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TESTO I semi crescono al tepore della terra

don Angelo Casati  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno A) (29/01/2023)

Vangelo: Lc 2,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-33

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.

Nascere è venire al mondo e il mondo non è una astrazione. Mondo per lui, per Gesù, furono le mani che lo accolsero al suo sgusciare dal grembo, quelle di Maria e quelle di Giuseppe, il suo primo mondo. Accolto e poi portato per mani, come dovrebbe essere per ogni bambino che viene al mondo. Era la sua famiglia che oggi ricordiamo. Della sua famiglia pochi squarci nei vangeli e lunghi silenzi. Il lungo silenzio che ha la voce delle cose di ogni giorno, che ti fanno crescere: "Cresceva" scriverà Matteo". "Cresceva": un tempo che dice "prendere forma", a poco a poco e quasi non ci si accorge. Perché non è il rumore a far crescere il seme, è il sussulto di vita che lo abita e la terra che lo avvolge. Lo avvolge e lo protegge, senza soffocare. Terra anche la famiglia che avvolge, ha compito di far crescere, senza soffocare.

E la terra non è di una sola stagione, conosce primavere, estati, autunni, inverni. Anche la famiglia di Nazaret. E io non so che nome dare alla stagione dei primi giorni che oggi ci sono stati raccontati: a volte ci sono tutte le stagioni in un solo giorno per una famiglia. Una famiglia vive dentro un tempo, dentro case e non case, dentro strade conosciute e strade impreviste, dentro consuetudini e oltrepassando consuetudini. Una consuetudine, che riguardava i neonati, è quella ricordata oggi da Luca, che oggi racconta ciò che accadde quaranta giorni dopo la nascita: "Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore". Si parla di giorni di purificazione e la parola purificazione ci morde le labbra. Secondo le parole del Levitico anche Maria, come ogni donna, si portò sulla pelle l'ombra di una impurità, l'ombra di essere impura per quaranta giorni; se poi a nascere fosse stata una bambina, di giorni se ne sarebbero dovuti aggiungere altri, fino a sessantasei. Stava scritto: "Non toccherà cosa santa, non entrerà nel santuario". Cosa santa lei la toccava da quando gli era uscito dal grembo: ogni neonato cosa santa, e tempio di Dio ogni casa. E lei pura come ogni donna, per aver generato. A volte sono impure le tradizioni, loro da purificare e oltrepassare.

Quante cose sante, fuori dai riti di purificazione! A farle sante l'amore che le pervade. Per quanto attiene al rito ufficiale del quarantesimo giorno, sappiamo ben poco perché Luca dirotta l'attenzione su ben altro rito. Sappiamo che l'offerta di Giuseppe e Maria fu quella di chi non è benestante e non può permettersi un agnello e sceglie tra una coppia di tortore o due giovani colombi. Ma vorrei dirvi che, al di là della entità dell'offerta, c'era un pensiero che li muoveva. Luca scrive: "portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: "Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore". Oggi leggendo con maggior profondità la Bibbia, e non solo la Bibbia, possiamo dire senza esitazioni che sacra è ogni creatura, primogenito o non primogenito che sia, uomo o donna che sia, albero o filo d'erba che sia. E la sacralità, la nobiltà non viene da posizioni sociali che si ricoprono o da beni che si possiedono o da consensi di cui ci si vanta. In questo senso una famiglia fa scuola: luogo dove non si fa differenza di persona, dove conti per quello che sei, onorata l'ingualcibile dignità di ciascuno. Così dovrebbe essere, modello così per la famiglia umana. In questo orizzonte di una sacralità vorrei sostare sul gesto: "Portarono il bambino per presentarlo al Signore": lo affidi a braccia, quelle di Dio, che poi te lo restituiscono affidandolo alle tue braccia. E guardati dal pensare che, perché tu hai fatto un'offerta più o meno importante, diventi cosa tua, quasi tu l'avessi pagato. Sai che è sacro prenditene cura, senza possederlo: è affidato. Da braccia a braccia anche il rito, quello su cui sosta Luca, nel suo vangelo: il bambino dalle braccia di Maria a quelle di Simeone, poi da quelle di Simeone, di ritorno, a quelle di Maria. Luca racconta con particolari il rito non ufficiale, in un angolo del tempio. Il rito celebrato da un uomo che non è sacerdote. E subito, senza cesura di tempo, a evangelizzare è una donna, purtroppo nascosta dal taglio operato nel racconto, la profetessa Anna, ottantaquattro anni.

"Sopraggiunta in quel momento" è scritto "si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme". Di Simeone, che la tradizione immagina come colmo di anni, si dice solo - ed è cosa preziosa - che lo Spirito era su di lui, che si recò al tempio "mosso dallo Spirito". Ed è bellissimo: per celebrare i veri riti di Dio, i riti della vita, non occorrono deleghe, conta essere mossi. Non fermi, mossi, mossi dal vento dello Spirito che ti fa riconoscere lembi del mistero che abita l'altro e te lo fa onorare. Onorare è il verbo che oggi faceva richiamo, come sottofondo, nella pagine del Siracide e nella lettera ai Colossesi, Il Siracide sembra dire che è un verbo senza frontiere e se ti appartiene, ce ne hai per tutti, nella famiglia e fuori: onori il padre, la madre, i figli, il povero, il malato, il morto. Onorare. E lasciatemi ancora dire che mi sembra prezioso questo sguardo al piccolo: Simeone e Anna onorano e annunciano il futuro. I semi non vanno soffocati, vanno incoraggiati. Onorare i piccoli.

Vorrei chudere con loro, con la loro voce, con le parole che i ragazzi di una scuola elementare di Milano, via san Mamete, hanno scritto sulle alzate dei gradini della loro scuola, colorando le vocali con tutti i colori della terra: "Prendiamo tanti semini di pace, piantiamoli in giro dove ci piace, a casa a scuola ai giardini, ovunque ci siano bambini, che cresceranno e saranno adulti, e della pace coglieranno i frutti, alcuni semi diventeranno fiori, con cento profumi e mille colori, per non ripetere dei grandi errori e perché non si vivano nuovi errori".

I semi crescono, al tepore della terra.

 

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