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TESTO Bravo, Parmenide!

don Alberto Brignoli  

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/02/2023)

Vangelo: Mt 5,13-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

Noi che - pur essendo a pochi passi dalla pianura - viviamo su un altopiano, o comunque in paesi di montagna esposti al sole per buona parte del giorno, spesso non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati rispetto ad altri luoghi o ad altri paesi montani - anche a luoghi di villeggiatura rinomati e paesaggisticamente meravigliosi - che d'estate possono senza dubbio usufruire di maggior frescura perché posti a latitudini maggiormente “a nord”, ma che la “frescura” (per non dire “il congelamento”...) la avvertono per tutto l'anno... e le ossa dei loro abitanti, soprattutto di quelli “meno giovani”, lo sanno bene! E tutto questo, per un motivo geografico molto semplice: appunto, per l'esposizione al sole, che da noi “gente dell'altopiano” risplende anche d'inverno, e ci “bacia” per molto più tempo rispetto a paesi del fondovalle, alcuni dei quali trascorrono nell'oscurità diversi mesi dell'anno.

Tra l'altro, Gesù oggi ci fa sentire particolarmente “evangelici”, dal momento che parla di “città che sta sopra un monte”, la quale “non può restare nascosta”: se a tutto questo aggiungiamo la limpidezza della luce di questi giorni, con un'atmosfera sferzata dal vento che ci regala albe e tramonti talmente colorati da far impallidire anche un Giotto, un Botticelli, un Pontormo o il più affermato dei pittori naif del secolo scorso... beh, allora possiamo a ragion veduta affermare che ci sentiamo come in paradiso!

Senza “esaltarci” troppo (e senza voler infierire sugli abitanti del fondovalle!) credo che davvero il paragone usato da Gesù nel Vangelo di oggi ci aiuti a inquadrare bene la bellezza della proclamazione del messaggio pieno di speranza e di vita di cui le parole del Maestro sono permeate, a partire da quei meravigliosi dodici versetti di domenica scorsa che ci hanno proclamati - senza che noi facessimo nulla di particolare - “beati”. La beatitudine, la felicità di essere accompagnati e amati da Dio in ogni circostanza della nostra vita, tanto quelle in cui subiamo ingiustizie quanto quelle in cui siamo chiamati a essere uomini e donne di pace, di misericordia e di giustizia, gettano sulla nostra vita una luce particolare, una luce che non può essere tenuta per noi, nascosta nel nostro cuore, così come una città, un paese collocato in cima a un monte e illuminato tutto il giorno dal sole non può non essere visto e apprezzato da tutti.

Come diceva il grande filosofo Parmenide, che tanto appassionava i nostri primi anni di studio della filosofia al liceo, “l'essere è e non può non essere”. Ci sono, cioè, delle cose della vita che “non possono che essere così”: e se non sono così come sono state create, pensate, ideate, annunciate, proclamate, non compiono la loro funzione e non vivono appieno ciò per cui sono nate! Come una città su un monte che non può non essere esposta al sole, vista e apprezzata da tutti; come una lampada accesa che non può non essere collocata nel punto più alto della stanza per poter svolgere la propria funzione; come un pizzico di sale che, per microscopico e quasi insignificante che sia all'interno degli ingredienti di un cibo, non può non essere avvertito (e lo sappiamo bene, quando un cibo è insipido o troppo salato!). Ogni cosa che ci è stata donata è stata creata perché svolga la propria funzione, e la svolga in pienezza: e soprattutto, da parte nostra, con un senso di gratitudine per ciò che abbiamo ricevuto, perché questo ci renda pienamente felici, ovvero “beati”.

In questa prima domenica di febbraio, nella quale da oltre quarant'anni la Chiesa Italiana ci invita a celebrare la Giornata per la Vita, ciò che siamo maggiormente chiamati a vivere con pienezza - anche alla luce di ciò che abbiamo ascoltato nel Vangelo - è proprio la vita: e mi verrebbe da dire, con Parmenide, che “non può non essere così”. Non possiamo non vivere la vita (con le sue fatiche e con le sue gioie) da protagonisti; non possiamo non vivere la vita sfruttando al massimo tutte le possibilità che ci sono offerte, anche qualora a volte facciamo un buco nell'acqua o prendiamo una terribile cantonata; non possiamo non vivere la vita mettendo a servizio degli altri le nostre qualità, le nostre capacità, le nostre risorse, anche se spesso non sono valorizzate, apprezzate, comprese dagli altri; da cristiani, diciamo pure che non possiamo non vivere la vita sfruttando ogni minuto della nostra esistenza per far capire agli altri la bellezza del credere nel Vangelo di Gesù, la gioia di essere illuminati dal sole della sua Parola, l'entusiasmante sfida di dare sapore a tutte le cose che facciamo, anche se molte volte ci sembra di sprecare del tempo o peggio ancora ci sentiamo noi stessi “sprecati”.

Ecco perché sono convinto che celebrare la Giornata per la Vita non può voler dire fermarsi solamente a porre l'attenzione sull'inizio della vita (a partire dal concepimento) o sulla sua fine, facendo importanti battaglie sulla dignità del morire o su temi sempre molto attuali e scottanti come l'eutanasia e l'accanimento terapeutico. Perché se noi ci concentrassimo sulla dignità del morire, ma non ci preoccupassimo prima di tutto della dignità del vivere, e del vivere con pienezza ed entusiasmo ogni giorno della nostra vita; se noi ci preoccupassimo di far venire al mondo una nuova vita in maniera adeguata, calorosa, amorevole, accogliente, ma poi - una volta “avviata” la vita - non la accompagnassimo in un processo che la porti a scoprire la bellezza di essere vissuta fino in fondo nonostante i traumi sofferti sin dall'inizio e le fatiche che comporta lo stare al mondo in maniera dignitosa, la nostra luce chiamata a “risplendere davanti agli uomini” si spegnerebbe in un istante, e nessuno mai sarebbe “contagiato” dalla nostra testimonianza di vita e dal nostro desiderio di vivere, con pienezza, ogni momento della nostra vita.

Del quale, non dimentichiamoci, dobbiamo continuamente ringraziare Dio: perché, in fondo, vivere è davvero una cosa meravigliosa.
E grazie anche a Parmenide...

 

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