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TESTO Commento su Giovanni 13,1-15

padre Lino Pedron  

Giovedì Santo (Messa in Cena Domini) (17/04/2003)

Vangelo: Gv 13,1-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

Giovanni apre il racconto della passione e morte di Gesù presentando il gesto profetico della lavanda dei piedi con il quale è simboleggiata la donazione d'amore del Figlio di Dio con il servizio della sua vita, mediante l'umiliazione suprema della croce.

La lavanda dei piedi raffigura la passione e la morte di Gesù, l'estremo atto d'amore di Gesù per i suoi. Questo servizio del lavare i piedi, che poteva essere preteso solo dagli schiavi non ebrei, preannuncia l'annientamento della croce, supplizio riservato agli schiavi.

Questa fase finale della manifestazione del Cristo inizia poco prima della festa di Pasqua.

L'ora di Gesù è il passaggio dalla terra al cielo, il ritorno al Padre dal quale era uscito (v.3). Con la sua morte Gesù va al Padre (cfr Gv 17,13). Il Cristo è stato inviato nel mondo dall'amore del Padre per salvare l'umanità peccatrice (cfr Gv 3,16-17; 12,47) e per illuminare le tenebre del male (cfr Gv 3,19; 12,46): ora, adempiuta la sua missione, egli lascia il mondo e va dal Padre (cfr Gv 16,28).

Questo passaggio di Gesù, attraverso la passione e la morte, rappresenta la suprema prova del suo amore per i suoi discepoli (v.1): l'espressione più alta dell'amore è costituita dal sacrificio della vita per i propri amici (cfr Gv 15,13). Gesù, buon pastore, ha dato la vita per le sue pecore (cfr Gv 10, 11. 15). Questo significa «amare sino alla fine» (v.1).

Sulla croce è stato consumato il sacrificio dell'amore del Figlio di Dio; per questo Gesù, prima di chinare il capo e di consegnare lo Spirito, esclamò: «E' compiuto!» (Gv 19,30). Questo verbo (in greco: tetélestai) richiama l'espressione «sino alla fine» (in greco: eis télos) di Gv 13,1 e forma una grande inclusione dei capitoli 13-19 del vangelo di Giovanni.

Gli eventi finali della rivelazione suprema dell'amore di Gesù per la sua comunità devono essere visti in questa luce della perfezione dell'amore del Figlio di Dio per i suoi. La lavanda dei piedi preannuncia simbolicamente questo servizio supremo di amore del Cristo per la sua Chiesa.

Questo gesto profetico avviene durante l'ultima cena. Paolo e gli altri vangeli ci raccontano che in questa occasione Gesù ha istituito l'eucaristia (cfr 1Cor 11,23ss; Mc 14,22ss e par.). Giovanni, nel contesto dell'ultima cena, non fa neppure un cenno a tale avvenimento. Il tema dell'eucaristia l'aveva già trattato ampiamente nel capitolo 6.

La lavanda dei piedi simboleggia l'ora del Cristo, cioè il dono supremo della sua vita a favore dei suoi amici con la morte umiliante sulla croce. Il «deporre le vesti» (v. 4) richiama il «deporre l'anima» (cfr Gv 10,11.15.17): il buon Pastore dona la vita a favore delle sue pecore.

Simone Pietro rifiuta di ricevere da Gesù il servizio della lavanda dei piedi. Tra gli ebrei questo servizio era riservato agli schiavi pagani; il padrone non poteva esigerlo da una schiavo circonciso. In tale contesto sociale si capisce pienamente l'obiezione di Pietro: è inaudito che il Signore compia un servizio così umiliante.

La risposta misteriosa di Gesù: «Quello che io faccio... lo capirai in seguito» (v.7) non è di facile comprensione. Difatti Pietro non si accontenta della risposta di Gesù e si ostina nel suo rifiuto. Gesù gli risponde che tale rifiuto lo esclude dalla partecipazione alla sua vita.

L'espressione «avere parte» indica l'eredità della terra promessa (cfr Dt 12,12; 14, 22.29) e la vita di comunione con il Signore (cfr Dt 10,9). In questo contesto esprime la vita di amicizia profonda del discepolo con il Figlio di Dio. Gesù fa presente a Pietro che, rifiutando il suo umile servizio, si separa dal suo Signore, perché non accetta il suo sacrificio redentore, simboleggiato dalla lavanda dei piedi.

Davanti a questa prospettiva Pietro si ricrede prontamente e si dichiara disposto a farsi lavare anche le altre parti del corpo. Gesù gli risponde che non è necessario il bagno per chi è puro. La risposta di Gesù indica la mondezza del cuore dall'incredulità e dal peccato. In Gv 15,3 la purificazione dei discepoli è presentata in rapporto con la parola rivelata dal Cristo e accolta da essi, quindi fa capire che tale mondezza spirituale è frutto della fede. Questa spiegazione è suggerita dal riferimento al tradimento di Giuda: non tutti gli apostoli sono puri, perché tra loro c'è un incredulo, il traditore (vv.10-11).

Gesù, al termine della lavanda dei piedi, può esortare, con la forza dell'esempio, i discepoli al servizio vicendevole nella comunità cristiana. Egli fa leva sulla sua condizione divina di Signore e Maestro per invitare i discepoli a imitare il suo esempio di umile servitore dei fratelli (v.14).

Se il Figlio di Dio si è abbassato tanto per amore dei discepoli, a maggior ragione questi devono servirsi reciprocamente. Gesù ha dato l'esempio che i suoi discepoli devono imitare: essi devono amarsi come Gesù li ha amati (Gv 13,34; 15,12) e devono prestarsi i più umili servizi a imitazione di Cristo che è venuto per servire (cfr Mc 10,41-45; Lc 22,24-27).

 

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