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TESTO Agnelli sacrificali e capri espiatori

don Alberto Brignoli  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (15/01/2023)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

“Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”: con questa frase, da sempre, abbiamo identificato il precursore del Messia, Giovanni Battista. E con questa frase, da sempre, lo vediamo raffigurato nell'iconografia: con la sua veste di pelle di cammello, una croce in mano e un agnello avvolti da un nastro che riporta, appunto, questa frase. Vari artisti (dal Perugino, a Grünewald, ai grandi pittori fiamminghi) rappresentano il Battista che indica Gesù come agnello di Dio addirittura sotto la croce: cosa ovviamente impossibile da un punto di vista cronologico, ma dalla fortissima valenza simbolica, perché è proprio sulla croce che Gesù porta a compimento questa missione di cui il Battista lo aveva incaricato.

E con questa espressione, Giovanni - non sappiamo bene se il Battista o l'Evangelista, ma fa lo stesso - mette insieme due elementi ereditati dall'Antico Testamento: da una parte, l'agnello sacrificale dell'Esodo, il cui sangue asperso sugli stipiti delle case degli Ebrei li salva dalla furia dell'angelo vendicatore che sterminerà i primogeniti degli Ebrei; dall'altra, il richiamo al capro espiatorio dello Yom Kippur, il giorno della Purificazione istituito nel libro del Levitico, durante il quale il popolo “gettava” letteralmente i proprio peccati (sociali e individuali) addosso a questo capro che veniva poi portato a morire di stenti nel deserto, e con lui simbolicamente tutti i peccati che gli erano stati addossati. Da qui, per allegoria, si definisce “capro espiatorio” una persona che diventa il colpevole pubblico di un errore che non ha commesso, perché non ci sono prove che lo dimostrino, e anche se si dichiara innocente non viene creduto, forse per comodità o forse per ignoranza: per cui, questa persona, paga per le colpe altrui.

Nella nostra mentalità corrente, tanto l'agnello sacrificale quanto il capro espiatorio, letti in chiave allegorica, hanno certamente perso molta della loro valenza simbolica nel senso di figure che sacrificano la propria vita, la propria personalità, la propria dignità e credibilità per salvare altre persone, tirandole fuori da situazioni compromettenti. Anzi: oggi, sacrificarsi per gli altri o pagare per tutti al fine di salvare almeno qualcuno non è certamente visto come un atto eroico o degno di onore, bensì come segno di una personalità debole, materasso sociale di fantozziana memoria, e chi ne è protagonista viene bollato come lo “sfortunato”, lo “sventurato”, lo “iellato”. In ambito giovanile e adolescenziale, sappiamo bene come e quanto oggi il bullismo sia divenuto un fenomeno sociale endemico, sintomo di un disagio che colpisce in maniera indiscriminata sia il bullo che la vittima, perché non consente loro di vivere relazioni interpersonali serene e paritarie. Per cui, diviene pressoché impossibile parlare alle giovani generazioni dell'agnello sacrificale e del capro espiatorio che Gesù incarna nella propria esistenza come un modello da seguire e da imitare: verrebbe visto come lo “sfortunato” di turno (un altro termine molto poco ortodosso renderebbe meglio le cose...) da bersagliare per sfogare su di lui le proprie frustrazioni.

Certo, su Gesù “agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” è possibilissimo gettare le nostre frustrazioni: ma lui non è lo “sfortunato” di turno, e nemmeno una vittima di bullismo, pur identificandosi, spesso, con queste persone colpite ingiustamente e violentemente da una società malata.

Innanzitutto, Gesù è agnello sacrificale e capro espiatorio in maniera totalmente differente rispetto all'Antico Testamento, perché non viene scelto a caso o preso di mira per qualche difetto particolare: la sua è un'offerta di sé volontaria, consapevole, fatta con la certezza che quella che lui svolge non è una figura o una comparsa da teatro, bensì una missione. E attraverso questa missione, Gesù vuole farci comprendere una cosa fondamentale e possibile anche a ognuno di noi: trasformare il mondo è possibile, anche a partire dal male, e anche da quello ricevuto. Noi vediamo troppo spesso il male ricevuto o subito come qualcosa di negativo, di malvagio, qualcosa che ci annienta e ci distrugge, e forse è anche abbastanza naturale e ovvio vederlo così. Ma c'è un altro elemento che dobbiamo imparare a considerare: ed è che da queste situazioni di male subito e ricevuto possiamo davvero essere in grado di produrre il bene. Senza la necessità di prendere il Messia come modello da seguire, perché umanamente parlando questo ci è impossibile, possiamo però essere capaci di individuare - e ce ne sono - modelli da seguire e da imitare in persone che da situazioni di male hanno saputo reagire ricavando il bene, per la loro e per l'altrui vita.

Pensiamo, storicamente, a quegli agnelli sacrificali e capri espiatori che sono state le persone che hanno subito gli effetti devastanti della Shoah durante la Seconda guerra mondiale e, sopravvissuti, sono diventati testimoni di vita e di pace in un mondo in cui l'odio razziale non solo non si è sopito, ma ha ripreso addirittura vigore;

pensiamo a quegli agnelli sacrificali e capri espiatori incarcerati per anni per aver difeso idee che parlavano di libertà e di uguaglianza per tutti, e che la storia ha poi liberato facendo di loro capi di stato e di governo paladini della difesa dei diritti umani;

pensiamo a quegli agnelli sacrificali e capri espiatori (uomini e donne, giovani e adulti) che oggi continuano a essere picchiati, torturati, violentati e uccisi per il solo motivo di averci messo la faccia protestando contro regimi che negano i più normali ed elementari diritti di pacifica convivenza tra i popoli, e ai quali - stiamone certi - la storia presto o tardi darà ragione e significato al loro sacrificio.

Forse, nella stragrande maggioranza di queste situazioni sacrificali, l'ispirazione cristiana c'entra poco o nulla: lo diceva pure un cantautore e poeta ritenuto “maledetto” - quindi poco cristiano - che “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.

Ma di certo, su tutto questo male subito e su questo fango riversato sugli ultimi, la vicenda di morte e resurrezione di Gesù, agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, getta una luce unica e inequivocabile.

E soprattutto, è una bella iniezione di ottimismo e di entusiasmo per questo anno, da poco iniziato e da un futuro dalle tinte plumbee e più incerto che mai.

 

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