il male dell'egoismo, se cerco, per quanto mi è possibile, di farmi carico degli altri, del loro peso. Vedete quante immagini mi si affollano alla parola "agnello". Sino a un'ultima, quella del libro dell'Apcalisse. Che racconta in una visione, la vittoria di colui che è stato trafitto. Un angelo fa invito."Allor

a l'angelo mi disse: "Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!"".

L'Agnello ha vinto. Ha vinto la fragilità, ha vinto un umile servire, ha vinto il dare la vita. E lui fa invito. La cena dell'Agnello. Al cuore mi vengono le sabbie estasiate di una riva di lago dove Gesù risorto su brace di fuoco cuoce pane e arrostisce del pesce per i discepoli che ritornano da notte faticosa. E lui ci invita a prendere il suo pane, iI pane. Peccato che per necessità si sia persa nelle nostre eucaristie la forma del pane spezzato e la possibilità per chi celebra di mostrare pane spezzato alle parole "Beati gli invitati alle cena dell'Agnello". E' la cena di un agnello, di uno che si è fatto pane, spezzato e luminoso. Soffia il tuo Spirito su di noi, Signore. Noi prenderemo nelle nostre mani il tuo pane, non finiremo mai di ringraziarti.

Fa' che possiamo imbeverci del tuo spirito, nutrirci di te, diventare come te pane spezzato, farci carico come te del male del mondo.

 

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