TESTO La benedizione di Dio e l'opera degli uomini per la pace
don Roberto Rossi Parrocchia Regina Pacis
Maria Santissima Madre di Dio (01/01/2023)
Vangelo: Lc 2,16-21
In quel tempo, [i pastori] 16andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
“Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti dia pace”. E' la festa di Maria Ss, Madre di Dio, la festa di questa ragazza, la più bella, la piena di grazia, che ha dato tutta se stessa perché venisse nel mondo il Figlio di Dio, il Salvatore, il principe della pace. Viviamo la Giornata mondiale della Pace, quest'anno con una preghiera e una volontà ancora più necessarie e più forti. Possiamo riprendere dal messaggio di papa Francesco: La parola di Dio ci esorta a restare saldi, con i piedi e il cuore ben piantati sulla terra, capaci di uno sguardo attento sulla realtà e sulle vicende della storia. Perciò, anche se gli eventi della nostra esistenza appaiono tragici e ci sentiamo spinti nel tunnel oscuro e difficile dell'ingiustizia e della sofferenza, siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio che si fa presente, ci accompagna con tenerezza, ci sostiene nella fatica e, soprattutto, orienta il nostro cammino. Quante situazioni difficili ha creato il Covid, a livello familiare, sanitario, psicologico, relazione, lavorativo...! E' ora di prendere un tempo per interrogarci, imparare, crescere e lasciarci trasformare. Come singoli e come comunità. Cosa abbiamo imparato? Come lasciare certe vecchie abitudini? Quali segni di vita e di speranza per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?
Abbiamo sperimentato tutta la nostra fragilità, abbiamo acquisito la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, anche se il più fragile, è la fratellanza umana, fondata sul fatto che siamo tutti figli di Dio. E' urgente promuovere insieme i valori universali che tracciano il cammino di questa fraternità universale. Ci sono anche tutte le scoperte positive a livello umano e scientifico. Da queste esperienze ne viene l'invito a rimettere al centro la parola insieme: è nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Insieme: noi cristiani siamo “stampati” insieme. Una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull'umanità, un altro flagello: una guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli. La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti. Questa guerra, insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l'umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte. Il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l'organismo umano, perché esso non proviene dall'esterno, ma dall'interno del cuore umano, corrotto dal peccato (cfr Vangelo di Marco 7,17-23). Cosa ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall'emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, siamo un “noi”aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l'ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune. Siamo chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione. Dobbiamo cercare garanzia della salute pubblica per tutti; promuovere azioni di pace per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà; prenderci cura in maniera concertata della nostra casa comune e combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grande difficoltà. Lo scandalo dei popoli affamati ci ferisce. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l'accoglienza e l'integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati nelle nostre società. Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all'amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace.
Abbiamo tanti testimoni di amore, veri costruttori di pace con la vita. Tra questi una suora della Consolata, Sr. Marzia, andata in paradiso qualche mese fa. “Non ringrazierò mai abbastanza il Signore per il grande dono della vocazione e della missione. Ho trascorso 52 anni di Africa: 40 in Somalia e 12 in Djibouti. La mia missione è sempre stata con i musulmani. La mia vita l'ho donata al Signore e in LUI ho cercato di amare i fratelli e sorelle che ha messo sul mio cammino. Pur nella mia fragilità ho cercato sempre di amare tutti, piccoli e grandi, sentire tutti come fratelli, aiutandoli nelle loro necessità, cercando sempre il loro bene per renderli migliori. Noi missionarie ci troviamo spesso a contatto con molte lingue e tante volte ci sentiamo come balbuzienti, ma il linguaggio dell'AMORE tutti lo capiscono, piccoli e grandi, anche i disabili, perché quando la persona si sente amata rinasce e si trasforma. L'esperienza più forte l'ho fatta in Somalia durante i 16 anni di guerra vissuti con la gente in una povertà estrema: anni di insicurezza e di rischi, con tutti gli orrori di una guerra che sembrava non aver più fine. Questa situazione di violenza e di rischio ha creato in noi l'esigenza di una forte comunione. Lo stare insieme con la gente ci dava sicurezza perché tutte ci sentivamo deboli allo stesso modo e tra di noi tutte le barriere erano cadute, le differenze scomparse perché nessuna aveva qualcosa da difendere, nessuno si sentiva migliore dell'altro ma tutti bisognosi della misericordia di DIO, abbandonati alla sua volontà, e nelle mani di Dio tutte ci sentivamo bene. Quando dalle varie ambasciate ricevevamo l'ordine di evacuare a causa dei forti combattimenti e del forte rischio, la gente soffriva e ci diceva: “Non lasciateci soli”. E la conferma ci è venuta nei giorni in cui sono stata rapita dai guerriglieri: sono stata tre giorni e due notti in mano a loro, sola in mezzo a 10 uomini armati e con due fucili sempre spianati verso di me. La mia salvezza sono state le donne musulmane che hanno sfilato per la città gridando:” noi vogliamo la nostra suora”. Chi ha mosso tutte quelle donne musulmane per far liberare una suora cristiana? Questa è stata una vera Pentecoste.
La nostra comunità era l'unica presenza religiosa stabile nel Paese, perché la guerra ormai aveva distrutto tutto e annientato ogni simbolo religioso, la cattedrale data alle fiamme, le due grandi torri fatte saltare con un carico di tritolo, il nostro vescovo Mons. Salvatore Colombo era stato ucciso, cosi pure Padre Pietro Turati, la Dott.ssa Graziella Fumagalli, come anche, non lontano, Anna Lena Tonelli. La guerra ha sempre le sue tristi conseguenze di dolore e di morte. Durante una guerra nessuno si sente sicuro, la gente diceva che le bombe non hanno occhi e nessuno poteva sapere dove sarebbero cadute e tante volte famiglie intere ne venivano colpite. Alla sera non si sapeva se arrivavamo al mattino e al mattino non si sapeva se arrivavamo alla sera. Ogni mattino ricominciavamo il lavoro con un amore nuovo offrendo la nostra vita a Dio per il bene della nostra gente, sempre abbandonate in LUI solo e alla sua santa volontà. Così ha subito il martirio una di noi, sr. Leonella, ora beata. Mantenere viva questa nostra piccola presenza di Chiesa era il nostro principale impegno; tenere un tabernacolo con Gesù Eucaristia in un mondo totalmente musulmano ci dava sempre nuova energia e nuova speranza. La nostra Mamma Consolata ci è sempre stata vicina e ci ha difeso da tanti pericoli”.Noi oggi invochiamo la Vergine Santa come consolatrice e portatrice di pace.