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TESTO Il miracolo nelle fasce e nella mangiatoia

don Angelo Casati  

Natale del Signore - messa nella notte (25/12/2022)

Vangelo: Gv 1,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

Per chi suona la campana? Me lo sono chiesto, all'accorrere del suono delle campane. Un suono a lungo negato dal rumore della mia città, dove anche la vita frenetica fa rumore, sottofondo impenitente. Finalmente nella notte e all'alba a vincere erano loro, le campane. Libere. Mi sembravano libere. Per chi suoni le campane, Andrea? Me lo sono chiesto oggi, perché la nostra chiesa è rimaste tra le poche in città ad avere le funi e per farle sgolare, le campane, di gioia o di dolore o di attesa - oggi di gioia - devi metterci le braccia. E che bello - mi sono detto - che ad indurle allo scampanio non ci sia un orologio programmato, ma le braccia.

E a muovere le braccia una intenzione, un pensiero, un sentimento, una passione. E mi è sembrato di leggere la parabola del nostro Natale. Dei nostri natali che spesso suonano come per impulso di un orologio programmato: lo scatto a dicembre, o anche prima, e si dà inizio al rito della parola "natale" scritta dappertutto, ad ogni passo, una pubblicità ma sazia, senza pensiero, se non quello, troppo spesso, di un guadagno arraffa tutto. Perdonatemi, un pensiero triste come di chi è in vista di un soffocamento. E che a soffocare non sia proprio il Natale, per parola troppo abusata? Alcuni amici, tempo fa, mi raccontavano del loro stupore quando in uno dei loro viaggi, arrivati in Giappone, scoprirono che pure là si ricordava il natale; ma poi la loro sorpresa quando, alla domanda se si festeggiasse la nascita di Gesù, gli interpellati, stralunando gli occhi, chiesero: "E chi è Gesù?".

Ecco perché penso che sia una grazia che a convocarci qui questa mattina non sia stato un clic programmato, ma una campana di campanile e forse, ancor più, un rintocco o uno sgolare di campane nel cuore. E qui abbiamo sostato, e ancora sostiamo, al racconto antico. Il racconto va accolto nella sua nudità e nella sua interezza. Parla di giorni bui, di una stagione buia. A dire il buio sono nomi e nomi di cosiddetti reggitori di popoli, evocati nelle parole di inizio racconto, ombre di sopraffazioni politiche e religiose, un popolo che cammina nelle tenebre. Accade quando è soffocata la libertà dello spirito. Ebbene il Natale si accende, come un umile e incantato falò dei pastori, nel buio. Se cancelliamo il ricordo del buio e della povertà, lo esiliamo dalla storia e non ci rimane che un bambinello, oggetto di vezzeggiamenti, ma senza storia.

Penso alle immagini dei bambino Gesù fuori dai presepi, o su mangiatoie che sono troni: sembrano mute, vanno ricucite al nudo racconto. ll racconto vive di queste parole: "Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio. C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro greggi". E fu visita di pastori su invito di angeli. Il cielo era ritornato buio. Mi ha sempre colpito questa assenza di parole nel racconto della nascita: le ultime quelle degli angeli, poi solo gli occhi. Un parlarsi con gli occhi o - se volete - dagli occhi. Gli angeli era come se avessero detto: "Fate attenzione al segno" e loro, i pastori, mangiatoia e fasce se le erano come incollate agli occhi.

Ecco ora mangiatoia e fasce stavano loro davanti. Qui sostiamo anche noi, con stupore. Questo il segno da contemplare, da ricordare, da decifrare. Sarebbe sconsacrazione mettere la nascita in altro che non sia fasce e mangiatoia. Le fasce - lasciatemi fantasticare - avevano fatto un lungo viaggio: spesso le cose piccole, che ti fasciano e scaldano, vengono da lunghi viaggi, sono segni di mani che hanno tessuto da lontano, le fasce della notte forse dal telaio di Maria. E la mangiatoia? Un pensiero geniale di Giuseppe, trasformare in culla un trogolo che odorava di muso di animali. Non sappiamo se di asino e bue, ce li abbiamo messi noi. Ma ci stanno bene, sono in sintonia con fasce e mangiatoia per dire dove si abbandona Dio, dove ci tocca e noi lo tocchiamo. Fasce e mangiatoia.

Non togliete il bambino dalle fasce e dalla mangiatoia; non toglietelo per riporlo in uno scatolone e riprenderlo l'anno dopo. Lui ha scelto il segno, non derubatelo. Bello darne notizia, bello scampanare per la sua nascita, bello scampanare per fasce e mangiatoia. Quando nel racconto della nascita riappaiono parole, le prime sono quelle dei pastori che dicono di fasce e mangiatoia. E' scritto: "E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro".. Vorrei ora fare silenzio. Ho troppo parlato, forse per timore che la nascita di Gesù sia defraudata del suo germoglio, defraudata della notizia buona. Faccio silenzio e vi lascio alle parole che un amico mi ha regalato in questi giorni.

Sono parole di un teologo e pastore luterano, Dietrich Bonhoeffer, impiccato il 9 aprile 1945, dai nazisti nel carcere di Flossenberg, aveva 39 anni. Ecco le sue parole in un suo sermone di Avvento: "Cristo nella mangiatoia [...]. Dio non si vergogna della bassezza dell'uomo, vi entra dentro [...]. Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l'insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono "perduto", lì egli dice "salvato"; dove gli uomini dicono "no", lì egli dice "sì". Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente incomparabile. Dove gli uomini dicono "spregevole", lì Dio esclama "beato". Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima, lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia".

Il miracolo nelle fasce e nella mangiatoia.

 

 

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