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TESTO La storia del pozzo

don Angelo Casati  

II domenica di Quaresima (Anno A) (05/03/2023)

Vangelo: Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

E dove sostare? Al monte Sinai o al pozzo di Sicar? Alle parole del monte o a quelle del pozzo? Dio parlava a Mosè: "Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano". Forse possiamo capire lo stato d'animo del popolo, che, alla falde del monte, reagisce, dicendo a Mosè: "Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!". Come dicessero: "Teniamo a buon conto una distanza! E a parlarci sia un mediatore". Quasi cancellassero "il parlarsi uno in viso all'altro". Così presso il monte.

Ma voi già immaginate che farò sosta - sosta breve per non violare l'intimità - al pozzo. Dove accadde un rovesciamento. Al pozzo sono cancellate le distanze e ci si parla senza mediatori, in una intimità inviolata, anche perché in quell'ora stupita - e anche il sole, immagino, stupito - non c'era di mezzo nessuno, non c'era ombra di discepoli: se n'erano andati in città a far provvista di cibi. E cibo, e acqua zampillante, per i due assetati era quel parlarsi. Alla mente si affollano pensieri sul "parlarsi". Parlarsi. E non è forse vero che sino a qualche anno fa, di una ragazza e di un ragazzo, che incominciavano a frequentarsi, in gergo dialettale si era soliti dire: "si parlano"? E magari passavano minuti e minuti in silenzio. Parlarsi.

Ecco io quest'anno non sosto tanto sulle parole di Gesù e della donna samaritana, ma sul loro suono; poi lascio a voi leggerle, ma con quel suono che vi sarà dato di scoprire leggendole. Spesso è, come le parole suonano, che fa la differenza: dal tono capisci chi hai davanti. Capitò anche alla donna samaritana. Ben prima di dare nome di Messia a quel giovane rabbi di Nazaret, gli diede - lo possiamo immaginare - nome di "pozzo", come presa al suono delle parole, presa dall'incanto di quel parlarsi, libero come la luce degli occhi, con franchezza, senza ombra di dominio, con sete l'uno dell'altra, senza il frapporsi di mediazioni, senza obbligo di esibire passaporti religiosi o moralità acclarate. E infatti sulla storia dei mariti, lui non aveva indurito la voce come giudice spietato o come duro inquisitore.

Lei sentì le parole come un indugio a suggerire altro, a suggerirle una domanda sulla sete - la domanda che pone anche a noi - quasi volesse farle pensare che la sua era sete di altro. Alla fine, scoprirono di essere entrambi in sete l'uno dell'altro. Lui dimenticò che, assetato, aveva chiesto da bere alla donna; lei dimenticò al pozzo la brocca, con cui avrebbe dovuto attingere acqua. A prevalere era stata un'altra sete, avevano bevuto ad altro pozzo. Ebbene, quando proponiamo, percorsi dello spirito ci viene più spontaneo ricordare che noi abbiamo sete di Dio, che il pozzo è Dio, è Gesù. E benedetti coloro che ci ricordano questa sete insopprimibile che ci portiamo dentro e che Gesù, le sue parole, i suoi gesti, sono "acqua viva" e non stagnante, "una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna". Ci viene meno spontaneo invece pensare che pozzo per Dio possiamo essere noi, che pozzo per Gesù possa essere stata una donna.

Anche noi, pozzo e acqua di cui lui ha sete. Come se senza di noi gli mancasse qualcosa e fosse triste. Ci hanno insegnato che Dio è autosufficiente e non gli manca nulla. E invece gli manchiamo noi. Il Rabbi fu pozzo per la donna, la donna fu pozzo per lui. E i discepoli? Dopo essersi meravigliati che stesse parlando con una donna, ecco ora a meravigliarsi che non avesse né sete né fame, sin quasi a sospettare che la donna gli avesse portato da mangiare. Come orizzonte erano rimasti al cibo, di cui avevano fatto provviste in città. Ancora lontano da loro il pensiero che pozzo e pane e acqua possa essere per te un incontro e dono parlarsi, e grazia svelarsi l'un l'altro pensieri, biografie del cuore, storie che raccontano di te, storie passate e storie ancora in attesa nei sogni, in attesa di primavere.

Dovette essere emozionante per la donna sentire che il suo deserto, al suono di quelle parole, iniziava a fiorire; ma emozionante dovette essere, penso, anche per Gesù leggere negli occhi della donna l'accadere del suo sogno, il sogno di essere seme e soffio di vita sui campi. Alla fine si trovò a sognare colori di campi, in anticipo di stagioni, e gli vennero parole di commozione, queste: "Voi non dite forse: "Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura"? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura". Perdonate, a me sembra che ancora oggi ci dica "Alzate i vostri occhi e guardate". Guardate che cosa accade quando ci si parla.

E guardate anche che cosa accade quando non ci si parla o si lascia spazio a parole dure, irripetibili, spietate, la crudezza del deserto, il deserto della disumanità, le stragi. E nessuna primavera. Anche se sui calendari la troveremo scritta, tra poco. Dentro questo orizzonte finisco lasciandovi una domanda, a proposito di città samaritane. Chissà perché. Nei vangeli troviamo scritto di discepoli mandati in avanscoperta in un villaggio di Samaritani: trovarono rifiuto, porte chiuse. Non sappiamo che parole abbiano usato, sappiamo che poco dopo avrebbero voluto pregare che un fuoco dal cielo li incenerisse. Oggi dei samaritani troviamo scritto che uscirono dalla città e quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Tutto accadde per voce di una donna, bastò una domanda: "Che sia lui il Cristo?".

Forse c'è da capire. Non si è mai finito di capire.

 

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